Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16470 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16470 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a TERNI il 22/01/1975
avverso la sentenza del 05/04/2024 della CORTE APPELLO di PERUGIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che bra cerreftiso okieciencte
Il P.G. conclude chiedendo l’annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste.
udito il difensore
L’avv. COGNOME NOME conclude chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
NOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia del 5 aprile 2024 con la quale, in riforma della sentenza del Tribunale di Teni del 5 maggio 2022, è stato condannato alla pena di anni uno di reclusione, in ordine al reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, ai sensi dell’art. 75, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, perché l’imputato, quale soggetto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, come da provvedimento del 29 gennaio 2015 del Tribunale di Terni, aveva violato le prescrizioni impostegli; in particolare, tra il novembre 2018 e 15 maggio 2020 era stato rinvenuto in più occasioni in compagnia di soggetti pregiudicati, nonostante lo specifico obbligo di non associarsi abitualmente a persone che hanno subito condanne o che sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza.
Il giudice di primo grado, con sentenza poi appellata dal Procuratore della Repubblica, aveva assolto l’imputato, evidenziando come l’episodio del 15 maggio 2020 – nel quale l’imputato era stato sorpreso passeggiare in centro con tale NOME COGNOME, soggetto pregiudicato – non fosse indicativo del fatto che questi avesse frequentato abitualmente soggetti pregiudicati, anche considerando che l’incontro tra i due era stato accertato in una sola ulteriore occasione lontana nel tempo e in circostanze non specificate.
2. Il ricorrente articola due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, denuncia erronea applicazione della legge penale, perché la Corte territoriale avrebbe in maniera errata ritenuto perfezionato il reato in esame, nonostante non vi fosse alcun elemento in forza del quale poter ritenere che l’imputato era stato consapevole dei precedenti penali dei soggetti da lui incontrati o che, in ogni caso, tali incontri fossero stati abituali.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia erronea applicazione della legge penale, perché la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che, alla data del 12 aprile 2018, quando fu ripristinata ad Anselmi la misura di prevenzione dopo essere stata sospesa il 2 marzo 2017 (in seguito all’esecuzione della misura alternativa della detenzione domiciliare), non venne effettuata alcuna verifica in ordine alla persistenza della sua pericolosità sociale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere accolto per la fondatezza del secondo motivo, che ha carattere assorbente rispetto alle ulteriori questioni prospettate.
Giova evidenziare che l’art. 4 legge 17 ottobre 2017 n. 161 ha introdotto nel corpo dell’art. 14 d.lgs. 159 del 2011 i commi 2-bis e 2-ter; con il comma 2-ter è stato previsto che l’esecuzione della sorveglianza speciale resta sospesa durante il tempo in cui l’interessato è sottoposto a detenzione per espiazione di pena, aggiungendo che la verifica della pericolosità avviene ad opera del Tribunale, anche d’ufficio, solo dopo la cessazione dello stato detentivo protrattasi per almeno due anni.
Giova, altresì, evidenziare che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 162 del 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del predetto comma 2-ter limitatamente alle parole «se esso si è protratto per almeno due anni».
Nella motivazione della sentenza, la Corte costituzionale ha evidenziato che «la presunzione legislativa in esame muove – come correttamente rileva il rimettente – dal non condivisiblle presupposto che un trattamento penitenziario in ipotesi protrattosi fino a due anni sia radicalmente inidoneo a modificare l’attitudine antisociale di chi vi è sottoposto. Se ritenuto corretto, un simi presupposto varrebbe a determinare di per sé l’incompatibilità con l’art. 27, terzo comma, Cost. di tutte le pene detentive di breve durata (…). Pur nella consapevolezza dei molti ostacoli di ordine fattuale che si frappongono alla realizzazione dell’obiettivo costituzionalmente imposto dall’art. 27, terzo comma, Cost., l’ordinamento non può invece che muovere dalla premessa della idoneità anche delle pene detentive di durata non superiore ai due anni a svolgere una funzione rieducativa nei confronti del condannato. Il che impone, per ovvie ragioni di coerenza rispetto a quella premessa, di lasciare aperta la porta a una verifica caso per caso se questo risultato sia stato raggiunto, o se invece persista, nonostante l’avvenuta espiazione della pena, una situazione di pericolosità sociale dell’interessato, che deve ancora essere contrastata mediante l’effettiva esecuzione della misura precedentemente disposta».
In sintesi, a seguito della sopra indicata ablazione all’art. 14, comma 2-ter, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, in materia di misure di prevenzione, alla cessazione dell’esecuzione della pena detentiva, in costanza della quale la misura di prevenzione era stata sospesa, tale misura deve intendersi ancora sospesa sino a quando il Tribunale, anche d’ufficio, avrà verificato la persistenza della pericolosità sociale dell’interessato; pertanto, sino a quel momento, le prescrizioni imposte con la misura di prevenzione non potranno avere effetto nei suoi confronti.
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In forza di quanto sopra, il Collegio ritiene che le condotte di cui al capo di imputazione non siano idonee a perfezionare il reato in esame, in quanto i
comportamenti accertati dai giudici della cognizione sono tutti successivi alla sospensione della misura di prevenzione applicata ad COGNOME dal Tribunale di
Terni con provvedimento del 29 gennaio 2015.
Nel caso di specie, infatti, la misura di prevenzione era stata sospesa in data
2 marzo 2017 per l’esecuzione della misura alternativa della detenzione domiciliare e, successivamente, era stata riattivata il 12 aprile 2018 in assenza
della verifica della persistenza della pericolosità sociale di COGNOME.
Il Collegio, quindi, ritiene che, in applicazione del principio di diritto sop indicato, la misura di prevenzione in esame doveva intendersi sospesa e mai
riattivata sin dal 2 marzo 2017; pertanto, le prescrizioni che la Corte di appello ha ritenuto che COGNOME aveva violato, in quanto successive a tale data, non
potevano, in realtà, avere effetto nei suoi confronti.
2. Alla stregua delle considerazioni sopra espresse ed alla luce del disposto di cui all’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen., ritenendo che la Corte possa decidere senza che si prospetti necessario un rinvio alla Corte di appello di Perugia, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste. Così deciso il 09/01/2025