Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6017 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6017 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/05/2023 della di APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano – in data 26 maggio 2023 – confermava la responsabilità di NOME COGNOME per l’utilizzo indebito di carta di credito revolving intestata a NOME COGNOME; escludeva la recidiva ed infliggeva la pena di mesi otto, giorni venti di reclusione ed euro quattrocento di multa, senza concedere i benefici della sospensione condizionale e della non menzione della pena nel casellario giudiziale
Avverso tale sentenza GLYPH proponeva ricorso per cassazione il difensore, che deduceva:
2.1. violazione di legge e vizio di motivazione: si deduceva il travisamento della prova in quanto la Corte di appello aveva affermato che la persona offesa, NOME COGNOME, “non” era presente ad una operazione ovvero quella effettuata il 12 ottobre 2019, come risultava dalle dichiarazioni dei colleghi (che il ricorrente allegava);
2.2. violazione di legge e vizio di motivazione: non sarebbe stato considerato quanto affermato dalla ricorrente circa il controllo sugli scontrini e dunque sulle transazio effettuate mediante carta di credito; dichiarazione che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, non risulterebbe smentita da alcun elemento;
2.3. violazione di legge (art 163 e ss. cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine all mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, che era stato denegato sulla base di precedenti risalenti a circa venti anni prima; si deduceva, altresì, che sarebbe illegittima la mancata concessione del beneficio della non menzione, giustificata con motivazione sommaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 primi due motivi non superano la soglia di ammissibilità.
1.1.11 ricorrente deduce due travisamenti della prova: (a) il primo relativo alla mancata considerazione delle dichiarazioni dei dipendenti in ordine alla effettiva presenza di NOME COGNOME nell’esercizio dove venivano effettuati i prelievi illeciti, (b) ed il secon sul fatto che la persona offesa non fosse presente quando veniva effettuato il prelievo illecito del 12 ottobre 2019
Sul punto il collegio rileva che le due sentenze di merito ritengono conformemente accertata la presenza dì COGNOME NOME nei luoghi e negli orari in cui venivano registrati i prelievi illeciti. Il giudice di primo grado lo affermava con certezza facendo anch riferimento a quanto dichiarato dai testimoni (pag. 4 della sentenza di primo grado). L’atto d’appello effettuava una contestazione “generica” di tale emergenza, deducendo sia che «il fatto che la COGNOME fosse sempre presente in negozio in considerazione della sua qualifica non deve stupire e non può costituire un indizio», sia che la tabella dei turn rappresentava una programmazione astratta che, in concreto, poteva patire delle variazioni. Pertanto il “travisamento” nei termini denunciati, ovvero mancata corrispondenza di quanto ritenuto dai giudici di merito con quanto riferito dai testimoni è
stato tardivamente proposto solo con il ricorso per Cassazione e si prospetta, perciò, inammissibile.
Sul punto il collegio ribadisce che la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma terzo, e 609, comma secondo, cod. proc. pen. – secondo cui non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di quelle ch sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello – trova la sua ratio nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso, non investito dal controllo della Corte di appello, perché non segnalato con i motivi di gravame (tra le altre: Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012, dep. 2013, COGNOME Rv. 256631). A ciò si aggiunge che non sono deducibili per la prima volta davanti alla Corte di cassazione le questioni giuridiche che presuppongono un’indagine di merito (Sez. 5, n. 11099 del 29/01/2015; COGNOME, Rv. 263271).
1.2. Nel dedurre il secondo travisamento, relativo alla presenza della COGNOME il 12 ottobre 2019, il ricorrente non tiene invece conto di quanto emerso dalla sentenza di primo grado (confermato dalla sentenza impugnata) secondo cui quel giorno NOME COGNOME iniziava a lavorare alle 11 e 30, come da programmazione, sicché il prelievo effettuato alla 9 e 45 non poteva sicuramente essere effettuato da lei che a quell’ora non era presente (pag. 3 della sentenza di primo grado e pag. 5 della sentenza impugnata).
2.11 secondo motivo di ricorso che deduce la carenza di motivazione in ordine la mancata concessione della sospensione condizionale non supera la soglia di ammissibilità.
2.1. Il ricorrente deduce l’illegittimità del diniego fondato su precedenti “estinti quanto giudicati con “patteggiannenti” che avevano concesso la sospensione condizionale della pena.
Sul punto il collegio osserva che l’estinzione del reato è una conseguenza sia della applicazione della pena concordata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., che della sospensione condizionale della pena.
Con riguardo al patteggiamento l’art. 445, comma 2, cod. proc. pen. prescrive che, se nel termine di cinque anni (quando la sentenza concerne un delitto), ovvero di due anni (quando la sentenza concerne una contravvenzione) l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole, allora il reato si estingue (sempre che sia stata erogata una pena detentiva non superiore a due anni, soli o congiunti a pena pecuniaria). La norma prescrive che si estingue anche “ogni effetto penale”. Ma che tuttavia – ed è quello che rileva nel caso di specie – la sentenza di applicazione della pena per il reato estinto non è di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale “solo se” con la stessa è stata applicata una sanzione pecuniaria o una pena sostitutiva, dunque non quando è stata applicata una pena detentiva.
Pertanto la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che l’estinzione di un re il quale era stata applicata la “reclusione” di un anno, mesi undici e giorni t reclusione fosse ostativa alla nuova concessione della sospensione condizionale.
2.2. La sentenza si configura parimenti legittima se l’estinzione viene ricondot sospensione condizionale della pena.
Sul punto si riafferma che l’estinzione del reato a seguito della sospen condizionale della pena non comporta l’estinzione degli effetti penali della condanna, d da quelli espressamente previsti, con la conseguenza che di questa deve tenersi cont sensi dell’art. 165, comma secondo, cod. pen., anche ai fini della necessità di subo l’ulteriore concessione del beneficio all’adempimento di uno degli obblighi previsti d 165, comma primo, cod. pen. (Sez. 1, n. 47647 del 18/04/2019, Mkarrem, Rv. 277457; Sez. 5, n. 3553 del 26/11/2013, dep. 2014, Valenza, Rv. 258668 – 01).
2.3. Infine, il collegio ritiene che anche la motivazione relativa al dinie concessione del beneficio della non menzione non si presti a censure. Invero il ric che la sentenza effettua alle modalità del fatto ed alla personalità del soggetto deve considerarsi “nutrito” dalle precedenti esaustive valutazioni in ordine alla della condotta, compiuta su luogo di lavoro, il che, secondo la legittima valutazion Corte di merito, ostava alla concessione del beneficio della non menzione della cond nel casellario spedito a richiesta dei privati.
2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 6 proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonc versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determin equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 9 gennaio 2024.