Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46626 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46626 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nata ad Ascoli Piceno il 29.7.1968
avverso l’ordinanza della Corte d’Appello de L’Aquila del 14.4.2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 14.4.2023, depositata in data 1.3.2024, la Corte d’Appello de L’Aquila ha provveduto, in funzione di giudice dell’esecuzione, su una istanza, presentata nell’interesse di COGNOME NOME, di applicazione della disciplina della continuazione ai reati giudicati con i seguenti provvedimenti: 1) decreto penale di condanna del g.i.p. del Tribunale di Teramo del 2/9/2016 per il reato di cui agli artt. 646, 61 n. 11 cod. pen., commesso in Martinsicuro il 18.2.2015; 2) sentenza della Corte di Appello de L’Aquila del 27/6/2018 di
condanna alla pena di mesi due di reclusione ed euro 200 di multa per il reato di cui agli artt. 646, 61 n. 11 cod. pen., commesso in Martinsicuro dal gennaio 2012 al dicembre 2013; 3) sentenza della Corte di Appello de L’Aquila del 24/1/2022 di condanna alla pena di mesi due di reclusione ed euro 200 di multa per il reato di cui agli artt. 646, 61 n. 11 cod. pen., commesso in Martinsicuro dal 7/2/2015 al 2/5/2015; 4) sentenza del Tribunale di Teramo del 5/10/2020 di condanna alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 200 di multa per il reato di cui agli artt. 646, 61 n. 11 cod. pen. commesso in epoca anteriore e prossima al 31/12/2014.
La Corte d’Appello ha accolto l’istanza, individuando il reato più grave in quello di cui alla sentenza n. 4) e rideterminando la pena in mesi sei di reclusione ed euro 400 di multa, con l’applicazione alla pena base dell’aumento di mesi uno di reclusione ed euro 50 di multa ciascuno per i reati di cui alla sentenza n. 2) e n. 3) nonché di euro 100 di multa per il reato di cui alla sentenza n. 1).
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di COGNOME NOMECOGNOME articolandolo in un unico motivo, con cui deduce la mancanza della motivazione in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
In particolare, il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello ha implicitamente revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso con le sentenze di cui ai numeri 1), 2) e 3) e non ha motivato sulla mancata concessione della sospensione della pena – nel dispositivo del provvedimento, infatti, nessun riferimento a tale beneficio è riportato – come determinata a seguito dell’applicazione della continuazione.
Tuttavia, l’art. 671, comma 3, cod. proc. pen. prevede che il giudice dell’esecuzione possa concedere la sospensione condizionale della pena e la non menzione quando ciò consegua al riconoscimento della continuazione.
Evidenzia che la sospensione già concessa non sia revocabile automaticamente e che spetti al giudice dell’esecuzione valutare se il beneficio possa essere esteso o debba essere revocato; peraltro, la sospensione condizionale può essere concessa anche quando essa non sia stata riconosciuta con alcune delle sentenze relative ai reati unificati sotto il vincolo della continuazione, in quanto la pluralità di condanne è assimilabile una condanna unica.
Con requisitoria scritta del 17.5.2024, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, in quanto, una volta ritenuta dal giudice dell’esecuzione l’unicità del disegno criminoso tra due fatti oggetto di sentenze diverse e applicata la disciplina del cumulo giuridico, la
sospensione condizionale già disposta per uno dei due fatti non è automaticamente revocata, ma è compito del giudice stesso valutare se il beneficio già concesso possa estendersi oppure debba essere revocato. La Corte d’Appello, invece, non ha assolto tale compito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è da considerarsi fondato per i motivi di seguito esposti.
Dall’esame del certificato del casellario giudiziale, risulta che, in sede di cognizione, alla ricorrente era stato concesso il beneficio della sospensione condizionale delle pene irrogate con il decreto penale di condanna sub 1), con la sentenza sub 2) e con la sentenza sub 4).
Ora, l’art. 671, comma 3, cod. proc. pen. prevede che il giudice dell’esecuzione può concedere la sospensione condizionale della pena “quando ciò consegue al riconoscimento del concorso formale o della continuazione”.
La giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che la sospensione condizionale della pena può essere concessa dal giudice dell’esecuzione, anche se essa non sia stata riconosciuta con alcuna delle pronunce di condanna relative ai reati da unificare nel vincolo della continuazione, atteso che, per la concezione unitaria del reato, la pluralità di condanne, ai fini del trattamento sanzionatorio, è assimilabile ad una condanna unica (Sez. 1, n. 17871 del 25/1/2017, Rv. 269844 – 01; Sez. 1, n. 23628 del 17/12/2013, dep. 2014, Rv. 262331 – 01).
Il potere del giudice dell’esecuzione di concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena e, dunque, di derogare al principio di intangibilità del giudicato, trova un limite, oltre che in quanto stabilito dal comma 2 dell’art. 671 cod. proc. pen. (a norma del quale la pena complessiva non può eccedere la somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o decreto di condanna), anche nel fatto che il beneficio non sia stato espressamente negato da parte del giudice della cognizione: in questo caso, non è consentito, in sede di esecuzione, estendere il beneficio ai fatti precedentemente valutati anche sotto tale aspetto. (Sez. 1, n. 46146 del 12/4/2018, Rv. 273986 – 01).
Applicando tali principi al caso di specie, deve osservarsi, in primo luogo, che la pena complessiva è stata determinata dal giudice dell’esecuzione in misura non superiore alla somma di quella inflitte con le quattro sentenze irrevocabili e, comunque, in misura ampiamente contenuta entro i limiti previsti dagli artt. 163 e ss. cod. pen.
In secondo luogo, la sospensione condizionale della pena, non solo non era stata espressamente negata dal giudice della cognizione, ma era stata concessa in tre delle quattro pronunce di condanna a carico della Fioravanti, che poi sono state unificate sotto il vincolo della continuazione in sede esecutiva.
Di conseguenza, avrebbe dovuto trovare applicazione il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui, una volta ritenuta dal giudice dell’esecuzione l’unicità del disegno criminoso tra due fatti oggetto di due diverse sentenze e applicata agli stessi la disciplina del reato continuato, la sospensione condizionale della pena già disposta per uno dei due fatti non è automaticamente revocata, essendo compito del giudice valutare se il beneficio già concesso possa estendersi alla pena complessivamente determinata ovvero se esso debba essere revocato perché venuti meno i presupposti di legge (Sez. 1, n. 3137 del 7/7/2021, dep. 2022, Rv. 282493 – 01; Sez. 1, n. 9756 del 22/11/2016, dep. 2017, Rv. 269419 – 01).
Invece, l’ordinanza impugnata manca di qualsivoglia valutazione in ordine alla sorte della sospensione condizionale della pena concessa nella fase della cognizione.
Peraltro, nel caso di specie la pena come rideterminata a seguito della avvenuta unificazione dei reati non ha superato i limiti previsti dall’art. 163 cod. pen. e, dunque, non sono astrattamente venuti meno i presupposti di legge per la concessione della sospensione condizionale della pena unitariamente stabilita in sede di esecuzione.
Di conseguenza, la revoca dei benefici già concessi avrebbe richiesto, a maggior ragione, una motivazione in ordine al fatto che, nel merito, il colpevole non ne apparisse più meritevole, anche per evitare la singolare conseguenza che l’applicazione di un istituto in astratto più favorevole al condannato (anche perché legato ad un giudizio di minore riprovevolezza complessiva dell’agente) si traducesse immotivatamente, di fatto, in un trattamento per lui potenzialmente deteriore.
L’ordinanza impugnata, pertanto, manca della motivazione in ordine alla sospensione condizionale della pena, nel senso che non risulta se quella già concessa in sede di cognizione debba intendersi revocata ovvero se il beneficio possa estendersi alla pena complessivamente determinata dal giudice dell’esecuzione a seguito dell’applicazione della disciplina della continuazione.
Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza, con rinvio alla Corte di Appello di L’Aquila per un nuovo giudizio, nel quale, alla luce dei principi sopra richiamati, sia valutato se alla pena rideterminata ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. si applichi o meno il beneficio della sospensione condizionale.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’Appello di L’Aquila.
Così deciso il 20.9.2024