Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27596 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27596 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SANTA MARIA A VICO il 20/03/1962
avverso la sentenza del 10/10/2024 della Corte d’appello di Napoli Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Udito il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che si è riportata alla requisitoria già depositata concludendo per il rigetto del ricorso; Udito il difensore, avv. NOME COGNOME il quale ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, del 15 luglio 2016, che aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, commesso in qualità di amministratore unico e liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita con sentenza del luglio del 2012, condannandolo alla pena di anni due di reclusione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti rispetto alla contestata recidiva.
La Corte di appello, in particolare, ha rilevato che, ai fini del giudizio prognostico per la concessione della sospensione condizionale della pena, può essere anche fatto riferimento a condanne in ordine a reati successivamente
depenalizzati, ritenendo, pertanto, irrilevante l’intervenuta revoca di precedente condanna subita dal medesimo imputato per effetto di sopravvenuta depenalizzazione del reato.
L’imputato, per il tramite del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
2.1. Con primo motivo denuncia vizio di motivazione, sotto il profilo della mancanza e manifesta illogicità della stessa, in relazione all’art. 216 Legge fall. relativamente alla sussistenza all’elemento oggettivo dal delitto di bancarotta fraudolenta. Richiamata la natura di reato di pericolo concreto nella fattispecie contestata, rileva la mancanza di un giudizio di prognosi postuma al fine di accertare la messa in pericolo delle ragioni dei creditori, essendo stata la fattispecie ricostruita solo parzialmente, come se si trattasse di un reato di pericolo astratto.
2.2. Con secondo motivo denuncia vizio di motivazione per manifesta illogicità in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del delitto di bancarotta fraudolenta. Si duole, in particolare, della mancata valutazione dell’avvenuta immissione di importanti somme di denaro nella società, da parte dell’imputato, al fine di evitarne il dissesto, trattandosi di atto del tutto incompatibile con la consapevolezza e volontà di mettere a repentaglio le ragioni dei creditori.
2.3. Con un terzo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 164 cod. pen., sotto il profilo della erronea applicazione della legge penale e della manifesta illogicità della motivazione quanto al diniego della sospensione condizionale della pena. Rileva, in particolare, che la Corte di appello si sarebbe limitata a ritenere irrilevante l’intervenuta revoca della condanna, precedentemente inflitta al ricorrente per il delitto di cui all’art. 2, comma 1- bis, del d.l. n. 463/83, convertito dalla L.n. 638/83, senza tuttavia indicare altri elementi ostativi alla sospensione condizionale della pena. La motivazione sarebbe illogica in quanto, una volta venuto meno il presupposto di una precedente condanna a pena detentiva per delitto, Avrebbe dovuto essere ritenuta l’assenza di cause ostative al riconoscimento dell’invocato beneficio.
Il Sostituto Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Il difensore dell’imputato ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono manifestamente infondati ad eccezione del terzo il cui accoglimento comporta l’annullamento della sentenza limitatamente alla sospensione condizionale della pena.
1.11 primo motivo, con cui si deduce l’insussistenza della fattispecie incriminata per mancanza dell’elemento oggettivo, è manifestamente infondato.
Come noto, da tempo l’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità è attestato sul duplice principio che il mancato rinvenimento all’atto della dichiarazione di fallimento di beni o valori societari costituisce valida presunzione della loro dolosa distrazione, a condizione che sia accertata, come nel caso in esame la previa disponibilità, da parte dell’imputato, in qualità di amministratore di diritto della società fallita, di detti beni o attività nella loro esatta dimensione e al di fuor di qualsivoglia presunzione (Sez. 5, n. 19049 del 19/02/2010, Rv. 247251; Sez. 5, n. 35882 del 17/06/2010, Rv. 248425; Sez. 5, n. 42382 del 24/09/2004, Rv. 231011; Sez. 5, n. 45044 del 24/10/2022, Rv. 283812).
In particolare, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite ( Sez.U.n. 37932/2017, Rv. 270763, COGNOME), gli atti distrattivi, pur se risalenti nel tempo, rilevano, anche in una prospettiva del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale come reato di pericolo concreto, allorquando “pur cronologicamente lontana dalla sentenza dichiarativa di fallimento, la sottrazione di ricchezza si ripercosse nel tempo direttamente sull’impoverimento dell’asse patrimoniale, con diretto danno per la massa dei creditori “(Sez 5 n. 523/07 del 22.11.06, Rv. 235694), ovvero quando la diminuzione della consistenza patrimoniale determina uno squilibrio tra passività ed attività, risultando l’atto depauperativo idoneo a creare un vulnus all’integrità della garanzia dei creditori.
