Sospensione Condizionale della Pena: La Mancata Richiesta Rende il Ricorso Inammissibile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia processuale: la chiarezza e la tempestività delle richieste difensive. Il caso in esame riguarda la sospensione condizionale della pena, un beneficio cruciale che può cambiare le sorti di un imputato. La Suprema Corte ha chiarito che, se la difesa omette di richiedere tale beneficio durante il processo di appello, non può lamentarne la mancata concessione in un successivo ricorso per cassazione.
Il Caso: Un Appello Basato su un Beneficio Mai Richiesto
La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte di Appello che, in parziale riforma di una decisione di primo grado e su accordo delle parti, aveva rideterminato la pena per un imputato in due anni di reclusione. Successivamente, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione per non aver ottenuto la sospensione condizionale della pena, prevista dall’articolo 163 del codice penale.
L’unico motivo di ricorso si concentrava proprio su questo punto, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel non applicare il beneficio. Tuttavia, l’analisi degli atti processuali da parte della Suprema Corte ha rivelato un dettaglio decisivo.
La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per Manifesta Infondatezza
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. La decisione si basa su una verifica documentale precisa: l’esame del verbale dell’udienza di appello. Da tale verbale è emerso in modo inequivocabile che l’accordo sull’applicazione della sospensione condizionale della pena riguardava esclusivamente un altro coimputato nel medesimo procedimento.
Per l’imputato che ha poi presentato ricorso, invece, il suo difensore non aveva mai formulato alcuna richiesta in tal senso. L’assenza di una formale istanza difensiva ha reso, di fatto, impossibile per la Corte d’Appello pronunciarsi sulla concessione del beneficio, e di conseguenza ha reso il successivo motivo di ricorso privo di qualsiasi fondamento.
le motivazioni
La motivazione della Suprema Corte è lineare e rigorosa. Il principio affermato è che un giudice non può essere accusato di aver omesso di decidere su una richiesta che non è mai stata presentata. L’accordo tra le parti in appello, previsto dall’art. 599-bis c.p.p., deve definire tutti gli aspetti della pena, compresi i benefici accessori come la sospensione condizionale. Nel caso di specie, il verbale d’udienza, che fa piena prova fino a querela di falso, attestava che la richiesta del beneficio era stata avanzata solo per un altro soggetto. Di conseguenza, non vi era alcuna violazione di legge né alcun vizio di motivazione nella sentenza impugnata, poiché la Corte d’Appello non era stata chiamata a pronunciarsi su una richiesta mai formulata per il ricorrente. Il ricorso, pertanto, non superava il vaglio di ammissibilità.
le conclusioni
Questa ordinanza sottolinea l’importanza cruciale della diligenza e della precisione dell’attività difensiva. Le richieste, specialmente quelle relative a benefici così importanti come la sospensione condizionale, devono essere formulate in modo esplicito e tempestivo e devono risultare chiaramente dal verbale d’udienza. Un’omissione procedurale di questo tipo non può essere sanata in sede di legittimità. Per l’imputato, la conseguenza non è solo la conferma della pena, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento sanziona i ricorsi palesemente infondati.
È possibile ottenere la sospensione condizionale della pena in Cassazione se non è stata richiesta in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il ricorso è inammissibile se la richiesta di sospensione non è stata formalmente avanzata dalla difesa durante il giudizio di appello.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché dagli atti processuali, e in particolare dal verbale d’udienza, è emerso chiaramente che il suo difensore non aveva mai formulato una richiesta per la concessione della sospensione condizionale della pena.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della decisione della Cassazione?
L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della manifesta infondatezza del suo ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31062 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31062 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
E c – lato avviso alle partA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Nola e su concorde richiesta delle parti, ha rideterminato la pena in anni 2 di reclusione a sensi ‘dell’art. 599-bis cod. proc. pen.
Rilevato che il motivo unico di ricorso – con cui il ricorrente denunzia violazione d legge penale e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in riferimento all mancata concessione della sospensione condizionale della pena ex art. 163 cod. pen. – è manifestamente infondato. Dagli atti processuali – in particolare dal verbale di udienza emerge chiaramente che l’accordo sull’applicazione della sospensione condizionale della pena riguardava esclusivamente il coimputato COGNOME NOME e che nessuna richiesta in tal senso era stata formulata dal difensore del prevenuto;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 1’8 luglio 2024.