Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 17907 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 17907 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
N.A. COGNOME nato a GLYPH omissis avverso l’ordinanza del 18/11/2024 del GIP TRIBUNALE di FIRENZE visti gli atti, il ricorso e il provvedimento impugnato; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dell’impugnazione;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 18 novembre 2024, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha, su conforme richiesta dal Pubblico ministero che ne aveva chiesto la revoca, dichiarato che N.A. non aveva eseguito la prestazione a cui era stata subordinata la sospensione condizionale – a lui concessa con la sentenza dello stesso Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze del 12 ottobre 2021, irrevocabile il 3 novembre 2021 – della pena di anni uno, mesi quattro di reclusione, contestualmente irrogata per aver dichiarato N.A. colpevole del reato atti persecutori e di violazione di domicilio in danno di RAGIONE_SOCIALE
La sospensione condizionale era stata subordinata alla partecipazione da parte dell’imputato a specifici corsi di recupero presso ente o associazione che si occupava di prevenzione, assistenza psicologica o recupero, individuato nel Centro di ascolto per uomini maltrattanti, per il periodo di mesi otto, decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza, con frequenza settimanale di un’ora e mezza, ovvero secondo le diverse modalità di frequenza stabilite dalla struttura.
Il giudice dell’esecuzione ha considerato che il comportamento richiesto al condannato per il perfezionamento della fattispecie alla quale era stato subordinato il definitivo conseguimento del beneficio non fosse stato positivamente integrato da N.A. e, di conseguenza, ha statuito che tale beneficio dovesse considerarsi inoperante.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di RAGIONE_SOCIALE chiedendone l’annullamento sulla scorta di un unico motivo con cui lamenta la violazione dell’art. 165 cod. pen., in relazione al disposto dell’art 25 Cost e dell’ad. 2 cod. pen.
Si è evidenziato da parte del ricorrente che: nei suoi confronti la sentenza che aveva concesso la sospensione condizionale della pena aveva subordinato la stessa all’adempimento degli obblighi introdotti all’art. 165, quinto comma, cod. pen. dall’art. 6, comma 1, della legge 19 luglio 2019, n. 69, entrata in vigore il 9 agosto 2019; il testo della norma, al momento dell’emissione della sentenza, stabiliva semplicemente che la sospensione condizionale della pena venisse obbligatoriamente subordinata alla partecipazione del condannato a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni dediti alla prevenzione, all’assistenza psicologica e al recupero di soggetti condannati per determinati reati, fra cui quello di cui all’art. 612-bis cod. pen.; la suddetta norma, dunque, era stata applicata nel testo previgente rispetto all’ulteriore modificazione intervenuta con la legge 24 novembre 2023, n. 168.
Posto ciò, la difesa sostiene che è stato il dato testuale successivamente introdotto da quest’ultima legge ad aver richiesto l’esito favorevole del percorso di recupero, come confermerebbe il disposto dell’ad. 18-bis disp. att. cod. pen., pure inserito dalla legge n. 168 del 2023: però, modifiche apportate all’istituto da quest’ultima legge, essendo successive all’emissione della sentenza che aveva concesso, nel caso in esame, la sospensione condizionale subordinata, non avrebbero dovuto applicarsi alla posizione di N.A.
La legge del 2023, secondo il ricorrente, ha radicalmente mutato il contesto normativo, giacché sono state fissate specifiche e più stringenti modalità applicative dell’istituto e l’art. 18-bis cit contribuito al nuovo assetto, così che risulta ora delineato il contorno delle competenze spettanti al giudice della cognizione e di quelle spettanti al giudice dell’esecuzione, il primo dovendo delineare tempi, oggetto, ente e necessità dell’esito favorevole del percorso, il secondo dovendo verificare l’effettiva partecipazione del condannato al percorso con le modalità previste, per il tramite dell’Uepe.
