Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26266 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26266 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, nato il DATA_NASCITA in Marocco avverso la sentenza del 02/10/2023 della Corte d’appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
NOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Venezia confermava la condanna in primo grado dell’imputato per i reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 cod. pen.) (capo a) e lesioni aggravate (artt. 582, 585, 576, commi 1 e 5-bis, cod. pen.) (capo b).
Avverso la sentenza ha presentato ricorso NOME COGNOME, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, deducendo i seguenti tre motivi.
2.1. Illogicità della motivazione quanto alla mancata assoluzione per i reati di cui ai due capi di imputazione.
La Corte di appello ha riconosciuto che la finalità perseguita dall’imputato era rientrare nel dormitorio, ma ha aggiunto che l’NOME ne era stato in precedenza allontanato e che, quando intervenne il personale di polizia, l’imputato realizzò un comportamento gravemente offensivo, reagendo violentemente, in quanto, oltre a spingere e a far cadere dalle scale un operatore, cercò di impossessarsi della pistola nella fondina.
Tale motivazione sarebbe manifestamente illogica perché in contrasto con le risultanze probatorie.
Durante l’interrogatorio l’imputato aveva infatti affermato che i «vigili» intervenuti presso il dormitorio l’avevano informato che non poteva più trovare ricovero nella struttura e che, al suo rifiuto di allontanarsi, lo avevan immobilizzato e ammanettato.
Dalla ricostruzione fornita dall’imputato, dunque, non sarebbe emersa alcuna volontà di opporsi con violenza al compimento di atti dell’ufficio – individuato nell’accompagnamento presso il Comando di polizia per l’identificazione – ma soltanto la preoccupazione di non poter usufruire del consueto rifugio in cui trascorrere la notte.
La circostanza sarebbe stata inoltre confermata dal verbale di sommarie informazioni rese dal custode dell’asilo notturno, anch’esse trascurate dalla Corte d’appello. In particolare, il teste aveva riferito che all’arrivo degli agenti, l’Ess scese dal piano superiore dove si trovava la stanza che aveva occupato per sei mesi e si presentò agli stessi fornendo la propria versione dei fatti: riferendo, cioè, di non essere stato previamente avvisato che avrebbe dovuto lasciare lo stabile. Il teste aveva aggiunto che l’imputato si era aggrappato al corrimano e che, raggiunto dagli operanti, si era divincolato, ponendo dunque in essere un gesto istintivo e non connotato da intenzioni violente.
Il ricorrente, che aveva già provveduto a farsi identificare dalla polizia locale presentando il documento di identità, avrebbe dunque posto in essere comportamenti meramente passivi, al più istintivi, non finalizzati alla fuga, ma piuttosto giustificati dalla concitazione del momento.
2.2. Manifesta illogicità della motivazione quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza sulla recidiva.
La Corte di appello ha negato la possibilità di riconoscere le circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulla contestata recidiva qualificata in ragione della commissione di più delitti, a fronte dell’unico elemento positivamente
valutabile, rappresentato dal disagio sociale dell’imputato ma non dall’età, posto che l’COGNOME all’epoca dei fatti era già trentenne.
Tuttavia, i comportamenti del ricorrente erano tutti maturati nel medesimo contesto e per questo veniva ritenuto sussistente un unico disegno criminoso.
Sarebbe stata, inoltre, sottovalutata la condizione economica in cui il ricorrente si trovava, il suo forte stato di disagio sociale e lo stress derivanti dall’impossibilità di trovare una nuova sistemazione in tempi brevi, oltretutto durante il periodo più rigido della stagione invernale.
2.3. Omessa motivazione quanto alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
I Giudici di secondo grado non hanno risposto ai rilievi difensivi con cui si evidenziava come, nel caso di specie, fossero rinvenibili i requisiti oggettivi e soggettivi che avrebbero dovuto imporre il riconoscimento del beneficio.
