Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 8367 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 8367 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/09/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sulle conclusioni del Pubblico Ministero
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Roma il 29 settembre 2022 ha integralmente confermato la sentenza, appellata dall’imputato, con cui il Tribunale di Roma il 10 luglio 2019, all’esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto NOME COGNOME responsabile della violazione del comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, fatto commesso il 7 giugno 2019, in conseguenza condannandolo, con la diminuzione per il rito, alla pena stimata di giustizia.
COGNOME Ricorre per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a due motivi con i quali denunzia promiscuamente violazione di legge e difetto di motivazione.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione dell’art. 163 cod. pen., mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata concessione all’imputato della sospensione condizionale della pena, che era stata richiesta sia all’esito del giudizio di primo grado sia in appello.
Richiamato il contenuto dell’impugnazione di merito e la ragione del diniego dell’invocato beneficio, ossia la presenza di un precedente a carico dell’imputato per rapina a pena non sospesa, fatto che, pur risalente nel tempo, sarebbe ostativo ai sensi dell’art. 164, comma 2, num. 1, cod. pen. (p. 2 della sentenza impugnata), si critica il ragionamento giudiziale in quanto in contrasto con la stessa norma richiamata, l’art. 164 cod. pen., che non prevede tale preclusione, e si richiama al riguardo il precedente di Sez. 1, n. 30729 del 17/07/2013, COGNOME, Rv. 256206, secondo cui «La presenza di una precedente condanna a pena non sospesa non impedisce la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena in sede di nuova condanna intervenuta in epoca successiva alla prima, purché la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la condanna precedente, non superi il limite previsto dall’art. 163 cod. pen.».
Si rammenta che l’art. 164 cod. pen. ammette la possibilità di concessione della pena sospesa a chi ne abbia già fruito una volta e si rileva come tale possibilità debba essere logicamente, ad a maggior ragione, riconosciuta anche a chi non ne abbia mai fruito, come nel caso di specie.
Non sussistendo preclusioni di legge, nel merito i decidenti non hanno inteso considerare la valenza del positivo percorso di rieducazione intrapreso dall’imputato, che – si sottolinea – ha espiato la pena in precedenza inflitta, è giovane, ha rimeditato il proprio vissuto e ha puntualmente osservato le
prescrizioni imposte nella fase cautelare nel presente procedimento, in cui era sottoposto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
2.2. Con il secondo motivo NOME COGNOME si duole della violazione dell’art. 62-bis cod. pen. e di mancanza e manifesta illogicità · della motivazione in relazione all’omesso riconoscimento dele attenuanti generiche, che erano state invocate sia all’esito del dibattimento di primo grado che nell’atto di appello.
Si richiama il ragionamento svolto dalla Corte di appello, che ha ritenuto l’imputato non meritevole del beneficio – testualmente (p. 2) – essendo rimasto «assente nel corso del procedimento, avvalendosi della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio di convalida e non offrendo elementi conoscitivi di sorta atti a consentire una più benevola valutazione della sua posizione».
Si tratterebbe di un’affermazione illegittima, in netto contrasto con il diritto difendersi anche tacendo e non esistendo nell’ordinamento il divieto di concessione delle attenuanti generiche a chi non confessi. Si citano precedenti di legittimità stimati pertinenti (Sez. 5, n. 32422 del 24/09/2020, COGNOME, Rv. 279778; Sez. 3, n. 50565 del 29/10/2015, COGNOME, Rv. 265592).
Nel merito, la Difesa aveva già sottolineato nell’atto di appello la risalenza nel tempo, a circa dieci anni prima, del precedente, non specifico e commesso appena maggiorenne, la avvenuta espiazione della pena allora inflitta, l’esclusione nel presente procedimento dell’aggravante della recidiva, non apparendo – come si legge alla p. 2 della decisione di primo grado – il precedente sintomatico di maggiore capacità a delinquere, la condotta di vita successiva e anche avere avuto nella prima fase del processo l’intenzione, poi non realizzata, di definire il processo ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
Si chiede l’annullamento della sentenza impugnata.
Il processo, inizialmente fissato innanzi a Sez. 7, con ordinanza del 10 luglio 2023, è stato trasmesso a Sez. 4 per la trattazione in pubblica udienza.
Il P.G. nella requisitoria scritta del 2 novembre 2023 ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Con memoria dell’8 novembre 2023 la Difesa dell’imputato ha ribadito le richieste già rassegnate, insistendo per l’annullamento della sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e deve essere accolto, per le seguenti ragioni.