E, siccome la disciplina del 2023 è intervenuta su un istituto di diritto penale sostanziale, essa ha sottolineato la difesa – non avrebbe potuto ricevere applicazione retroattiva, stante il principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole scolpito dall’art. 25 Cost., funzionale a garantire l prevedibilità delle conseguenze a cui è esposto il destinatario della norma e a consentirgli di compiere, in ipotesi di instaurazione del procedimento penale a suo carico, le scelte difensive congruenti con lo scenario sanzionatorio dato.
Secondo il ricorrente, l’art. 165 cod. pen., nella versione introdotta dalla legge del 2023, se pure non rientra a rigore nel trattamento sanzionatorio delineato dall’art. 17 cod. pen., certo ha introdotto un requisito accessorio alla pena e concorre alla sua esecuzione imponendo oneri e prescrizioni di contenuto aftlittivo.
In tale quadro, la difesa segnala che, nel caso in esame, la dichiarazione di inadempimento formulata con il provvedimento impugnato non è stata fondata sulla mancata partecipazione, totale o parziale, al corso di recupero, in quanto N.A. aveva regolarmente presenziato agli incontri stabiliti, bensì sulle sole criticità emerse nella valutazione di merito finale del corso di recupero.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto dell’impugnazione, osservando che il comportamento serbato dal ricorrente e descritto nel provvedimento ha rappresentato, nella sostanza, la mancanza dell’effettiva partecipazione del ricorrente al programma, partecipazione che era sicuramente menzionata dall’art. 165 cod. pen. nel testo normativo introdotto dalla legge n. 69 del 2019, mentre la verifica di congruenza del risultato del programma con la funzione risocializzante propria dell’istituto è stata soltanto esplicitata più chiaramente dal recente intervento
normativo, fermo restando che essa doveva e deve ritenersi immanente all’istituto e alla funzione del giudice dell’esecuzione chiamato dall’art. 168 cod. pen. a verificare l’adempimento, al pari della modalità accertativa di cui al comma 2-bis dell’art. 18 disp. att. cod. pen., sicché è infondata la censura che ha adombrato l’applicazione retroattiva di una disposizione peggiorativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione non è fondata e va, pertanto, rigettata.
Specificando quanto esposto in parte narrativa, si rileva che il giudice dell’esecuzione ha preso atto della comunicazione inviata il 18.01.2023 dal Centro di ascolto uomini maltrattanti, in cui si era dato atto che la frequenza dei corsi da parte di N.A. pur formalmente verificatasi, era stata connotata dal suo atteggiamento distratto e non partecipativo, essendosi – il condannato – mostrato impermeabile a qualsiasi proposta di aggancio relazionale offertagli per intercettare il suo interesse, con la conseguenza che il percorso da lui effettuato non poteva ritenersi concluso con esito positivo.
2.1. Si è tenuto conto anche che, con la precedente comunicazione del 10.02.2022, il suddetto Centro aveva segnalato l’atteggiamento oppositivo palesato da N.A. e aveva reso noto che già nella precedente data del 31.01.2021 era stato deciso di interrompere il percorso del condannato, in quanto i suoi comportamenti non rispettavano le regole poste per il buon funzionamento e per la sicurezza del gruppo, trasgredendo più volte anche alla specifica regola di non utilizzare il telefono cellulare negli incontri in presenza, si connotavano per atteggiamenti aggressivi nei confronti dei conduttori e palesavano la carenza di interesse e motivazione nei riguardi del percorso a lui assegnato, così da non raggiungere i criteri minimi necessari per far parte del gruppo.
In questo quadro, si è analizzata la relazione finale del 18.12.2023 in cui i funzionari del Centro avevano segnalato che alla regolare conclusione da parte di N.A. dei 18 mesi proposti si era contrapposto il suo livello di attenzione e di partecipazione insufficiente in relazione all’impegno richiesto, essendosi il suo comportamento rivelato inadeguato rispetto alla necessità di ammettere le proprie inadempienze, avevano sottolineato le permanenti criticità della condotta tenuta dal condannato e avevano stigmatizzato il suo atteggiamento apertamente disinteressato, rabbioso e frustrante i tentativi tesi al suo coinvolgimento.
