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Sorveglianza speciale: stop senza nuova valutazione

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per violazione della sorveglianza speciale. La decisione si fonda sul principio, rafforzato da una recente sentenza della Corte Costituzionale, secondo cui dopo un periodo di detenzione, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale non può essere riattivata automaticamente. È necessaria una nuova e specifica valutazione della pericolosità sociale del soggetto. In assenza di tale verifica, le prescrizioni non sono efficaci e la loro violazione non costituisce reato.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza Speciale: Obbligatoria la Nuova Valutazione di Pericolosità Dopo la Detenzione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in materia di sorveglianza speciale: dopo un periodo di detenzione, la misura non torna automaticamente in vigore. È sempre necessaria una nuova valutazione della pericolosità sociale del soggetto da parte del Tribunale. In assenza di questo passaggio, le prescrizioni imposte non hanno effetto e la loro violazione non può essere considerata un reato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. La Corte d’Appello lo aveva condannato per aver violato le prescrizioni, in particolare per essere stato trovato in più occasioni in compagnia di soggetti pregiudicati tra il 2018 e il 2020. In primo grado, invece, il Tribunale lo aveva assolto, ritenendo che gli incontri non fossero sufficienti a dimostrare una frequentazione ‘abituale’.

L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali. La seconda, risultata decisiva, riguardava un vizio procedurale: la misura di sorveglianza speciale era stata ripristinata dopo un periodo di sospensione dovuto a una detenzione, ma senza che il Tribunale avesse prima verificato di nuovo la sua attuale pericolosità sociale.

Il Principio di Diritto sulla Sorveglianza Speciale

Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dell’articolo 14, comma 2-ter, del D.Lgs. 159/2011. Questa norma prevede che l’esecuzione della sorveglianza speciale sia sospesa durante il periodo di detenzione del soggetto. Inizialmente, la legge stabiliva che la verifica sulla persistenza della pericolosità sociale dovesse avvenire solo se la detenzione si fosse protratta per almeno due anni.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha evidenziato l’intervento risolutivo della Corte Costituzionale con la sentenza n. 162 del 2024. La Consulta ha dichiarato incostituzionale la parte della norma che limitava la rivalutazione solo ai casi di detenzione superiori ai due anni. Il presupposto, ha spiegato la Corte Costituzionale, è che qualsiasi periodo di trattamento penitenziario, anche breve, ha una funzione rieducativa e può modificare l’attitudine antisociale di una persona. Pertanto, presumere che la pericolosità sociale rimanga immutata è contrario all’articolo 27 della Costituzione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Sulla base di questo nuovo quadro normativo, la Cassazione ha accolto il ricorso. La Corte ha chiarito che, a seguito della pronuncia della Consulta, la misura di prevenzione deve intendersi sospesa non solo durante la detenzione, ma anche dopo, fino a quando il Tribunale non abbia effettuato una nuova e specifica verifica sulla persistenza della pericolosità sociale dell’interessato. Questo vale per qualsiasi periodo di detenzione, a prescindere dalla sua durata.

Nel caso specifico, la misura era stata ripristinata nel 2018 senza questa fondamentale valutazione. Di conseguenza, le prescrizioni ad essa collegate (come il divieto di frequentare pregiudicati) non potevano considerarsi efficaci nel periodo in cui sono avvenute le contestazioni. Se le prescrizioni non erano operative, la loro violazione non può costituire reato.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna senza rinvio, con la formula “perché il fatto non sussiste”. Questa decisione ha un’implicazione pratica di enorme portata: le autorità giudiziarie non possono riattivare automaticamente una misura di sorveglianza speciale dopo la scarcerazione di un individuo. È sempre obbligatorio un nuovo vaglio giurisdizionale che accerti se quella persona sia ancora socialmente pericolosa. Senza questo accertamento, la misura resta sospesa e l’individuo non può essere punito per non aver rispettato obblighi che, di fatto, non erano ancora giuridicamente validi.

Quando viene sospesa la sorveglianza speciale?
La sorveglianza speciale è sospesa per legge durante tutto il tempo in cui la persona interessata è sottoposta a detenzione per l’espiazione di una pena.

Cosa succede alla sorveglianza speciale dopo la fine della detenzione?
Dopo la scarcerazione, la misura rimane sospesa fino a quando il Tribunale competente non effettua una nuova valutazione per verificare se la pericolosità sociale del soggetto persiste. Solo dopo una valutazione positiva, la misura e le relative prescrizioni tornano ad essere efficaci.

Si può essere condannati per violazione della sorveglianza speciale se non c’è stata una nuova valutazione della pericolosità dopo la detenzione?
No. Come chiarito dalla sentenza, se manca la nuova valutazione della pericolosità sociale post-detenzione, la misura si considera ancora sospesa. Di conseguenza, le prescrizioni non sono operative e la loro violazione non costituisce reato, portando all’assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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