Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 34148 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6   Num. 34148  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Napoli, con giudizio di equivalenza alla recidi infraquinquennale e con la diminuente del rito, ha confermato la condanna d NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 19 così riqualificato il fatto, reato commesso il 7 agosto 2023. La Corte di appell determinato la pena in quella di un anno di reclusione e mille euro di multa ed confermato la confisca della somma di euro 430,00 in sequestro.
2.Con motivi di ricorso, sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, NOME COGNOME chiede l’annullamento della sentenza impugnata e denuncia:
2.1. violazione di legge (art. 99 cod. pen.) e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza della recidiva. E’ illogica la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistente il giudizio di pericolosità sociale, ai fini della recidiva, valorizzando un fatto risalente (commesso il 27 dicembre 2013) e una tipologia di reato (omesso versamento di IVA) che non presenta alcun collegamento di tipo delinquenziale con il fatto per cui si procede;
2.2. violazione di legge (artt. 62-bis e 69 cod. pen.) nella parte in cui, non ostandovi il divieto di cui al comma 4 dell’art. 69, cod. pen., la Corte di appello ha disatteso la richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla recidiva. La motivazione al riguardo è del tutto carente;
2.3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla richiesta di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena di cui alla sentenza del Tribunale di Foggia del 14 febbraio 2019 I divenuta irrevocabile il 2 luglio 2019 i e, comunque, alla mancata applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, consentito dalla misura della pena irrogata con la sentenza di appello. Anche in tal caso, avuto riguardo alla rideterminazione della pena compatibile con l’applicazione del beneficio, non essendo stati superati i due anni di reclusione è, comunque, erronea la motivazione della Corte, nella parte in cui si è riportata alle conclusioni della sentenza di primo grado, non sussistendo le condizioni di applicabilità della revoca del beneficio della pena sospesa per effetto della diversa determinazione della pena.
Il ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi dell’art. 61 comma 1-bis cod. proc. pen. modificato dall’art. 11, comma 3, d.l. n. 29 del 6 giugno 2024, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 120 del 8 agosto 2024 n. 120.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio limitatamente alle determinazioni relative alla sospensione condizionale della pena. Il ricorso è, invece, infondato nel resto.
La Corte di appello è pervenuta alla rideterminazione della pena inflitta all’imputato con la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli del 1 dicembre 2023 previa riqualificazione giuridica del fatto quale delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 per avere detenuto, al fine di cessione a terzi, sostanza stupefacente del tipo marijuana del peso complessivo di gr. 62,95, condotta accertata il 7 agosto 2023 quando l’imputato veniva arrestato
in flagrante attività di spaccio dopo avere ceduto una dose di droga ricevendo il corrispettivo di 20 euro.
Nell’occasion er oltre alla droga, all’importo conseguito dalla cessione e a un telefono cellulare, poi restituito, veniva sequestrata all’imputato, perché trovata indosso alla sua persona fla somma di 410 euro, ricondotta a provento dell’attività di cessione dalla sentenza di primo grado e la cui disponibilità non era, comunque, proporzionata alle capacità di reddito dell’imputato, formalmente disoccupato.
La Corte di appello ha confermato il giudizio di equivalenza delle circostanze generiche, già applicate in primo grado, con la recidiva infraquinquennale in relazione alla condanna per il reato di cui all’art. 10-ter d. Igs. del 10 marzo 2000 n. 74 (omesso versamento di IVA), reato commesso il 27 gennaio 2013 per il quale l’imputato aveva riportato sentenza di condanna, con il beneficio della sospensione condizionale della pena, a un anno di reclusione con sentenza del Tribunale di Napoli divenuta irrevocabile il 14 febbraio 2019, beneficio revocato con la sentenza di primo grado con la quale era stata irrogata all’imputato la pena di un anni uno e mesi cinque di reclusione per il reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 cit..
2.1 motivi di ricorso sulla sussistenza della recidiva infraquinquennale e mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza,,sono infondati, ai limiti della manifesta evidenza, poiché la Corte di appello ha motivato, con valutazioni che non sono manifestamente illogiche, la sussistenza della pericolosità sociale dell’imputato al momento del fatto.
La Corte di merito, pur evidenziando l’epoca risalente del fatto oggetto della sentenza di condanna in materia di evasione IVA, ha valorizzato, infatti, la reiterazione delle condotte di spaccio accertate nel presente procedimento attraverso il controllo dei verbalizzanti e quelle ammesse dallo stesso imputato nel corso dell’interrogatorio di garanzia, per ritenere sussistente il giudizio di maggiore pericolosità sociale che ha giustificato l’applicazione della recidiva con giudizio di mera equivalenza alle attenuanti generiche in ragione della dimostrata proclività a delinquere.
3.11 ricorrente contesta la legittimità della disposta confisca dell’intera somma trovata nella disponibilità dell’imputato – euro 430,00 di cui 20 provento della cessione constatata dai verbalizzanti – perché non consentita in ragione della riqualificazione del fatto come delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 cit.