La complessiva disamina di questo esito ha condotto il giudice dell’esecuzione a ritenere conclusivamente che il condannato non avesse eseguito effettivamente la prestazione a cui era stata subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena, con la conseguente emissione del provvedimento impugnato.
2.2. A proposito della portata di questo prowedimento va preso atto che esso, al di là della questione nominalistica in cui si è addentrato il giudice dell’esecuzione, integra chiaramente la fattispecie di revoca di diritto della sospensione condizionale della pena prevista dall’art. 168, primo comma, n. 1, cod. pen. in dipendenza del mancato adempimento da parte del condannato degli obblighi a cui il beneficio era stato subordinato, ai sensi dell’art. 165 cod. pen.
La difesa del condannato ha imperniato l’impugnazione sull’argomento che N.A. , attenendosi a quanto era stato stabilito nella sentenza di condanna, ha seguito il percorso impostogli così adempiendo l’obbligo a cui era stata subordinata l’efficacia della concessa sospensione condizionale, senza che la valutazione a lui non favorevole del Centro che lo aveva preso in carico potesse rilevare, dal momento che erano state le modificazioni normative del 2023 a conferire valore all’esito del percorso di riabilitazione: tuttavia, tali modificazioni, dettate in peius rispetto all posizione di condannato, afferendo alla sfera sostanziale del trattamento sanzionatorio, non
avrebbero potuto applicarsi a una sentenza che, come quella in esame, era stata emessa in epoca antecedente.
Tale prospettazione non risulta persuasiva lì dove ritiene che la disciplina dettata nel 2023 abbia introdotto un requisito – l’esito positivo del percorso – non richiesto dalla normativa precedente.
3.1. In virtù dell’innovazione apportata dall’art. 6 della legge n. 69 del 2019, con riferimento ai condannati per determinati reati fra i quali quello ascritto al ricorrente, è stato stabilito, all’art. cod. pen., che la sospensione condizionale della pena è sempre subordinata alla partecipazione di specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero dei soggetti che hanno commesso i medesimi reati.
Prendendo in esame le modificazioni introdotte con l’art. 15 della legge n. 168 del 2023 intervenuta dopo il conseguimento del giudicato da parte della sentenza che ha concesso a N.A. la sospensione condizionale della pena, subordinandola al percorso di recupero previsto dall’art. 165 cod. pen. – si rileva che, all’art. 165 cod. pen., il quinto comma è sostituito dal seguente: «Nei casi di condanna per il delitto previsto dall’articolo 575, nella forma tentata, o per i delitti, consumati tentati, di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena è sempre subordinata alla partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, e al superamento con esito favorevole di specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, accertati e valutati dal giudice, anche in relazione alle circostanze poste a fondamento del giudizio formulato ai sensi dell’articolo 164. Del provvedimento che dichiara la perdita di efficacia delle misure cautelari ai sensi dell’articolo 300, comma 3, del codice d procedura penale è data immediata comunicazione, a cura della cancelleria, anche per via telematica, all’autorità di pubblica sicurezza competente per le misure di prevenzione, ai fini delle tempestive valutazioni concernenti l’eventuale proposta di applicazione delle misure di prevenzione personali previste nel libro I, titolo I, capo Il, del codice delle leggi antimafia e delle misur prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, fermo restando quanto previsto dall’articolo 166, secondo comma, del presente codice. Sulla proposta di applicazione delle misure di prevenzione personali ai sensi del periodo precedente, il tribunale competente provvede con decreto entro dieci giorni dalla richiesta. La durata della misura di prevenzione personale non può essere inferiore a quella del percorso di recupero di cui al primo periodo. Qualsiasi violazione della misura di prevenzione personale deve essere comunicata senza ritardo al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di condanna, ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena ai sensi dell’articolo 168, primo comma, numero 1)».
