Sospensione Condizionale della Pena: Quando la Prognosi Futura è Decisiva
L’istituto della sospensione condizionale della pena rappresenta un importante strumento di politica criminale, volto a favorire il reinserimento sociale del condannato ed evitare gli effetti desocializzanti del carcere per reati di minore gravità. Tuttavia, la sua concessione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i criteri che guidano la decisione del giudice, sottolineando il peso determinante della prognosi sulla futura condotta del reo.
I Fatti del Caso
Un individuo, condannato in primo e secondo grado per il reato di tentato furto in abitazione, ha presentato ricorso per Cassazione. La difesa ha sollevato due principali motivi di doglianza: in primo luogo, ha contestato la qualificazione giuridica del fatto, sostenendo che dovesse essere inquadrato come semplice danneggiamento, con conseguente assoluzione. In secondo luogo, ha lamentato la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
L’imputato, secondo le sentenze di merito, era stato sorpreso mentre tentava di depredare alcuni appartamenti all’interno di un condominio, circostanza che lui stesso aveva ammesso.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la sentenza della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno ritenuto le argomentazioni della difesa palesemente infondate. Sul primo punto, hanno osservato che i rilievi difensivi si limitavano a una rilettura dei fatti, cercando di accreditare una versione alternativa rispetto a quella logicamente e puntualmente ricostruita dai giudici di merito.
È sul secondo punto, tuttavia, che l’ordinanza offre spunti di particolare interesse, delineando i confini applicativi del beneficio in questione.
Le motivazioni sulla sospensione condizionale della pena
Il cuore della decisione risiede nella valutazione della mancata concessione della sospensione condizionale della pena. La Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse adeguata, logica e pienamente conforme alla normativa vigente (art. 164 c.p.).
I giudici di merito avevano negato il beneficio sulla base di una prognosi negativa circa la futura astensione dell’imputato dalla commissione di ulteriori reati. Questa valutazione non era astratta, ma fondata su due elementi concreti e decisivi:
1. Le modalità del fatto: L’azione era stata pianificata e diretta a colpire l’inviolabilità del domicilio altrui.
2. Un precedente specifico: L’imputato era stato arrestato per un episodio del tutto analogo appena cinque giorni prima del fatto per cui si procedeva.
Questi elementi, letti congiuntamente, hanno convinto i giudici che vi fosse un concreto e attuale rischio di recidiva, tale da rendere inopportuna la concessione del beneficio. La sospensione, infatti, non è un diritto del condannato, ma una concessione subordinata a un giudizio prognostico favorevole.
La Valutazione del Giudice e i Parametri Normativi
La Corte ha ribadito che il giudice, nel decidere se concedere o negare il beneficio, deve basarsi sui criteri di politica criminale che governano l’istituto. Utilizzando i parametri indicati dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole), il giudice deve formulare una previsione. Se ritiene che il colpevole si asterrà dal commettere altri reati, il beneficio deve essere concesso. In caso contrario, deve essere negato.
L’ordinanza precisa, inoltre, che il giudice non è tenuto a esaminare analiticamente tutti i parametri elencati nell’art. 133 c.p., potendo fondare la sua decisione su quelli che ritiene prevalenti e decisivi nel caso specifico, come le modalità dell’azione e le condizioni di vita dell’imputato.
Conclusioni
Questa pronuncia della Cassazione riafferma un principio fondamentale: la sospensione condizionale della pena è uno strumento discrezionale che richiede una valutazione approfondita della personalità del reo e delle sue prospettive di vita. Non basta l’assenza di precedenti penali definitivi per ottenerla. Elementi come la vicinanza temporale tra due condotte criminali identiche possono costituire un valido e sufficiente motivo per formulare una prognosi negativa e, di conseguenza, negare un beneficio la cui finalità è quella di promuovere un percorso di ravvedimento che, in casi come questo, appare palesemente insussistente.
Quando può essere negata la sospensione condizionale della pena?
La sospensione condizionale della pena può essere negata quando il giudice formula una prognosi negativa sulla futura condotta del condannato, ritenendo probabile che commetterà altri reati. Tale prognosi deve basarsi su elementi concreti, come le modalità del reato commesso e la condotta di vita dell’imputato, incluso un arresto per un fatto analogo avvenuto pochi giorni prima.
Cosa valuta il giudice per concedere la sospensione condizionale della pena?
Il giudice valuta la possibilità di concedere il beneficio sulla base dei criteri di politica criminale e dei parametri indicati dall’art. 133 del codice penale. La valutazione cruciale è la prognosi futura: il giudice deve ritenere che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati e che la sospensione stessa possa agire come deterrente.
Un ricorso in Cassazione può basarsi solo su una diversa valutazione dei fatti?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che un ricorso non può essere accolto se si limita a proporre una diversa interpretazione delle prove e dei fatti già logicamente e adeguatamente analizzati dai giudici di merito. Il ricorso per Cassazione è un giudizio di legittimità, non un terzo grado di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45087 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45087 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 12/05/1992
avverso la sentenza del 09/01/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da NOME COGNOME ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di tentato furto in abitazione.
Rilevato che, a motivi di ricorso, la difesa lamenta: 1.Carenza di motivazione e contraddittorietà della sentenza in riferimento alla qualificazione del fatto da sussumersi sotto la fattispecie del danneggiamento con conseguente assoluzione dell’imputato perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato; 2. Mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Ritenuto che la sentenza impugnata è sorretta da conferente apparato argomentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa.
Considerato, quanto al primo motivo di ricorso, che i rilievi difensivi sono palesemente versati in fatto e tendenti ad avvalorare prospettazioni in contrasto con le risultanze probatorie, puntualmente e logicamente analizzate in sentenza (si veda quanto riportato a pag. 4 della motivazione, in cui si pone in evidenza, con argomentare scevro da vizi logici, come il comportamento dell’imputato fosse univocamente diretto a depredare gli appartamenti del condominio, circostanza peraltro confermata dal ricorrente stesso che ha ammesso l’addebito).
Considerato, quanto alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, che la Corte di Appello ha espresso adeguata motivazione sul punto, rappresentando che le modalità del fatto e l’arresto del prevenuto per un analogo episodio cinque giorni prima della realizzazione del delitto per cui si procede impongono una prognosi negativa in ordine alla futura astensione dalla commissione di ulteriori reati. Si tratta di motivazione esente da palese illogicità e conforme al dettato normativo (art.164, primo comma, cod. pen.) per cui il giudice deve concedere o negare il beneficio sulla base dei criteri di politica criminale che governano l’istituto, e cioè deve concederlo ogni volta che, sulla base dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ritenga che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati e che la stessa sospensione condizionale possa costituire per il condannato una controspinta al delitto. Posto che tra i parametri elencati dall’art.133 cod. pen. rientrano sia le modalità dell’azione che le condizioni di vita dell’imputato, non si può ritenere che la sentenza impugnata presenti alcun vizio di motivazione, non essendo il giudice tenuto a prendere in considerazione tutti i parametri indicati da tale norma dopo aver enunciato quelli ritenuti prevalenti (Sez. 3, n.6641 del 17/11/2009, dep.2010, Miranda, Rv. 246184; Sez. 3, n.9915 del 12/11/2009, dep.2010, Stimolo, Rv. 246250; Sez. 4, n.9540 del 13/07/1993, Scalia, Rv. 195225).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente