Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33972 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33972 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PORTO RECANATI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/12/2023 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il
ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza avanzata dal Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale volta ad ottenere la fissazione di un termine per l’adempimento dell’obbligo del pagamento della provvisionale alle parti civili costituite, cui era stato subordinato il beneficio della pena sospes concesso a NOME COGNOME con la sentenza emessa dal Tribunale di Roma in data 20 novembre 2019, irrevocabile il 10 settembre 2022.
A ragione della decisione, il giudice a quo osservava che, come documentato dal certificato del casellario giudiziale in atti, la sospensione condizionale dell pena era stata già revocata con ordinanza del 23 gennaio 2023 e che perciò la richiesta della Procura era inammissibile, tenuto conto che il termine previsto dall’art. 165 cod. pen. era funzionale alla conferma del beneficio ex art. 163 cod. pen. e non al soddisfacimento degli interessi civili.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per il tramite del difensore, sviluppando i seguenti motivi.
2.1. Con il primo, deduce violazione di legge in relazione agli artt. 163, 165 e 168 cod. pen., e contestuale vizio di motivazione.
Stigmatizza, in particolare, l’errore in cui era incorso il giudice dell’esecuzione nel considerare revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena, atteso che l’ordinanza, che tale revoca aveva disposto, era stata annullata senza rinvio in virtù di sentenza emessa dalla Corte di cassazione in data 27 giugno 2023.
Peraltro, sostiene il ricorrente, essendo pacifico che nel caso di specie, né in sede di cognizione, né in executivis era stato fissato termine alcuno ai fini dell’adempimento dell’obbligo risarcitorio cui era subordinato il beneficio in parola, il Tribunale si sarebbe dovuto avvedere dell’erronea revoca operata e avrebbe dovuto considerare quale termine residuale ex art. 165 cod. pen. quello quinquennale dall’irrevocabilità della sentenza che aveva concesso la sospensione condizionale, così come affermato in una recente pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza n. 37503 del 2022, Rv. 283577).
In subordine, ci si duole della mancata fissazione di un termine per adempiere l’obbligazione risarcitoria che tenesse conto della precaria condizione economica in cui versava il condannato, attestata da allegata documentazione, e si contesta, sotto il profilo della violazione di legge, in riferimento agli artt. 163, 165 e cod. pen., e della carenza motivazionale, la mancanza di accertamenti circa lo
status economico del condannato, accertamenti cui il giudice dell’esecuzione era tenuto ai sensi dell’art. 666, comma 5, cod. proc. peri.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
Occorre premettere che le Sezioni Unite di questa Corte hanno, di recente, affermato, che «In caso di sospensione condizionale della pena subordinata all’adempimento di un obbligo risarcitorio, il termine entro il quale l’imputato deve provvedere allo stesso, che costituisce elemento essenziale dell’istituto, va fissato dal giudice in sentenza ovvero, in mancanza, dal giudice dell’impugnazione, anche d’ufficio, o da quello dell’esecuzione, fermo restando che, ove non venga in tal modo fissato, lo stesso viene a coincidere con la scadenza dei termini di cinque o due anni previsti dall’art. 163 cod. pen. decorrenti dal passaggio in giudicato della sentenza» (Sez. U, n. 37503 del 23/06/2022, COGNOME, Rv. 283577 – 01: in motivazione la Corte ha precisato che l’omessa fissazione del termine si traduce in un vizio di violazione di legge della sentenza).
Ciò premesso, va rilevato, con riferimento al caso di specie, che in sede di cognizione il termine per adempiere non è stato fissato.
E siccome dalla condanna irrevocabile subita dall’COGNOME, intervenuta il 1° settembre 2022, non era ancora decorso il termine di cinque anni previsto dall’art. 163 cod. pen., il Pubblico ministero, su istanza della parte civile, ha correttamente investito il giudice dell’esecuzione della decisione circa la fissazione di dett termine.
A sua volta, il giudice dell’esecuzione, nel contraddittorio delle parti, avrebbe dovuto stabilire, una volta richiesto, il termine di cui all’art. 165, comma sesto, cod. pen., tenuto conto del tempo già trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza e delle condizioni economiche del condannato anche in relazione alla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno in favore della parte civile o ad altre circostanze desumibili dagli atti o allegate dalle parti.
Viceversa, il Tribunale di Roma, evidentemente indotto in errore da un certificato del casellario giudiziale non aggiornato e nel silenzio della difesa, h dichiarato inammissibile l’istanza inoltrata dal P.M., rilevando che da tale certificato risultava che, in forza di ordinanza emessa in data 23 gennaio 2023 dallo stesso Tribunale in veste di giudice dell’esecuzione, la sospensione condizionale della pena concessa al ricorrente era stata revocata.
Il giudice procedente, tuttavia, non si è avveduto che avvers provvedimento di revoca era stato proposto ricorso per cassazione e che ques Corte, con sentenza Sez. 1, n. 51393 del 27 giugno 2023 (dep. 22 dicembre 2023) aveva annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata, osservando quanto segue:
«3. Dall’esame della sentenza di condanna, nella quale era stata subordinata all’adempimento la concessione del beneficio poi revocato in sede di esecuzione, non risulta fissato alcun termine, né di tale lacuna si è accorto il giudic dell’esecuzione nell’assumere la decisione sulla revoca. Tenuto conto della data d’irrevocabilità della sentenza del 1/9/2022 e del delitto per cui è stato condannato il ricorrente, il termine di cinque anni non risulta, pertanto, ancora decorso all data dell’udienza, 23/01/2023, in cui è stata pronunciata la decisione qui impugnata».
Tale decisione di legittimità, essendo stata emessa in esito all’ud camerale del 27 giugno 2023, avrebbe dovuto essere conosciuta dal giudic dell’esecuzione nel momento (successivo) di provvedere sulla richiesta Pubblico ministero (udienza del 1° dicembre 2023), se solo si fosse avvalso poteri istruttori officiosi previsti dall’art. 666, comma 5, cod. proc. pen. n. 3954 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269250 – 01; Sez. 1, n. 17020 de 09/01/2015, COGNOME, Rv. 263363 – 01; Sez. 1, n. 2510 del 27/04/1995, P.M. in proc. Esposito, Rv. 202141 – 01).
L’omesso esercizio dei poteri istruttori officiosi da parte del giudice di ha determinato l’adozione di un provvedimento inficiato da carenza di motivazion il che ne impone l’annullamento.
Al giudice del rinvio spetterà il compito di fissare, finalmente, il termi l’adempimento dell’obbligo risarcitorio da parte del condannato.
Le ulteriori censure restano assorbite.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale d Roma.
Così deciso in Roma, il 29 marzo 2024
Il Corsi ‘ere estensore
Il Presidente