Sospensione Condizionale della Pena: Quando il Giudice Può Negarla?
La concessione della sospensione condizionale della pena non è un automatismo, ma il risultato di una valutazione discrezionale del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce i confini di questo potere, chiarendo quali elementi possono legittimamente fondare la decisione di negare il beneficio. Il caso analizzato offre spunti cruciali sulla rilevanza dei precedenti penali, anche se estinti, e sulla valutazione della personalità dell’imputato.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di una condanna, presentava ricorso in Cassazione contro la decisione della Corte d’Appello che gli aveva negato il beneficio della sospensione condizionale della pena. Il ricorrente lamentava che la Corte territoriale non avesse concesso il beneficio, basando il diniego su una valutazione negativa della sua personalità e sul rischio di future condotte illecite.
La Valutazione della Cassazione sulla sospensione condizionale
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la correttezza della decisione dei giudici di merito. Secondo la Cassazione, il motivo di ricorso era infondato perché la valutazione negativa espressa sulla personalità dell’imputato era stata adeguatamente motivata. I giudici di secondo grado avevano infatti tenuto conto non solo delle modalità specifiche del fatto commesso, ma anche delle condizioni personali del soggetto, inclusi i suoi precedenti penali. A seguito dell’inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha chiarito un principio fondamentale riguardante il cosiddetto giudizio prognostico che il giudice deve effettuare ai sensi dell’art. 164 del codice penale. Per decidere se concedere o meno la sospensione condizionale della pena, il giudice deve prevedere se il condannato si asterrà dal commettere nuovi reati. In questo processo, il magistrato non è obbligato a esaminare meticolosamente tutti gli elementi elencati nell’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere, etc.), ma può limitarsi a considerare quelli che ritiene prevalenti e decisivi.
Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto legittimo che la Corte d’Appello avesse dato peso ai precedenti penali dell’imputato, anche se relativi a reati ormai estinti. Tali precedenti, infatti, sono stati considerati un valido indicatore di un maggiore pericolo di reiterazione del reato. La sentenza di riferimento citata (Sez. 4 n. 41291/2019) conferma proprio questo orientamento: i precedenti, anche estinti, mantengono una loro valenza sintomatica per la valutazione della personalità e della pericolosità sociale del reo.
Le Conclusioni
Questa ordinanza rafforza il principio della discrezionalità del giudice di merito nella valutazione dei presupposti per la concessione della sospensione condizionale. La decisione finale non deve derivare da un’analisi meccanica di tutti i criteri di legge, ma da una ponderata considerazione degli elementi ritenuti più significativi per formulare un giudizio sul futuro comportamento del condannato. La personalità dell’imputato, desunta dalle modalità del fatto e dai suoi trascorsi giudiziari, anche remoti, emerge come un fattore centrale e determinante. La pronuncia sottolinea come l’obiettivo della sospensione condizionale non sia premiare il reo, ma favorire il suo reinserimento sociale solo quando vi sia una concreta e fondata speranza che non delinquerà più.
Quando un giudice può negare la sospensione condizionale della pena?
Un giudice può negare la sospensione condizionale quando, sulla base di una valutazione prognostica, ritiene che vi sia il pericolo che il condannato commetta nuovi reati. Questa valutazione può basarsi su elementi come le modalità del fatto, le condizioni personali e i precedenti penali.
Il giudice deve analizzare tutti i criteri previsti dalla legge per negare il beneficio?
No. Secondo la Corte, per formulare il giudizio prognostico, il giudice non è obbligato a esaminare tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., ma può limitarsi a menzionare quelli che considera prevalenti e decisivi per negare o concedere il beneficio.
I precedenti penali, anche se relativi a reati estinti, possono influenzare la decisione?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che i precedenti penali, anche se estinti, possono essere considerati come indicatori di un maggiore pericolo di reiterazione e quindi possono legittimamente contribuire a una valutazione negativa della personalità dell’imputato, giustificando il diniego della sospensione condizionale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6163 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6163 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ANCONA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/05/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il motivo unico dedotto con riferimento alla mancata concessione del benefici della sospensione condizionale della pena è inammissibile, considerato che ai fini del formulazione del giudizio prognostico di cui all’art. 164 comma primo cod. pen., il giudice è obbligato a prendere in esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., ma limitarsi a far menzione di quelli ritenuti prevalenti, sia per negare che per conced beneficio;
ritenuto che nel caso in esame la valutazione negativa espressa sulla personalit dell’imputata è stata adeguatamente motivata con riguardo alle modalità del fatto ed al condizioni personali, con riferimento ai precedenti che possono anche essere relativi a re estinti, perché comunque indicativi di un maggiore pericolo di reiterazione (Sez. 4 n. 412 del 11/09/2019 Rv. 277355);
rilevato che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 8 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
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