Sospensione Condizionale: Un Precedente Reato Estinto Conta Ancora?
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale in materia di sospensione condizionale della pena, chiarendo se una precedente condanna, il cui reato è stato dichiarato estinto, possa ancora influenzare la concessione di un nuovo beneficio. La risposta della Corte è netta e si basa su una distinzione fondamentale tra l’estinzione del reato e la persistenza dei suoi effetti penali ai fini della valutazione della personalità del reo.
I Fatti del Caso
Il caso origina dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che gli aveva negato la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. La difesa sosteneva, tra le altre cose, che una precedente condanna a pena sospesa non dovesse più essere considerata ostativa, in quanto il relativo reato si era estinto ai sensi dell’art. 167 del codice penale. Secondo questa tesi, l’estinzione avrebbe dovuto ‘ripulire’ la fedina penale dell’imputato, permettendo al giudice di formulare una prognosi positiva sulla sua futura condotta.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su un consolidato principio giurisprudenziale che limita la portata dell’estinzione del reato.
Le Motivazioni: Reato Estinto e Valutazione per la Sospensione Condizionale
Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’art. 167 del codice penale. La Corte ribadisce che l’estinzione del reato, che consegue al decorso dei termini di legge dopo una condanna a pena sospesa senza che il condannato commetta nuovi reati, non comporta la cancellazione di tutti gli effetti penali della condanna. Vengono meno solo gli effetti espressamente previsti dalla norma, ma non quelli diversi.
Di conseguenza, la precedente condanna, sebbene relativa a un reato estinto, rimane un fatto storico e un precedente penale che il giudice deve considerare nel momento in cui è chiamato a formulare una prognosi sulla futura astensione del reo dal commettere ulteriori reati. L’impossibilità di formulare una ‘prognosi positiva’ – requisito indispensabile per la concessione di una nuova sospensione condizionale – è stata, secondo la Cassazione, adeguatamente argomentata dalla Corte territoriale, senza vizi logici o giuridici. La precedente condanna è un indice della personalità dell’imputato e della sua propensione a delinquere, un elemento che non viene annullato dall’effetto estintivo del reato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia conferma che la ‘fedina penale’ non viene completamente azzerata dall’estinzione di un reato. Per chi ha già beneficiato in passato della sospensione condizionale, ottenere nuovamente il beneficio diventa più complesso. Anche se il primo reato è formalmente estinto, esso continuerà a pesare sulla valutazione discrezionale del giudice. La decisione sottolinea che la concessione del beneficio non è un automatismo, ma il risultato di un’attenta analisi della personalità del condannato e della sua affidabilità futura, analisi nella quale i precedenti penali, anche se estinti, giocano un ruolo determinante.
Un reato dichiarato estinto può impedire la concessione di una nuova sospensione condizionale della pena?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 167 c.p. non cancella tutti gli effetti penali della condanna. Pertanto, il precedente penale deve essere comunque considerato dal giudice per valutare la prognosi sulla futura condotta dell’imputato ai fini della concessione di un nuovo beneficio.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché basato su un motivo manifestamente infondato e meramente confutativo. La Corte ha stabilito che la Corte d’Appello aveva correttamente e logicamente argomentato l’impossibilità di formulare una prognosi positiva, tenendo conto del precedente penale dell’imputato.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile alla Corte di Cassazione?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, da versare in favore della Cassa delle ammende. Ciò avviene perché si ritiene che il ricorso sia stato proposto con colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44571 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44571 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME
Data Udienza: 11/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/11/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME avverso la sentenza in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile deduce un motivo dal contenuto meramente confutativo e, comunque, manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale adeguatamente argomentato, senza incorrere in vizi logici o giuridici, in ordine all’impossibilità di formulare prognosi positiva ai fini della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena;
ritenuto, inoltre che, a tal fine, è irrilevante l’avvenuta estinzione dei reati oggetto precedente condanna a pena sospesa, dovendosi, al riguardo, ribadire che l’estinzione del reato a norma dell’art. 167 cod. pen. non comporta l’estinzione degli effetti penali diversi da quelli espressamente previsti, sicché di tale reato deve comunque tenersi conto ai fini della sussistenza dei presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena (Sez. 1, n. 47647 del 18/04/2019, Mkarrem, Rv. 277457);
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso I’ll ottobre 2024.