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Sospensione condizionale: diniego per false generalità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per false dichiarazioni a pubblico ufficiale. La Corte conferma la decisione di merito di negare la sospensione condizionale della pena, motivandola con il comportamento recidivo dell’imputato nel fornire false generalità per sottrarsi alla giustizia e l’assenza di elementi favorevoli per una prognosi positiva.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sospensione Condizionale della Pena: Quando il Giudice Può Negarla?

La concessione della sospensione condizionale della pena non è un diritto automatico del condannato, ma una valutazione discrezionale del giudice basata su una prognosi favorevole circa il futuro comportamento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12399/2024) offre un chiaro esempio di come i precedenti comportamenti, in particolare la tendenza a mentire sulla propria identità per sfuggire alla giustizia, possano legittimamente fondare un diniego di tale beneficio. Analizziamo insieme la decisione per comprendere i criteri applicati dai giudici.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato per il reato di false attestazioni a un pubblico ufficiale, previsto dall’art. 495 del codice penale. In sede di appello, la Corte territoriale, pur riducendo l’entità della pena inflitta in primo grado, aveva confermato la condanna e negato la concessione della sospensione condizionale.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione della legge penale e un vizio di motivazione proprio in relazione alla mancata concessione del beneficio. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente giustificato le ragioni del suo diniego.

Il Diniego della Sospensione Condizionale e il Ricorso

Il nucleo della questione portata all’attenzione della Suprema Corte era se il diniego della sospensione condizionale fosse legittimamente motivato. La difesa dell’imputato sosteneva che la decisione della Corte d’Appello fosse viziata, poiché non avrebbe concesso un beneficio a cui, a suo dire, l’imputato avrebbe avuto diritto.

Tuttavia, il ricorso è stato giudicato dalla Cassazione come un tentativo di ottenere un nuovo e non consentito giudizio di merito, piuttosto che una censura su un errore di diritto. L’atto di impugnazione, infatti, si limitava a prospettare in maniera assertiva una valutazione alternativa dei fatti, senza confrontarsi criticamente con le specifiche argomentazioni contenute nella sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la decisione della Corte d’Appello pienamente legittima e correttamente motivata. I giudici di legittimità hanno evidenziato come la Corte di merito avesse fondato il diniego della sospensione condizionale su elementi concreti e pertinenti.

In particolare, la motivazione si basava su due pilastri:

1. La condotta pregressa dell’imputato: Era emerso che l’imputato aveva, in più occasioni, declinato false generalità. Questo comportamento non era fine a se stesso, ma mirava specificamente a sottrarsi alla notifica di un ordine di esecuzione della pena. Tale condotta è stata interpretata come un chiaro indice di inaffidabilità e di mancanza di volontà di sottostare alle leggi dello Stato.
2. L’assenza di elementi favorevoli: Oltre alla condotta negativa, i giudici non hanno riscontrato alcun elemento positivo sulla personalità dell’imputato che potesse giustificare una prognosi favorevole per il futuro e, di conseguenza, la concessione del beneficio.

La Cassazione ha ribadito che la valutazione per la concessione del beneficio è un giudizio prognostico che spetta al giudice di merito e, se logicamente motivato come in questo caso, non è sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Inammissibilità e Conseguenze

L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa decisione comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, due importanti conseguenze per il ricorrente:

* La condanna al pagamento delle spese processuali.
* La condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Quest’ultima sanzione viene inflitta perché la Corte ha ravvisato profili di colpa nell’aver proposto un’impugnazione palesemente infondata. La decisione, quindi, non solo conferma la correttezza del diniego della sospensione condizionale basato su una valutazione negativa della personalità del reo, ma funge anche da monito contro la presentazione di ricorsi meramente dilatori o assertivi, privi di reali censure giuridiche.

Perché è stata negata la sospensione condizionale della pena?
La sospensione condizionale è stata negata perché l’imputato aveva in più occasioni fornito false generalità allo scopo di sottrarsi all’esecuzione di una pena, e non vi erano elementi favorevoli che potessero giustificare una prognosi positiva sul suo futuro comportamento.

Per quale motivo il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava specifici vizi di legittimità della sentenza impugnata, ma si limitava a proporre in modo assertivo una diversa valutazione dei fatti, senza confrontarsi con le argomentazioni della Corte d’Appello.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, come in questo caso, se l’inammissibilità è evidente e dovuta a colpa, il ricorrente può essere condannato a pagare una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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