Sospensione Condizionale della Pena: Quando il Doppio Beneficio è Vietato
La sospensione condizionale della pena è uno strumento fondamentale del nostro ordinamento penale, volto a favorire il reinserimento sociale del condannato per reati di minore gravità. Tuttavia, la sua applicazione è soggetta a limiti rigorosi, come ribadito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame riguarda un ricorso presentato da un imputato contro la decisione della Corte d’Appello di negargli il beneficio, proprio a causa di precedenti condanne che lo rendevano inapplicabile.
I Fatti del Caso
Un imputato è stato condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Perugia. In quella sede, i giudici hanno negato la concessione della sospensione condizionale della pena, evidenziando che i precedenti penali dell’uomo costituivano un elemento ostativo. Nello specifico, l’imputato aveva già usufruito del medesimo beneficio in occasione di due precedenti condanne, divenute ormai definitive.
Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che le circostanze del caso non fossero state correttamente valutate. Tuttavia, la sua difesa non si è confrontata con l’argomento centrale della Corte d’Appello: l’impossibilità di concedere il beneficio per una seconda volta.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una chiara applicazione della normativa vigente e conferma la correttezza della pronuncia della Corte d’Appello. La conseguenza diretta dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: i Limiti Normativi alla Sospensione Condizionale
La Corte ha basato la sua decisione sul dettato dell’articolo 164 del codice penale. Questa norma stabilisce in modo inequivocabile che la sospensione condizionale della pena “non può essere concessa più di una volta”. Sebbene la legge preveda un’eccezione, ovvero la possibilità di concederla nuovamente se la pena da infliggere, cumulata con quella precedentemente sospesa, non superi determinati limiti, tale eccezione non era applicabile al caso di specie.
I giudici hanno sottolineato come, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, agli atti del processo fosse presente il certificato del casellario giudiziale. Da tale documento emergeva chiaramente che il Tribunale di Chieti, con due distinte sentenze del 2011, aveva già riconosciuto il beneficio all’imputato. Questi precedenti, essendo divenuti definitivi, precludevano una nuova concessione della misura.
Il ricorso è stato quindi giudicato inammissibile perché non si confrontava con la ragione fondamentale del diniego opposto dalla Corte d’Appello, ovvero l’ostacolo normativo derivante dalle precedenti condanne.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione
Questa pronuncia riafferma un principio cardine in materia di sospensione condizionale: si tratta di un beneficio concesso, di norma, una sola volta nella vita. L’obiettivo è dare al condannato una possibilità di riscatto, evitando il carcere per reati non gravi, ma non di creare una sorta di impunità ripetuta nel tempo. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: chi ha già usufruito di una pena sospesa deve essere consapevole che, in caso di una nuova condanna, le probabilità di ottenere nuovamente il beneficio sono estremamente ridotte, se non nulle. La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende, inoltre, funge da deterrente contro la presentazione di ricorsi palesemente infondati, che hanno il solo effetto di appesantire il sistema giudiziario.
È possibile ottenere la sospensione condizionale della pena più di una volta?
Di regola no. L’art. 164 del codice penale stabilisce che la sospensione condizionale non può essere concessa più di una volta. Esiste un’eccezione solo se la nuova pena, cumulata con la precedente, non supera i limiti di legge stabiliti dall’art. 163 c.p.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non affrontava adeguatamente la motivazione della Corte d’Appello, la quale aveva correttamente rilevato che l’imputato aveva già usufruito della sospensione condizionale in due precedenti condanne definitive, un fatto confermato dal certificato del casellario giudiziale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8423 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8423 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MACCHIA VALFORTORE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/02/2024 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Giova in diritto evidenziare che, ai sensi dell’art. 164 cod. pen., «la sospensione condizionale della pena non può essere concessa più di una volta. Tuttavia il giudice nell’infliggere una nuova condanna, può disporre la sospensione condizionale qualora la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente condanna anche per delitto, non superi i limiti stabiliti dall’articolo 163».
Nel caso di specie, nel ricorso non ci si confronta con la sentenza impugnata, nella parte ip cui la Corte di appello ha evidenziato che i precedenti penali di 1’4; 1 2 o NOME , 4 stituivano elementi ostativi al riconoscimento del beneficio richiesto, avendo già l’imputato usufruito della sospensione condizionale della pena in due precedenti condanne divenute definitive.
Infatti, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, agli atti risulta i certificato del casellario giudiziale, dal quale si evince che il Tribunale di Chiet con le sentenze del 31 marzo e del 7 luglio 2011 adottate in due differenti procedimenti, aveva già riconosciuto tale beneficio all’imputato.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2024