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Sospensione condizionale pena e tenuità del fatto

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, stabilendo due principi chiave. In primo luogo, non si possono introdurre motivi nuovi in Cassazione. In secondo luogo, un precedente provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto può legittimamente essere considerato ostativo alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena in un successivo procedimento.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sospensione Condizionale Pena: Un Precedente per Tenuità del Fatto può Negarla?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4243/2025, torna a pronunciarsi su un tema delicato che intreccia i presupposti processuali del ricorso e i requisiti sostanziali per la concessione della sospensione condizionale pena. La decisione offre importanti chiarimenti su come un precedente provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto possa influenzare negativamente la prognosi di futura buona condotta del reo, fino a precludergli l’accesso al beneficio. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati dagli Ermellini.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza di condanna della Corte d’Appello. Il ricorso si fondava su due motivi principali. Con il primo, si contestava la motivazione della sentenza in merito all’affermazione di responsabilità, proponendo anche una diversa qualificazione giuridica dei fatti. Con il secondo motivo, invece, si lamentava la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale pena, negato dai giudici di merito.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, esaminando separatamente i due motivi e rigettandoli entrambi sulla base di argomentazioni distinte ma ugualmente nette.

L’inammissibilità del primo motivo: i limiti del ricorso in Cassazione

Il primo motivo, relativo alla responsabilità penale, è stato giudicato inammissibile per due ragioni. In primo luogo, la Corte ha rilevato che le censure proposte, inclusa la richiesta di una diversa qualificazione giuridica, non erano state sollevate come motivo d’appello nel precedente grado di giudizio. L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale, infatti, sanziona con l’inammissibilità i motivi non dedotti in appello. In secondo luogo, le argomentazioni presentate tendevano a una rivalutazione dei fatti, un’operazione preclusa in sede di legittimità, dove il giudizio della Cassazione è limitato alla corretta applicazione della legge.

Il diniego della sospensione condizionale pena e il precedente per tenuità del fatto

Di particolare interesse è la valutazione sul secondo motivo. La Corte ha ritenuto la doglianza manifestamente infondata. I giudici di legittimità hanno avallato la decisione della Corte d’Appello, che aveva negato il beneficio basandosi su una valutazione complessiva della personalità dell’imputata. L’elemento cruciale, valorizzato dalla Cassazione, è stato un precedente provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto (ex art. 131-bis c.p.) a carico della ricorrente. Richiamando un recente orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 26527/2024), la Corte ha affermato che tale archiviazione, pur non essendo una condanna, costituisce un “precedente giudiziario” che il giudice può legittimamente considerare come ostativo al riconoscimento del beneficio. Questo perché incide sulla prognosi favorevole circa il futuro comportamento del reo, presupposto indispensabile per la concessione della sospensione.

Le Motivazioni

La ratio della decisione risiede nella duplice funzione, processuale e sostanziale, del giudizio di Cassazione. Sotto il profilo processuale, viene ribadito il principio di devoluzione: il giudizio di legittimità non può essere un’occasione per sollevare questioni nuove, che dovevano essere sottoposte al giudice d’appello. Ciò garantisce l’ordine e la gradualità dei giudizi. Sotto il profilo sostanziale, la motivazione chiarisce la natura della valutazione per la concessione della sospensione condizionale pena. Non si tratta di un diritto automatico, ma di una valutazione discrezionale del giudice basata su una prognosi futura. In quest’ottica, qualsiasi precedente giudiziario, inclusa un’archiviazione per tenuità, diventa un elemento rilevante per ricostruire la personalità dell’imputato e prevedere la sua futura condotta. L’archiviazione ex art. 131-bis c.p., infatti, presuppone comunque l’accertamento di un fatto di reato, seppur minimo, e può quindi essere interpretato come un segnale di una non piena affidabilità del soggetto.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due importanti principi. In primo luogo, riafferma la rigidità dei requisiti di ammissibilità del ricorso per Cassazione, sanzionando la tardiva proposizione di censure. In secondo luogo, e con maggiore impatto pratico, stabilisce che anche un’archiviazione per particolare tenuità del fatto può avere conseguenze negative in futuri procedimenti. Essa entra a far parte del “curriculum” giudiziario della persona e può essere legittimamente usata da un giudice per negare il beneficio della sospensione condizionale pena, rendendo più difficile l’accesso a misure alternative alla detenzione per chi, pur non essendo stato condannato, ha già commesso un illecito penale.

È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un motivo di ricorso non precedentemente dedotto in appello è inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.

Un’archiviazione per “particolare tenuità del fatto” può impedire la concessione della sospensione condizionale della pena in un altro processo?
Sì, la Corte ha confermato che un provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, costituendo un precedente giudiziario, può essere ritenuto un elemento ostativo al riconoscimento del beneficio, in quanto incide negativamente sulla prognosi di futura buona condotta del reo.

Qual è stato l’esito finale del ricorso analizzato?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile e la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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