La bancarotta fraudolenta patrimoniale è, invero, reato di pericolo e non richiede – nell’azione del fallito – la dimostrazione di un danno reale ai creditori che può eventualmente integrare, ove sussistente in termini di rilevante gravità, l’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all’art. 219, comma 1, Legge fall. Al contrario, non sono punibili solo quelle operazioni distrattive o dissipative che, anche per l’entità minima o irrisoria, non sono tali da comportare una alterazione sensibile della funzione di garanzia del patrimonio (Sez 5 n. 35093 del 4.06.2014, Rv. 261446).
Nella fattispecie in esame la consistenza della condotta- riferita a 52 beni non rivenuti dal curatore fallimentare, pur indicati nel registro beni ammortizzabili, e dal valore non irrisorio né tenue- in aggiunta al dato della mancanza di giustificazioni plausibili da parte dell’imputato, è stato considerato elemento idoneo a fare ritenere integrata la fattispecie di reato e la motivazione resa sul punto appare logica e priva di contraddizioni, risultando, al contrario, meramente
assertive le deduzioni difensive, riproposte con il ricorso, sull’avvenuta rottamazione dei beni, in quanto sfornite di ogni minimo elemento probatorio idoneo a suffragarle, oltre che inverosimili in considerazione del numero delle stesse apparecchiature non rinvenute e dell’uso durevole al quale le stesse erano destinate ( pag.7 della sentenza impugata).
2.È manifestamente infondato il secondo motivo con cui si deduce l’illogicità della motivazione in relazione all’elemento psicologico del delitto.
La sentenza impugnata ha fatto buon governo dell’insegnamento di questa Corte secondo cui l’elemento soggettivo del reato è integrato dal dolo generico, per il quale è sufficiente che la condotta di colui che pone in essere l’attività distrattiva sia assistita dalla consapevolezza che le operazioni che si compiono sul patrimonio sociale siano idonee a cagionare un danno ai creditori, senza che sia necessaria l’intenzione di causarlo ovvero che l’agente abbia consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa (Sez. 5, n. 21846 del 13/02/2014, Rv. 260407; Sez. 5, n. 51715 del 05/11/2014, Rv. 261739). Dolo che, peraltro, nel caso in esame, non ha formato oggetto di doglianze dotate della necessaria specificità, né nei motivi di appello, né nei motivi di ricorso.
Sotto tale profilo, appare immune da censure la motivazione della sentenza impugnata che ha valorizzato il dato del mancato rinvenimento di un gran numero di beni ( anche a fronte della documentata vendita di altri beni ammortizzabili, comprovata da fattura) configurandolo come “indice di fraudolenza”, ritenendo al tempo stesso non dirimente la circostanza, riproposta anche in questa sede in termini peraltro generici, relativa alla immissione di somme da parte dell’imputato nelle casse sociali. D’altra parte, la prospettazione difensiva secondo cui tale ultima circostanza sarebbe incompatibile con la consapevolezza di mettere in pericolo le ragioni dei creditori si scontra con la considerazione della mancanza di univocità di tale condotta essendo suscettibile di essere interpretata in un’ottica diversa in quanto collegabile ad un obiettivo di successivo contenimento del rischio fallimentare, una volta acquisita la consapevolezza dello stato di decozione dell’impresa.