Inoltre, all’art. 18-bis disp. att. cod. pen. è stato aggiunto, in fine, il seguente comma: «Nei cas di cui all’articolo 165, quinto comma, del codice penale, la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza la trasmette, al passaggio in giudicato, all’ufficio di esecuzione penale esterna, che accerta l’effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e ne comunica l’esito al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza. Gli enti o le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero danno immediata comunicazione di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero all’ufficio d esecuzione penale esterna, che ne dà a sua volta immediata comunicazione al pubblico ministero, ai fini della revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168, primo comma, numero 1), del codice penale».
3.2. Raffrontando l’attuale testo con quello previgente, si desume che, nella sostanza, le due
innovazioni normative hanno toccato i seguenti punti.
3.2.1. In primo luogo, si è determinata la riscrittura del quinto comma dell’art. 165 cod. pen. sulla sospensione condizionale della pena.
Si è proceduto, in particolare, all’analitica descrizione dei percorsi di recupero cui deve sottoporsi l’imputato condannato per taluni reati come da (non modificato) catalogo.
Si è introdotto un riferimento specifico alla frequenza richiesta nella partecipazione ai suddetti corsi (almeno bisettimanale), al contempo precisandone la natura di percorsi di recupero che andranno svolti presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero.
Inoltre, si è posto l’accento sulla necessità che la verifica del positivo superamento sia demandata al giudice il quale dovrà valutare i contenuti delle relazioni informative degli enti interessati, verificando la rispondenza degli obiettivi raggiunti dall’imputato alle prescrizioni impartit
È stata poi prevista una disciplina di coordinamento tra la cessazione della misura cautelare in caso di condanna con pena condizionalmente sospesa ai sensi dell’art. 300, comma 3, cod. proc. pen., e le comunicazioni all’autorità di pubblica sicurezza deputata a valutare la necessità di adottare una delle misure di prevenzione di cui al d.lgs. n. 159 del 2011, con l’introduzione di una tempistica stringente che impone all’autorità di pubblica sicurezza di decidere “tempestivamente” sull’opportunità di avanzare la relativa richiesta ed al Tribunale di pronunciarsi entro 10 giorni applicando, se del caso, una misura di prevenzione di durata non inferiore a quella dei corsi di recupero .
Viene infine sollecitata la tempestiva comunicazione di ogni violazione al pubblico ministero, così da consentirgli di attivare le facoltà di cui all’art. 168, primo comma, n. 1, cod. pen., afferenti al revoca del beneficio.
3.2.2. In secondo luogo, è stato introdotto il secondo comma dell’art. 18 bis disp. coord. trans. cod. pen. che, nei casi di cui sopra, ha previsto un sistema di controlli e comunicazioni tra cancelleria del giudice, UEPE e ufficio del pubblico ministero, funzionale a verificare l’effettiva partecipazione ai suddetti corsi ed eventuali violazioni rilevanti ai fini della revoca della sospensione.
3.3. Posto ciò, con riferimento al quadro normativo vigente prima delle modificazioni dell’istituto introdotte con la legge del 2023, si dà per assodato, nel solco della linea ermeneutica maturata in sede di legittimità, che, in tema di sospensione condizionale della pena, la previsione di cui all’art. 165, quinto comma, cod. pen., introdotto dall’art. 6, comma 1, della legge 19 luglio 2019 n. 69, che subordina il beneficio alla partecipazione a specifici percorsi presso enti o associazioni che si occupano di recupero del condannato, ha configurato una disposizione di diritto sostanziale: essa, come tale, non può ritenersi applicabile ai fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore (Sez. 5, n. 329 del 19/10/2021, dep. 2022, M., Rv. 282401 – 01). Al riguardo, si è anche specificato che, la disposizione, pur avendo natura sostanziale, si applica anche a fatti di maltrattamenti in famiglia perfezionatisi prima dell’entrata in vigore dell’indicata novella che, tuttavia, si siano protra – senza significative cesure temporali – in epoca successiva, stante l’unitarietà strutturale del reato (Sez. 6, n. 32577 del 16/06/2022, P., Rv. 283617 – 01).
