Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4819 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 4819  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a CAGLIARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/02/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letto il parere del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha chiesto il rigetto del ricorso.
4,
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21 aprile 2023, la Corte di appello di appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, riduceva la pena principale e le pene accessorie applicate a NOME COGNOME – per i delitti contestatigli di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e per il delitto di bancarotta impropria – alla misura concordata fra le parti ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen., non concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena che era stata concordata solo “se ne sussistono i presupposti” (rectius si legge nel verbale dell’udienza 25 ottobre 2022: “sospensione condizionale se concedibile”).
Presupposti che non sussistevano perchè il prevenuto, oltre alla pena detentiva concordata, di anni 2 di reclusione, aveva riportato una precedente condanna, divenuta definitiva nel 1997, a mesi 3 di arresto (oltre che ad 8.000 euro di ammenda), così superando il limite complessivo dettato dagli artt. 163 e ss. cod. pen..
 Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, deducendo, con l’unico motivo, la violazione di legge, ed in particolare degli artt. 164, comma 4, e 167 cod. pen., ed il vizio di motivazione.
La condanna che il ricorrente aveva riportato nel 1997, a pena dichiarata sospesa, infatti, risultava estinta, ai sensi dell’art. 167 cod. proc. pen., come sancito dal provvedimento del Tribunale di Cagliari del 6 settembre 2019, che ne aveva dichiarati cessati gli effetti penali.
Si citava, così, una sentenza di questa Corte di legittimità (la n. 22872 del 2018) che, in un caso analogo, aveva ritenuto non dovesse considerarsi la pena inflitta in una precedente condanna ai fini della nuova concessione della sospensione condizionale quando la prima pena sia stata dichiarata estinta ai sensi dell’art. 167 cod. pen..
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso promosso nell’interesse del COGNOME è manifestamente infondato.
La ragione per la quale la Corte di appello cagliaritana aveva negato la concedibilità del beneficio della sospensione condizionale della pena concordata fra le parti, superando la condanna da sospendere e la precedente condanna patita
dal ricorrente il limite dei due anni di pena detentiva previsti dall’art. 163, comma 1, cod. pen., trova conferma nel consolidato orientamento di questa Corte, nel senso che l’estinzione del reato a norma dell’art. 167 cod. pen. non comporta l’estinzione degli effetti penali diversi da quelli ivi espressamente previsti, sicché di tale reato deve comunque tenersi conto ai fini della configurabilità dei presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena (Sez. 1, n. 47647 del 18/04/2019, NOME, Rv. 277457; Sez. 3, n. 43835 del 29/10/2008, Gambera, Rv. 241685).
Così che il contrario assunto sostenuto in ricorso non può trovare accoglimento (ed il precedente di legittimità citato nel ricorso, la sentenza n. 22872 del 2018, riguarda il diverso caso della revoca di un beneficio già riconosciuto).
Deve solo aggiungersi che avendo, le parti, rimesso (e non concordato, ponendolo come condizione dell’accordo ex art. 599 bis cod. proc. pen.), il giudizio sulla concedibilità del beneficio, alla Corte d’appello, questa, non riconoscendolo, aveva correttamente accolto il concordato stesso, senza doverlo rigettare in toto.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma il 5 dicembre 2023.