Quanto al primo motivo, la Corte di appello ha escluso l’applicabilità della pena sospesa ritenendo ostativa la previsione dell’art. 164, comma 2, num. 1, cod. pen.
L’art. 164, comma 2, num. 1, cod. pen. recita: «La sospensione condizionale della pena non può essere concessa: 1) a chi ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, anche se è intervenuta la riabilitazione, né al delinquente abituale o contravventore abituale o professionale».
L’interpretazione fatta propria dalla Corte territoriale, tuttavia, non è in linea con il principio di diritto, cui va data continuità, principio peral espressamente invocato nel ricorso, secondo il quale «La presenza di una precedente condanna a pena non sospesa non impedisce la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena in sede di nuova condanna intervenuta in epoca successiva alla prima, purché la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la condanna precedente, non superi il limite previsto dall’art. 163 cod. pen.» (Sez. 1, n. 30729 del 17/07/2013, COGNOME, Rv. 2562056, nella cui motivazione, alla p. 2, si legge che «Giusta la sentenza della C. Cost. n. 95 del 1976 (citata anche dal ricorrente) “il significato dell’art. 164, ult. co ., c.p., risultante dall’art. 12 D.L. 11/4/74, n. 99, è rimasto immutato nonostante gli emendamenti apportati in sede di conversione con la L. 7/6/74, n. 220. La disciplina risultante dal predetto art. 164 c.p., prevedendo che chi ha subito una precedente condanna a pena detentiva per delitto possa fruire della sospensione condizionale della pena solo se l’esecuzione della prima è stata sospesa, determina un’irragionevole disparità di trattamento lesiva del principio di uguaglianza in danno di coloro che hanno già subito una condanna a pena detentiva per delitto senza però fruire del beneficio stesso. Ve pertanto dichiarata l’illegittimità costituzional dell’art. 164, uit. co ., c.p. (così modificato dall’art. 12 del D.L. 11/4/74, n. 99, convertito in L. 7/6/74, n. 220) nella parte in cui non consente la concessione della sospensione condizionale della pena a chi ha già riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto non sospesa, qualora la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la condanna precedente non superi i limiti stabiliti dall’art. 163 c.p.”»).
Donde l’accoglimento del primo motivo.
3. Anche il secondo motivo è fondato.
Infatti, la Corte di appello ha ritenuto l’imputato non meritevole del beneficio, essendo lo stesso rimasto «assente nel corso del procedimento, avvalendosi della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio di convalida e non offrendo elementi conoscitivi di sorta atti a consentire una più benevola valutazione della sua posizione» (così alla p. 2 della sentenza impugnata).
Il ricorrente invoca il – condivisibile – precedente di Sez. 5, n. 32442 del 24/09/2020, COGNOME, Rv. 279778, secondo cui «In tema di circostanze attenuanti generiche, se la confessione dell’imputato, tanto più se spontanea e indicativa di uno stato di resipiscenza, può essere valutata come elemento favorevole ai fini della concessione del beneficio, di contro la protesta d’innocenza o la scelta di rimanere in silenzio o non collaborare con l’autorità giudiziaria, pur di fronte all’evidenza delle prove di colpevolezza, non può essere assunta, da sola, come elemento decisivo sfavorevole, non esistendo nel vigente ordinamento un principio giuridico per cui le attenuanti generiche debbano essere negate all’imputato che non confessi di aver commesso il fatto, quale che sia l’efficacia delle prove di reità».
A parte, quindi, il riferimento alla mancata confessione, che non può acquistare rilevanza nella prospettiva in questione, si osserva che la Difesa aveva introdotto nell’atto di appello (pp. 9 e ss.) le circostanze fattuali dell risalenza nel tempo (circa dieci anni prima) del precedente, non specifico, della commissione dello stesso da parte di persona appena maggiorenne, della avvenuta espiazione della pena suo tempo inflitta, della espressa esclusione della recidiva, della condotta di vita successiva ai fatti, circostanze sulle quali l Corte di appello non si è pronunziata, essendosi limitata ad affermare (alla p. 2), sulla falsariga della motivazione del Tribunale (alla p. 3), che l’imputato non avrebbe introdotto elementi favorevoli. Anche sotto tale profilo, si impone una nuova valutazione da parte dei Giudici di merito.
Consegue, dunque, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alle questioni concernenti la sospensione condizionale della pena e le circostanze attenuanti generiche.
n
U –
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle questioni concernenti la sospensione condizionale della pena e le attenuanti generiche e rinvia su de punti ad altra Sezione della Corte d’appello di Roma.
Così deciso il 23/11/2023.