Con riferimento a questo quadro normativo, si è ritenuto anche che possa essere demandata al giudice dell’esecuzione, ove non sia contenuta in sentenza, la definizione dei termini e delle modalità attuative dei percorsi di recupero introdotti con l’art. 165, quinto comma, cit. (Sez. 6, n. 30147 del 03/05/2023, P., Rv. 285046 – 01).
Si può ritenere acquisito, dunque, che l’introduzione con la legge del 2019 della subordinazione
della sospensione condizionale alle partecipazione ai corsi di recupero abbia inciso su un istituto di diritto penale sostanziale, con la conseguentemente applicazione del principio di irretroattività della norma più sfavorevole. Già la riforma del 2019 – va evidenziato – ha “comunque” subordinato la concessione della sospensione condizionale, con riferimento alla commissione dei reati dalla stessa considerati, alla partecipazione a “specifici percorsi di recupero” presso enti o associazioni “che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero” di soggetti condannati per quegli stessi reati.
Dall’analisi di tale precetto si è evinto, in modo del tutto condivisibile, che l’obbligo stabilito pe condannato, in virtù dell’applicazione dell’art. 165, quinto comma, cod. pen., ha un contenuto special-preventivo del tutto differente dalle altre forme di riparazione contemplate dalla stessa norma, essendo volto a scongiurare – attraverso la rieducazione del soggetto e con l’ausilio di esperti – il pericolo di recidiva rispetto ai reati ivi considerati. Posto l’obiettivo normativament individuato, si è ritenuto, di conseguenza, legittimo il diniego del beneficio in caso di partecipazione a programmi di recupero delle dipendenze (nella specie, tossicologica ed alcolica) privi dei suddetti requisiti di specificità (Sez. 6, n. 39341 del 26/06/2023, T., Rv. 285275 – 01).
Da tale assetto è agevole trarre il corollario che già nell’assetto determinato dalla riforma del 2019 l’integrazione della fattispecie a cui il giudice ha subordinato la concessione del beneficio della sospensione condizionale, peraltro in modo ritenuto doveroso dall’ordinamento in vista dell’obiettivo specialpreventivo perseguito, esigeva l’effettivo e proficuo svolgimento da parte del condannato della prestazione a lui imposta, mediante la sua positiva partecipazione ai qualificati corsi di recupero indicati.
Anche in questo specifico settore di applicazione dell’art. 165 cod. pen., peraltro, il giudice dell’esecuzione non può limitarsi alla mera presa d’atto dell’inadempienza del condannato, ma deve procedere, dapprima, alla verifica dell’esigibilità della prestazione medesima (controllando anche che sia stato messo a disposizione dell’obbligato il corso di recupero a lui prescritto), potendo, solo successivamente all’esito positivo della stessa, valutare l’eventuale inattività o scarsa collaborazione del condannato a soddisfare l’obbligo cui sia stato subordinato il beneficio (Sez. 1, n. 25821 del 29/03/2024, Mafteian, non mass.).
3.4. Posta la cornice così delineata, il Collegio considera che le ulteriori specificazioni introdotte con la legge del 2023 non paiono aver modificato la sostanza dell’obbligo posto a carico del condannato, destinatario della sospensione condizionale subordinata all’adempimento dello stesso.
