Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8136 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8136 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COGNOME il 12/02/1944
avverso la sentenza del 16/05/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 34906/24 -Udienza del 29 gennaio 2025 -Cons COGNOME
Considerato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello dell’Aquila, con la quale è stata confermata la sentenza di primo grado pronunciata dal Tribunale di Pescara di condanna per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva.
Premesso che della memoria dell’Avv. NOME COGNOME presentata telematicamente il 21 gennaio 2025 nell’interesse del ricorrente, non può tenersi conto in quanto non rispettosa del termine di cui all’art. 611 cod. proc. pen. e che, comunque, essa non contiene considerazioni idonee a sovvertire quelle di seguito sviluppate.
Ritenuto che il primo motivo di ricorso – che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità e che lamenta travisamento della prova – è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, let c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il propri sindacato.
Più precisamente, di fronte della motivazione della Corte d’appello, il ricorrente avrebbe dovuto effettuare una comparazione tra le due liste di beni (quelli pignorati e quelli distrat onde collegare gli uni agli altri, atteso che la mera trascrizione dell’elenco dei beni pigno non è esaustiva circa il dedotto travisamento. In tal senso risultava generico già l’atto appello, che parimenti non aveva offerto detta comparazione. Inoltre, la stessa elencazione trascritta nel ricorso lascia emergere che nel verbale di pignoramento mancano certamente dei beni presenti nella lista di quelli distratti, al di là delle possibili differenze descrittive.
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui si lamenta la mancata concessione della sospensione condizionale della pena – è manifestamente infondato perché la mancanza di una risposta della Corte di merito al relativo motivo di appello non conduce all’annullamento della sentenza, trattandosi di doglianza manifestamente infondata, rispetto alla quale il ricorrente è privo di interesse a dolersi di una lacuna motivazionale che, in caso d annullamento, non sortirebbe alcun esito positivo nel giudizio di rinvio (Sez. 3, n. 46588 de 03/10/2019, COGNOME, Rv. 277281; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, COGNOME, Rv. 276745; Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015, COGNOME e altri, Rv. 265878; Sez. 2, n. 10173 del 16/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263157). Più in dettaglio, il motivo di appello sulla sospensione condizionale della pena era manifestamente infondato perché il ricorrente ha già due pene sospese al suo attivo, anche se per reati per i quali è stata riconosciuta amnistia e per i qua ha ottenuto la riabilitazione; tuttavia ciò non esclude che essi siano ostativi alla t concessione del beneficio, giusto il principio per cui non può beneficiare della concessione della sospensione condizionale della pena colui verso il quale sia stata pronunciata sentenza di condanna con pena detentiva, valendo tale regola anche nel caso in cui si sia ottenuta
l’amnistia o la riabilitazione (Sez. 6, n. 3916 Ud. dep.2016 Rv. 265912 – 01; (Sez. 3, n. 1486 ud dep.1993 Rv. 194601 – 01); tra l’altro l’impossibilità di ottenere una reiterazione dell sospensione condizionale della pena si verifica tanto a fronte di un’amnistia propria quanto a fronte di una amnistia impropria, dal momento che quest’ultima fa venir meno le pene accessorie ma non anche gli effetti penali della condanna, tra cui proprio il divieto reiterazione del beneficio in questione (Sez. 3, Sentenza n. 50617 Ud.dep.2014 Rv. 261384 01).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 29 gennaio 2025
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