Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2751 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2751 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato ad Alba il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 25/05/2023 della Corte di appello di Torino letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIOCOGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il provvedimento di cui in epigrafe la Corte distrettuale di Torino ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso il decreto emesso dal Tribunale con il quale gli è stata applicata la misura della sorveglianza speciale di P.S., con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per tre anni, con le relative prescrizioni e l’imposizione della cauzione.
Avverso detto decreto propone ricorso il difensore di NOME COGNOME con un unico motivo.
Violazione di legge per omessa o apparente motivazione in relazione agli artt. 1, comma 1, lett. b) e 4, comma 1, lett. c) d. Igs. n. 159 del 2011 in quanto il provvedimento impugnato, in violazione della giurisprudenza di legittimità e della Corte europea dei diritti umani, non ha operato la necessaria analisi comparativa tra redditi e livello di spesa del proposto, ritenendo irrilevante l’acquisizione d elementi di fatto sul suo tenore di vita per desumerne che viva, anche in parte, grazie ai proventi delittuosi, considerando peraltro che il ricorrente è stato detenuto dal 2010 al 2016 e che non ha commesso reati tra il 2010 ed il 2021.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e formulato per motivi non consentiti.
Premesso che il perimetro del controllo affidato alla Corte di cassazione in materia di misure di prevenzione, personali o reali, è delimitato entro la violazione di legge, così dovendosi escludere dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi del vizio di motivazione previsto dall’art. 606, comma 1, lett e), cod. proc. pen., restando salva la sola denuncia della motivazione inesistente o meramente apparente poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246), la censura del ricorso riguarda l’errata argomentazione sul tenore di vita di NOME COGNOME quale presupposto soggettivo per l’applicazione della misura di prevenzione personale.
La Corte di appello ha fornito, innanzitutto, tutti gli elementi di fatto da cui desumere la pericolosità generica del ricorrente, inquadrandolo nella categoria di cui all’art. 1, comma 1, lett. b) d. Igs. n. 159 del 2011.
Infatti, il provvedimento impugnato non solo ha illustrato tutte le condotte delittuose ritenute rilevanti, anche rinviando al decreto di primo grado, ma ne ha accertato la loro continuità e progressione criminosa negli anni 2021-2022 (pag. 9), richiamando il contenuto delle intercettazioni del 2022 e la stabilità dei legami del proposto con NOME COGNOME, soggetto di elevata caratura delinquenziale (pagg. 7-9), tanto da rendere recessivi gli argomenti difensivi circa la mancata commissione di reati sino al 2021 e il protratto stato detentivo cessato nel 2016.
Quanto allo specifico motivo di ricorso relativo al tenore di vita del proposto, la Corte distrettuale, con argomenti completi e logici, ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza in materia, nella prospettiva del rispetto dei canoni costituzionali e convenzionali (Corte cost. n. 24 del 2019 § 11.2 e § 12.2.), secondo cui, ai fini del giudizio di pericolosità generica l’accertamento del «tenore di vita» del proposto costituisce un indicatore di cui tenere conto per ricostruirne le capacità economiche, sempre sulla base di «precisi elementi di fatto» (che possono essere costituiti dal possesso di beni, dalle spese necessarie al godimento e all’utilizzo di essi, dalla propensione a specifiche categorie di consumi) volti ad apprezzare l’incidenza dei proventi delle attività delittuose nel costituire fonte di sostentamento del proposto (Sez. 2, n. 13634 del 26/02/2021, Capriati, Rv. 281128).
La Corte d’appello di Torino motiva ampiamente sugli elementi fattuali relativi al «tenore di vita» da valutare ai fini del giudizio di pericolosità, ritenendo, da un lato, che «i dati acquisiti in merito ai redditi percepiti e alla composizione del nucleo familiare sono più che eloquenti nel senso di una situazione reddituale al di sotto della soglia di povertà» e indicando, dall’altro lato, sia le attività lavorative svol da RAGIONE_SOCIALE e dai suoi familiari, che i redditi percepiti tra il 2015 e il 2021, oscill tra C 2.452 e C 8.389 annui (pari ad C 204-699 mensili), palesemente insufficienti a far fronte al mantenimento di un nucleo familiare di 4 persone, di cui moglie e figli non percettori di redditi.
In tal modo il provvedimento impugnato desume in termini logici ed inequivoci come i proventi delle attività delittuose del ricorrente abbiano costituito fonte di sostentamento del ricorrente e della sua famiglia.
Sulla base delle sopra esposte considerazioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 novembre 2023
La AVV_NOTAIO estensora