Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8488 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8488 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ALATRI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/12/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Frosinone del 25 marzo 2022, con la quale COGNOME NOME era stato condannato alla pena di mesi due e giorni venti di arresto ed euro seicento di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. b), C.d.S..
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego della sospensione condizionale della pena.
3. Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento all’unico motivo di ricorso, con cui si deduce la carenza motivazionale circa il diniego della sospensione condizionale della pena, va ricordato che, in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti preva lenti in senso ostativo alla sospensione (Sez. 5, n. 57704 del 14/09/2017, P., Rv. 272087; Sez. 2, n. 19298 del 15/04/2015, COGNOME, Rv. 263534).
Nel caso di specie, la Corte d’appello, nel negare il benefico invocato, si è allineata ai predetti principi giurisprudenziali, formulando una specifica prognosi, secondo cui il ricorrente non si sarebbe astenuto dal commettere ulteriori reati, evidenziando i vari precedenti penali e l’assenza di elementi valutabili favorevolmente e lasciando così logicamente presupporre l’assenza di una volontà di rispettare le leggi penali.
Le doglianze difensive, benché formalmente dirette a denunciare la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata, si esauriscono in realtà in una contestazione, nel merito, di alcuni singoli elementi di fatto ritenuti inidonei dal giudice a quo a riconoscere tali benefici, senza valutare la complessiva logica ricostruzione operata nella sentenza impugnata.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 14 febbraio 2024.