3.È, invece, fondato il terzo motivo. Emerge dalla sentenza impugnata che il ricorrente era stato precedentemente condannato per il delitto di omesso versamento di contributi previdenziali, per un importo, tuttavia, inferiore a diecimila euro. È, altresì, stato dimostrato attraverso allegazione difensiva, che per tale fatto – non più previsto dalla legge come reato, essendo i contributi omessi inferiori alla soglia di punibilità stabilita dall’art. 2, comma 1-bis, I. n. 638 del 1983,
come introdotta dal d.lgs. n. 8 del 2016 – è intervenuto provvedimento di revoca della sentenza di condanna ai sensi dell’art. 8 comma 2 del d.lgs. n. 8 del 2016. Rispetto alla questione sollecitata dalla difesa- sulla ostatività di precedente condanna per reato successivamente depenalizzato ai fini della concedibilità del beneficio della sospensione condizionale- deve darsi atto della insussistenza di un orientamento unico nella giurisprudenza di questa Corte. Secondo un primo insegnamento le precedenti condanne relative a fatti non più costituenti reato per abolitio criminis non sono preclusive della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena (Sez. 3, N. 8803 del 15/01/2020, 04/03/2020, Rv. 278268 – 01; Sez. 6, n. 16363 del 05/02/2008, COGNOME, Rv. 239555; Sez. 5, n. 18 del 27/11/2007, dep. 2008, COGNOME e altro, Rv. 238876; Sez. 5, n. 15018 del 05/03/2004, COGNOME, Rv. 228474) in quanto «l’aboliti° criminis fa cessare l’esecuzione e gli effetti penali della condanna, tra i quali deve annoverarsi l’attitudine della medesima a costituire precedente ostativo alla reiterazione della sospensione condizionale della pena» (Sez. 1, n. 22277 del 02/07/2020, Rv. 279438 – 01; Sez. 5, n. 28714 del 04/07/2005, Rv. 231867). Secondo altro minoritario insegnamento, ai fini del giudizio circa la concedibilità o meno della sospensione condizionale della pena, la presenza di precedenti condanne per reati poi depenalizzati può legittimamente essere valutata dal giudice come elemento ostativo alla presunzione che il colpevole si asterrà, per il futuro, da commettere ulteriori reati. (Sez. 5, n. 34682 del 11/02/2005, Rv. 232312 – 01 nella quale la Corte ha ritenuto legittimo il diniego del beneficio deciso dal giudice di merito sulla base della valutazione di precedenti condanne dell’imputato per emissione di assegni senza copertura, significative ai fini del giudizio prognostico). Sotto altra, ma analoga, prospettiva è stato affermato, con specifico riferimento all’ipotesi di presenza di precedenti condanne per reati poi estinti ai sensi dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen., che, ai fini del giudizio circa la concedibilità o meno della sospensione condizionale della pena, la stessa presenza può legittimamente essere valutata dal giudice come elemento ostativo alla presunzione che il colpevole si asterrà, per il futuro, dal commettere ulteriori reati (Sez. 4, n. 41291 del 11/09/2019, Rv. 277355 – 01).
Nella fattispecie in esame, tuttavia, la condotta depenalizzata è stata posta, quale unico elemento, a perno della valutazione della Corte territoriale in mancanza della indicazione di altri dati suscettibili di assumere rilievo in una valutazione che deve rimanere proiettata sul futuro, anche eventualmente collegata alla tipologia e caratteristiche intrinseche della condotta in esame.
Al di là del riferimento alla condotta depenalizzata -non suscettibile in quanto tale di essere assunta quale unico ed esclusivo elemento portante del giudizio che il giudice deve effettuare ai fini della concessione del beneficio di cui all’art. 163
cod.pen.- la motivazione impugnata appare priva di qualsivoglia valutazione in ordine alla prognosi circa la ricaduta del delitto. La sentenza impugnata avrebbe
dovuto esplicitare in maniera più stringente le ragioni che l’hanno indotta a formulare, comunque, un giudizio prognostico negativo sulla personalità
dell’imputato tale da rendere concreto il pericolo di ricaduta nel delitto, così come richiesto dall’articolo 164 codice penale.
La valutazione della Corte di appello non appare, pertanto, esaustiva ove si consideri che, a norma dell’art. 164, comma 1, cod.pen, la sospensione
condizionale della pena è concessa se, avuto riguardo alle circostanze indicate nell’art. 133, il giudice presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori
reati, con conseguente formulazione di un giudizio prognostico che non può essere limitato alla verifica della mancanza delle condizioni ostative (l’entità della pena, i
precedenti penali dell’imputato ecc.) ma che, al contrario, esclude ogni automatismo, implicando l’esercizio di un potere discrezionale, così come
espressamente stabilito dall’art. 133 al quale l’art. 164 rinvia (Sez. 4, n. 41988
del 06/07/2017, Rv. 270932 – 01).
Si impone, pertanto, un annullamento con rinvio della sentenza impugnata sul punto con rinvio a diversa sezione della medesima Corte di appello, non potendo la Corte di cassazione operare una valutazione che coinvolga questioni di merito, anche con riferimento al giudizio prognostico di cui all’art. 164 cod. pen. (vedi Sez. 6, n. 22233 del 11/03/2021, F., Rv. 281519 – 01; Sez. 2, n. 17010 del 17/03/2022, COGNOME, Rv. 283114 – 01).
In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Vanno rigettati gli altri motivi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, rigetta nel resto il ricorso. Così è deciso, 04/06/2025