Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5505 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5505 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Licata il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Licata il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 03/11/2022 della CORTE DI APPELLO DI PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale COGNOME, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile; lette le conclusioni del difensore AVV_NOTAIO, che ha chiesto di annullare l sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione, conclusioni ribadite con memoria depositata per l’udienza.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 03/11/2022, ha confermato la sentenza del Tribunale di Agrigento del 11/06/2020 che ha condannato COGNOME NOME NOME COGNOME NOME alla pena di giustizia per il delitto agli stessi ascritto (a 110, 633, 639-bis cod. pen.).
COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, articolando un unico motivo di ricorso che qui si riporta nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 1 disp.att. cod. proc. pen. La difesa ha dedotto la ricorrenza di violazione di legge vizio della motivazione in tutte le sue forme in relazione agli art. 1 e 135 e 165 cod pen., art. 25 Cost., artt. 53, 102 e 103 della I. n. 609 del 1981; il Tribunale condannato i ricorrenti alla pena di euro 200,00 da computarsi in continuazione con altra pena pecuniaria sospesa ed ha subordinato la sospensione allo svolgimento di lavoro non retribuito a favore della collettività per la durata di giorni trent eseguirsi nel termine di giorni centoventi dal passaggio in giudicato della sentenza; la Corte di appello nel confermare la statuizione ha certamente violato il limite d durata della predetta attività lavorativa ai sensi dell’art. 165, comma primo cod.pen., atteso che la durata di tale attività non deve essere superiore alla durata della pena sospesa, con conseguente lesione del principio di legalità della pena.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
I ricorrenti, per il tramite del proprio difensore, hanno ribadito le prop conclusioni con memoria scritta.
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivo non consentito atteso che la violazione ivi evocata non ha formato oggetto di motivo di appello, con interruzione della catena devolutiva sul punto. Difatti dalla lettura dei motivi appello, per come riportati in sentenza e non contestati dai ricorrenti, era stat esclusivamente formulata richiesta, in subordine, di concessione della sospensione condizionale della pena senza la previsione di obblighi.
La stessa articolazione del motivo di ricorso evidenzia (lett. c) pag. 5 dell’at di appello) evidenzia come sia stata ritenuta censurabile la subordinazione della concessione della sospensione condizionale della pena allo svolgimento dei lavori socialmente utili (subordinazione necessaria, come previsto dalla Corte territoriale, ai sensi dell’art. 165, comma secondo, cod. pen.) , senza che alcuna questione o critica del punto specifico della decisione di primo grado sia stato posto al giudice d appello quanto ad una eventuale erroneità o illegalità conseguente della pena in relazione al criterio adottato ai fini di conversione. Secondo il diritto vivente, luce di quanto disposto dall’art. 609, comma 2, cod. proc. pen., non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perché non devolute alla sua cognizione, ad eccezione di quelle rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio e di qu che non sarebbe stato possibile proporre in precedenza (Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062-01, in motivazione; Sez. 3, n. 57116
del 29/09/2017, COGNOME., Rv. 271869-01; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745-01; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269368-01; Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, COGNOME, Rv. 269632-01).
Ciò posto, occorre comunque considerare che il parametro di conversione di cui all’art. 135 cod. pen. fra pene detentive e pene pecuniarie non viene in considerazione ai fini dell’art.165 cod. pen., come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. a), della legge 11/6/2004 n.145, valendo in questi casi il disposto dell’art. bis del r.d. 28/5/1931 n.601 (Disposizioni di coordinamento e transitorie per il Codice penale), inserito nel corpo del decreto dall’art. 5 della stessa legge 145/2004, che impone l’applicazione, ove compatibili, delle disposizioni di cui agli art.44, 54, commi 2,3,4,6, e 59 del d.lgs. 28/8/2000 n. 274.
Ne consegue che la regola di cui al novellato art.165 cod.pen., secondo cui la prestazione non retribuita non può aver durata superiore alla pena sospesa, vale solo per le pene detentive e non già per le pene pecuniarie, per cui operano i parametri quantitativi fissati dall’art. 54 d.lgs.274/2000. L’eventuale accoglimento della non consentita censura porterebbe semplicemente a rendere inapplicabile la sospensione condizionale in tutti i casi in cui la pena pecuniaria è inferiore ai 2.50 euro (pari alla conversione in 10 giorni di pena detentiva), visto il disposto d comma 2 del citato art. 54 d.lgs.274/2000 (per il quale il lavoro di pubblica util non può essere inferiore a 10 giorni, né superiore a 6 mesi), e comunque a renderla inapplicabile nel caso di specie, con il conseguente difetto di interesse ad impugnare sul punto del ricorrente.
I ricorsi devono in conclusione essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 3 novembre 2023.