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Sospensione condizionale: diniego e precedenti penali

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per guida in stato di ebbrezza, al quale era stata negata la sospensione condizionale della pena. La Corte ha confermato che il giudice di merito può legittimamente negare il beneficio sulla base di una prognosi negativa fondata sui precedenti penali, senza dover analizzare tutti gli elementi dell’art. 133 c.p., ritenendo sufficiente indicare quelli prevalenti in senso ostativo.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sospensione Condizionale: Quando i Precedenti Penali Giustificano il Diniego

La concessione della sospensione condizionale della pena rappresenta un momento cruciale nel processo penale, poiché offre al condannato una possibilità di riscatto senza subire l’effettiva esecuzione della pena. Tuttavia, tale beneficio non è automatico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del potere discrezionale del giudice nel negare la sospensione, soprattutto in presenza di precedenti penali a carico dell’imputato.

Il Caso: Dalla Condanna per Guida in Stato di Ebbrezza al Ricorso in Cassazione

La vicenda trae origine da una condanna per il reato di guida in stato di ebbrezza, previsto dall’art. 186 del Codice della Strada. L’imputato era stato condannato in primo grado a una pena di due mesi e venti giorni di arresto e seicento euro di ammenda. La Corte d’Appello confermava la sentenza, negando però la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Contro questa decisione, l’imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, si contestava il fatto che i giudici di merito non avessero adeguatamente spiegato le ragioni del diniego, limitandosi a un generico riferimento ai precedenti penali.

La Valutazione sulla Sospensione Condizionale e i Poteri del Giudice

Il fulcro della questione giuridica riguarda i criteri che il giudice deve seguire per concedere o negare la sospensione condizionale. La legge, in particolare l’art. 133 del codice penale, elenca una serie di elementi (la gravità del reato, la capacità a delinquere, i motivi, il carattere del reo, la condotta di vita) che il giudice deve considerare per formulare una prognosi sul futuro comportamento del condannato. L’obiettivo è prevedere se l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati.

La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione carente, non analizzando tutti questi aspetti. Tuttavia, la giurisprudenza consolidata della Cassazione, richiamata anche in questa ordinanza, ha da tempo stabilito un principio fondamentale: il giudice di merito non è obbligato a esaminare analiticamente ogni singolo elemento dell’art. 133 c.p. Al contrario, può limitarsi a indicare gli elementi ritenuti prevalenti e decisivi per la sua valutazione, specialmente quelli di carattere ostativo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello del tutto logica e sufficiente a giustificare il diniego del beneficio.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno osservato come la Corte territoriale avesse correttamente formulato una prognosi negativa sul futuro comportamento del ricorrente. Tale prognosi non era arbitraria, ma fondata su elementi concreti: i vari precedenti penali e la totale assenza di elementi positivi da poter valutare favorevolmente. Secondo la Corte, questa situazione lasciava logicamente presupporre una mancanza di volontà da parte dell’imputato di conformarsi alle leggi penali in futuro. Le critiche mosse dalla difesa, seppur formalmente presentate come vizi di logicità, si traducevano in una semplice contestazione nel merito delle valutazioni del giudice, un’operazione non consentita in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio cardine in materia di sospensione condizionale: la presenza di precedenti penali può essere un elemento sufficiente a fondare un giudizio prognostico sfavorevole e, di conseguenza, a negare il beneficio. Il giudice non è tenuto a un’analisi certosina di ogni aspetto della vita del condannato, ma può focalizzarsi sugli indicatori che, a suo motivato giudizio, sono più significativi. La decisione comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, rendendo definitiva la condanna e il diniego della sospensione.

Un giudice può negare la sospensione condizionale della pena basandosi solo sui precedenti penali dell’imputato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il giudice può negare il beneficio formulando una prognosi negativa basata su elementi ritenuti prevalenti, come i precedenti penali e l’assenza di fattori favorevoli, senza dover analizzare ogni altro aspetto.

Per negare la sospensione condizionale, il giudice deve prendere in esame tutti gli elementi dell’art. 133 del codice penale?
No, il giudice di merito non ha l’obbligo di esaminare tutti gli elementi richiamati dall’art. 133 c.p., potendo limitarsi a indicare quelli da lui ritenuti prevalenti in senso ostativo alla concessione del beneficio.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la decisione impugnata diventa definitiva. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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