Si tratta, tuttavia, di un rilievo infondato che, evidentemente, il ricorso collega alle disposizioni e alla giurisprudenza vigente prima della modifica della disposizione di cui all’art. 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, novellato dall’art.
4, comma 3-bis, d.l. 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, in legge 13 novembre 2023, n. 159, che ha incluso il delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 cit. nel novero di quelli costituenti presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240-bis cod. pen..
Tale disposizione, come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, si applica retroattivamente entro i limiti previsti dall’art. 200, comma primo, cod. pen., sicché, per l’individuazione del regime applicabile in materia di confisca per sproporzione, deve aversi riguardo alla legge vigente al momento in cui è stata emessa la sentenza di primo grado (Sez. 4, n. 14095 del 20/03/2024, Alvaro, Rv. 286103) e, nel caso in esame, la sentenza di appello, che ha riqualificato il fatto.
Effettivamente la sentenza impugnata non ha motivato sul punto della confisca che, tuttavia, in carenza di motivi di impugnazione, era stata già disposta in primo grado, sebbene con riferimento al reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 cit.
La confisca del denaro in sequestro, non può ritenersi, per le ragioni innanzi illustrate, illegale perché consentita al momento di applicazione della misura di sicurezza patrimoniale e appare giustificata alla stregua della motivazione della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva evidenziato che l’imputato non aveva potuto giustificare la provenienza della somma che, comunque, costituiva un importo di valore sproporzionato al reddito / atteso lo stato di apparente disoccupazione.
4.Come anticipato è, invece, fondato il motivo di ricorso sulla mancata applicazione del beneficio della pena sospesa , nonché il connesso motivo sulla richiesta di annullamento della revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena applicato con la sentenza del Tribunale di Foggia del 14 febbraio 2019, irrevocabile il 2 luglio 2019, revoca disposta in primo grado perché, per effetto della condanna irrogata, la pena superava i due anni di reclusione.
La misura della pena in anni uno di reclusione, ancorché non sospesa, non era, infatti, incompatibile né con l’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena inflitta con la sentenza odierna, che la Corte avrebbe potuto applicare ex officio in presenza della riqualificazione del fatto in ipotesi meno grave, né compatibile con la disposta revoca della sospensione condizionale della pena di cui alla sentenza del Tribunale di Foggia del 14 febbraio 2019.
La Corte di appello ha affermato che, in materia di revoca della sospensione condizionale della pena a seguito della commissione di un secondo delitto per cui sia stata riportata condanna non sospesa, è irrilevante che il cumulo delle sanzioni inflitte con le diverse condanne sia inferiore ai due anni, in quanto la “salvezza” di cui al primo comma dell’art. 168 cod. pen. riguarda il caso di due condanne
entrambe sospese e l’ultimo comma del medesimo articolo si riferisce a seconda condanna per delitto anteriormente commesso (Sez. 1, n. 49807 del 15/09/2023, Hurmuz, Rv. 285459).
Il ragionamento della Corte di merito è erroneo perché richiama principi che trovano applicazione in materia di esecuzione e che, quindi, presuppongono decisioni irrevocabili di condanna.
Il giudice della cognizione, invece, non può procedere per automatismi ma, nell’irrogare la pena, in caso uova condanna, secondo la previsione di cui all’art. 164, comma terzo, cod. pen.,”può disporre la sospensione condizionale qualora la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente condanna anche per delitto, non superi i limiti stabiliti dall’articolo 163″, disposizione, que espressamente fatta salva dalla norma di cui all’art. 168 cod. pen., in materia di revoca di diritto.
Al provvedimento di revoca cd. formale, come noto, la giurisprudenza riconosce natura di atto ricognitivo della decadenza già avvenuta ope legis per effetto della commissione del reato entro il termine nel quale il rapporto punitivo rimane sospeso, natura che, tuttavia, non comporta alcun automatismo poiché, in forza del richiamo all’art. 164, comma terzo cod. pen., il giudice è chiamato a decidere sulla revoca della sospensione sulla base dei medesimi poteri con i quali gli è permesso di concedere il beneficio.
La Corte di merito, che ha conclusivamente irrogato all’imputato la pena di un anno di reclusione, era pertanto tenuta a verificare la concedibilità del beneficio in ragione dei fatti per i quali ha condannato l’imputato e in ragione della pena irrogata all’esito del giudizio di appello e, conseguentemente, era tenuta a motivare il rigetto del motivo di appello con il quale l’imputato chiedeva l’annullamento della revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena disposta dal giudice di primo grado non potendo, se non incorrendo nel vizio di motivazione meramente apparente, richiamare le valutazioni spese dal giudice di primo grado poiché, in quella sede, la pena irrogata superava i limiti di cui all’art. 163 cod. pen. 
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 16 settembre 2025