La più analitica descrizione dei percorsi di recupero cui deve sottoporsi il condannato, l’enunciazione della frequenza richiesta nella partecipazione ai suddetti corsi e degli enti o associazioni a ciò deputati, nonché l’esplicitazione che la verifica del positivo superamento è demandata al giudice, con carico per lo stesso di valutare i contenuti delle relazioni informative degli enti interessati, riscontrando la rispondenza degli obiettivi raggiunti dal reo alle prescrizioni impartit integrano elementi che afferiscono alla precisazione delle modalità di adempimento e controllo dell’obbligo, senza mutare la sostanza della prestazione richiesta e – quel che più rileva per il raggiungimento del fine specialpreventivo perseguito – della verifica dell’effettività dell’adempimento imposto.
Esso, infatti, già nella versione della norma dettata dalla legge del 2019 non poteva, né può essere inquadrato come una prestazione di mera frequenza da parte del condannato del prescritto percorso di recupero, bensì andava e va individuato nell’effettiva e proficua partecipazione allo specifico percorso stabilito presso l’ente indicato dal giudice, culminante nella presa d’atto conclusiva del raggiungimento dello scopo prefisso, esito avente l’effetto specialpreventivo divisato dall’ordinamento mediante l’imposizione necessaria della corrispondente prestazione.
Tale approdo si profila coerente, non potendo sostenersi che il percorso di recupero previsto,
quale evento condizionante la conservazione della concessa sospensione condizionale, fosse stato stabilito dalla legge del 2019 con indifferenza dell’esito, sì che il beneficio si sarebbe consolidato sol
che il condannato avesse formalmente frequentato il corso di recupero stabilito quale percorso riabilitativo, indipendentemente dalla modalità di tale frequenza e dal risultato prodotto.
Una tale interpretazione implicherebbe l’irrilevanza dell’esito e la giuridica ininfluenza della valutazione dell’ente responsabile del percorso di recupero, il quale abbia conclusivamente attestato
che il condannato non ha conseguito l’esito positivo del percorso per il quale il corso era stato disposto: si tratterebbe di una conclusione non sostenibile, dal momento che già la disciplina
introdotta nel 2019, con l’istituzione della condizione subordinante il beneficio “alla partecipazione a specifici percorsi di recupero …”, contemplando l’effettuazione del “percorso” (ossia di un’attivazione
dinamica dell’obbligato), ha necessariamente implicato la rilevanza del raggiungimento del recupero,
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a cui il “percorso” è finalizzato.
4. Lo sbocco delle svolte considerazioni è che, in applicazione dell’art. 165 cod. pen., come modificato dalla legge n. 69 del 2019, quando l’esito positivo del percorso di recupero prescritto
quale obbligo subordinante la sospensione condizionale concessa con la sentenza di condanna non viene conseguito dal condannato, il giudice dell’esecuzione deve concludere che la condizione a cui
il beneficio è subordinato non si è verificata, con l’effetto che – al di là della perifrasi adottata d giudice nel provvedimento qui impugnato – si determina la revoca di diritto della sospensione
condizionale.
La doglianza sviluppata dal ricorrente è, pertanto, da ritenersi priva di giuridico fondamento, dal momento che essa si è basata su un’interpretazione della norma che in questa sede deve essere disattesa.
Per il resto, la deduzione di N.A. di essersi presentato regolarmente agli incontri fissati dal Centro che l’aveva preso in carico non integra – sulla scorta di quanto si è fin qui chiarito un’efficace contestazione del tessuto argomentativo posto alla base dell’ordinanza impugnata, che ha dettagliatamente spiegato, con notazioni congrue e non incrinate da vizi logici, le consistenti ragioni per le quali il condannato, per condotta a lui ascrivibile, non ha in alcun modo raggiunto l’obiettivo di recupero che il percorso prescrittogli avrebbe dovuto conseguire.
Da ciò è derivata la valutazione – incensurabile – di fondatezza della decisione di revoca della sospensione condizionale.
Il ricorso va, quindi, rigettato, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 11/02/2025.