Sorveglianza Speciale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in sede di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Il caso in esame riguarda la violazione delle prescrizioni della sorveglianza speciale, una misura che limita la libertà personale di soggetti ritenuti socialmente pericolosi, e offre uno spunto chiaro sui limiti dell’impugnazione davanti alla Suprema Corte.
Il caso: violazione dell’obbligo di soggiorno
Al centro della vicenda vi è un individuo sottoposto alla misura della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza, con l’obbligo di risiedere in un determinato comune (che chiameremo Comune A). A questa persona era stata concessa un’autorizzazione a recarsi in un’altra città (Comune B) per seguire un trattamento terapeutico presso un servizio per le dipendenze, ma con un vincolo orario preciso: dalle 8:00 alle 13:00.
Tuttavia, alle ore 16:00 dello stesso giorno, l’uomo si trovava ancora nel Comune B, violando così palesemente le prescrizioni imposte. Sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano concordemente ritenuto la sua presenza ingiustificata, confermando la sua responsabilità per la violazione commessa.
I motivi del ricorso: una difesa basata sui fatti
L’interessato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo l’impossibilità di rientrare tempestivamente nel Comune A. La sua difesa si basava su presunti travisamenti delle prove e sulla durata del trattamento terapeutico, elementi che, a suo dire, avrebbero giustificato il ritardo. In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di riesaminare le circostanze di fatto per giungere a una conclusione diversa da quella dei giudici di merito.
Le motivazioni della Corte di Cassazione sulla sorveglianza speciale
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e in linea con il suo consolidato orientamento. I giudici hanno sottolineato come i motivi del ricorso non fossero altro che una pedissequa riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e respinte in appello. La Corte d’Appello aveva già valutato la situazione, concludendo, con un ragionamento logico e non contraddittorio, che la permanenza nel Comune B fino alle 16:00 era ingiustificata.
La Cassazione ha chiarito che il suo ruolo non è quello di rivalutare le prove o di sostituire il proprio apprezzamento dei fatti a quello dei giudici di merito. Il giudizio di legittimità serve a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione, non a ricostruire la vicenda. Sollecitare la Corte a riconsiderare l’impossibilità del rientro o la durata del trattamento significa chiederle di compiere un’analisi fattuale che esula dalle sue competenze.
Conclusioni: i limiti del ricorso in Cassazione
L’ordinanza conferma un principio cardine: non si può utilizzare il ricorso in Cassazione come un’ulteriore istanza per discutere i fatti del processo. Se le motivazioni della sentenza d’appello sono logiche e prive di vizi giuridici, la valutazione del merito è definitiva. La conseguenza di un ricorso che non rispetta questi limiti è la declaratoria di inammissibilità, che comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Non può riesaminare le prove o ricostruire i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il caso nel merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una somma di tremila euro.
Quali sono le conseguenze della violazione delle prescrizioni della sorveglianza speciale?
La violazione delle prescrizioni imposte con la misura della sorveglianza speciale costituisce un reato. In questo caso, la permanenza ingiustificata al di fuori del comune di soggiorno obbligatorio, oltre l’orario autorizzato, ha portato alla conferma della responsabilità penale da parte dei giudici di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26739 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26739 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PENNE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata.
Rilevato che i tre motivi dedotti da NOME COGNOME a sostegno dell’impugnazione, scrutinabili congiuntamente in ragione della connessione logica delle questioni poste, non superano il vaglio di ammissibilità perché contestano, reiterando pedissequamente le censure già dedotte nell’atto di appello, l’accertamento di fatto cui sono concordemente pervenuti i giudici del merito in ordine alla violazione delle prescrizioni imposte dal provvedimento di applicazione della sorveglianza speciale di PS.
Alla Corte di appello che, con argomenti nient’affatto illogici o contraddittori, ha desunto la violazione della prescrizione di non allontanarsi dal comune in cui era fissato l’obbligo di soggiorno (Penne), salva l’autorizzazione a recarsi presso il Ser.d., ubicato a Pescara, dalle 8.00 alle 13.00, dal dato pacifico che COGNOME alle ore 16.00 si trovava ingiustificatamente in quest’ultimo comune, il ricorrente continua ad opporre, con l’indicazione invero non chiara di travisamenti delle evidenze probatorie, l’impossibilità di ritornare più sollecitamente a Penne, anche tenuto conto della durata del trattamento presso il Ser.d. In tal modo, il ricorrente finisce, però, per sollecitare a questa Corte apprezzamenti estranei al giudizio di legittimità.
Rilevato che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.