Le singolari circostanze che hanno condotto l’imputato – cittadino straniero esattamente identificato e munito di valido titolo di soggiorno, che svolgeva regolare attività lavorativa – al compimento dei fatti avrebbero dovuto condurre ad una prognosi negativa di ricaduta nel reato. Anche il precedente penale specifico evidenziava una capacità a delinquere minima.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e successive modificazioni, in mancanza di richiesta, nei termini ivi previsti, di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
La sentenza di primo grado – che con quella impugnata’ trattandosi di c.d. doppia conforme, forma un unico corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218) – precisa quanto segue.
Il custode dell’asilo notturno aveva richiesto l’intervento della polizia segnalando che un individuo si era introdotto nella struttura danneggiando il portone di ingresso.
Agli operatori sopraggiunti sul posto era riferito che l’imputato, il quale fino a poco prima aveva alloggiato presso la struttura, non aveva più il diritto di accedervi, essendo scaduti i termini di ospitalità, e – circostanza dirimente – di tale circostanza era già stato informato dal Comune.
Ciò nonostante, l’COGNOME aveva forzato la porta d’ingresso danneggiando la maniglia e poi aveva forzato una seconda porta, spingendo via custode facendolo cadere a terra per farsi strada.
Gli agenti a quel punto chiamavano in rinforzo una seconda pattuglia.
Nell’attesa, l’imputato si presentava dinanzi a loro fornendo il documento d’identità e spiegando le sue ragioni.
Invitato più volte a seguirli per una compiuta identificazione, egli si rifiutav e tentava di sottrarsi al fermo; si divincolava poi si aggrappava alla gamba di un operatore facendogli perdere l’equilibrio e facendolo cadere sulle scale, continuando a dimenarsi e cercando di impossessarsi dell’arma di ordinanza in dotazione dell’assistente; in tali frangenti, cagionava inoltre lesioni ad altri du pubblici ufficiali.
Tutto ciò premesso sulla ricostruzione del fatto, in disparte la considerazione che il movente per cui ha agito il ricorrente comunque non rileverebbe ai fini della configurazione del dolo dei delitti di resistenza e di lesione, il motivo di ricor sollecita un apprezzamento ben diverso del compendio probatorio già valutato dai Giudici di merito con motivazione completa e non illogica la quale, pertanto, si sottrae al sindacato di questa Corte.
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Sebbene sinteticamente, i Giudici dell’appello hanno dato conto delle ragioni per cui non hanno ritenuto l’equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche, pure riconosciute, e la recidiva.
In particolare, premesso come la pena base fosse stata fissata dal Giudice di primo grado in misura prossima al minimo, valutano in senso negativo la personalità dell’imputato, a causa dei precedenti penali e della gravità della condotta tenuta, con particolare riferimento agli eventi prodotti a carico di uno degli operanti. Per cui, al netto dell’uso errato del plurale – come si dirà subito d seguito, l’imputato ha un solo precedente -, la valutazione sulla personalità della condotta e sulla gravità della condotta integra un giudizio di fatto riservato – nei limiti della completezza e non manifesta illogicità/contraddittorietà – ai soli giudic di merito.
3. Fondato è, invece, il terzo motivo di ricorso.
Per un verso, sebbene nella sintesi dei motivi di appello che fa la sentenza impugnata non risulti la deduzione sulla mancata concessione della sospensione condizionale – di talché anche la motivazione della sentenza impugnata tace completamente sul punto -, tale profilo era stato specificatamente devoluto.
Per altro verso, sebbene ad altro proposito, la sentenza parli – come già riferito – di «precedenti», la precedente condanna a carico dell’imputato è una sola e per essa è stata irrogata una pena che, cumulata con quella inflitta nel procedimento di cui si tratta, non supera il limite di cui all’art. 164 cod. pen., ch avrebbe precluso la concessione del beneficio (destituendo di interesse l’impugnazione sul punto).
Per tale ragione, si impone l’annullamento della sentenza. Implicando la valutazione sulla concessione della sospensione condizionale della pena spazi di discrezionalità, l’annullamento va disposto con rinvio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con riferimento alla sospensione condizionale della pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia. Rigetta sul resto.
Così deciso, il 05/06/2024