Sospensione Condizionale della Pena: Quando il Giudice può Ordinare la Demolizione
La sospensione condizionale della pena rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento, volto a favorire il reinserimento sociale del condannato evitando, in certi casi, l’esperienza del carcere. Tuttavia, questo beneficio non è automatico e può essere subordinato a specifiche condizioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, chiarendo i limiti della discrezionalità del giudice nel legare la sospensione all’eliminazione delle conseguenze del reato, come la demolizione di un’opera abusiva.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione
Quattro persone venivano condannate in primo e secondo grado per una contravvenzione edilizia. La pena inflitta era di due mesi di arresto e 8.000 euro di ammenda ciascuno. I giudici di merito concedevano agli imputati il beneficio della sospensione condizionale della pena, ma lo subordinavano a una condizione precisa: la rimozione delle opere che erano state realizzate abusivamente.
Ritenendo questa condizione un’errata applicazione della legge e un vizio di motivazione, gli imputati proponevano ricorso per cassazione. La loro tesi era che il beneficio dovesse essere concesso senza alcun obbligo ulteriore, in particolare senza l’onere di demolire quanto costruito.
L’Oggetto della Controversia: La Condizionalità della Sospensione
Il nucleo della questione legale ruotava attorno alla possibilità per il giudice di imporre obblighi specifici, come la demolizione, quale presupposto per la concessione della sospensione della pena. I ricorrenti sostenevano che tale condizione fosse illegittima, ma la Corte di Cassazione ha fornito un’interpretazione differente, basata sulla ratio stessa dell’istituto.
La Decisione della Corte: Inammissibilità e la Sospensione Condizionale della Pena
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la validità della decisione dei giudici di merito. La Cassazione ha chiarito che la valutazione sulla concessione della sospensione condizionale della pena rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice.
Questo potere non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la decisione non risulti manifestamente irragionevole o arbitraria. Nel caso specifico, i giudici non hanno riscontrato alcuna irragionevolezza.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte ha spiegato che subordinare la sospensione della pena all’eliminazione delle conseguenze materiali del reato (in questo caso, la demolizione dell’immobile abusivo) è una scelta che rientra perfettamente nella logica dell’istituto. Tale condizione, infatti, serve a verificare concretamente il ravvedimento del reo. Dimostrando di aver compreso la riprovevolezza della propria condotta attraverso un’azione riparatoria, il condannato fornisce al giudice un elemento fondamentale per formulare una prognosi favorevole circa il suo futuro comportamento e il rischio di recidivanza.
In altre parole, il giudice può legittimamente ritenere che solo attraverso la rimozione dell’abuso l’imputato possa dimostrare di aver interiorizzato il disvalore del suo gesto, meritando così il beneficio della sospensione. La decisione, pertanto, non è stata arbitraria ma fondata su una valutazione logica e finalistica.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: la sospensione condizionale della pena non è un diritto automatico del condannato, ma un beneficio la cui concessione è rimessa alla valutazione ponderata del giudice. Quest’ultimo ha il potere, e in un certo senso il dovere, di utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per assicurarsi che la sospensione raggiunga il suo scopo rieducativo.
L’imposizione di condizioni, come la demolizione o il risarcimento del danno, diventa così un metro di giudizio per saggiare la reale volontà del condannato di emendarsi. La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna dei ricorrenti non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro ciascuno alla Cassa delle ammende, a sottolineare le conseguenze negative di un’impugnazione proposta senza validi presupposti legali.
La sospensione condizionale della pena può essere subordinata a una condizione come la demolizione di un’opera abusiva?
Sì. Secondo la Corte, il giudice del merito ha un ampio potere discrezionale nel subordinare la sospensione a condizioni come l’eliminazione delle conseguenze del reato, al fine di valutare il ravvedimento del condannato e formulare una prognosi positiva sulla sua non recidivanza.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la decisione di condizionare la sospensione della pena è una valutazione di merito ampiamente discrezionale, che può essere contestata in Cassazione solo se manifestamente irragionevole o arbitraria, vizio che la Corte non ha riscontrato nel caso di specie.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, la cui entità è fissata equitativamente dalla Corte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2284 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2284 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/09/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a MONSTAR( BOSNIA-ERZEGOVINA) il 20/05/1974 NOME COGNOME nato a MONSTAR( BOSNIA-ERZEGOVINA) il 01/05/1973 COGNOME nato a MONCALIERI il 22/05/1994
NOME COGNOME nato a TORINO il 19/01/1990
avverso la sentenza del 12/03/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza depositata il 15 marzo 2024 la Corte d’appello di Torino confermava la precedente sentenza iterra=t:~=22 con cui il Tribunale di Torino aveva condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME riconosciute in loro favore le attenuanti generiche, alla pena di mesi 2 di arresto ed euri 8.000,00 di ammenda ciascuno avendoli ritenuti colpevoli della contravvenzione loro ascritta al capo A) della rubrica contestata;
che analoga condanna era stata inflitta e confermata in sede di gravame a carico di NOME COGNOME e di NOME COGNOME in relazione al capo Al) della rubrica;
che avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i prevenuti articolando un unico motivo di impugnazione di seguito sintetizzato;
che i ricorrenti eccepivano il vizio di motivazione e l’erronea applicazione della legge con riferimento alla statuizione relativa al riconoscimento in loro favore della sospensione condizionale della pena solo sotto la condizione dell’avvenuta rimozione delle opere abusivamente da quelli realizzate.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, la valutazione operata dai giudice del merito in ordine alla possibilità di disporre la sospensione condizionale della pena inflitta solo subordinatamente all’avvenuta eliminazione delle opere da questi abusivamente realizzate, corrisponde alla valutazione, di contenuto ampiamente discrezionale e pertanto suscettibile di essere sindacata solo in caso di sua manifesta irragionevolezza o arbitrarietà, di ritenere i prevenuti indenni dalla prognosi di recidivanza nel reato solo a condizione che questi, dimostrando la comprensione della riprovevolezza della condotta dagli stessi tenuta, ne abbiano eliminato le conseguenze materiali;
che i ricorsi debbono perciò essere dichiarata . , inammissibili e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in € 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2024