Sorveglianza Speciale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato il tema della violazione degli obblighi derivanti dalla sorveglianza speciale, confermando la decisione dei giudici di merito. Questo caso offre spunti importanti sulla genericità dei motivi di ricorso e sulla non rivalutabilità dei fatti in sede di legittimità. Vediamo nel dettaglio cosa è successo e quali principi giuridici sono stati ribaditi.
I fatti del caso
Un individuo, già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, veniva condannato sia in primo grado che in appello per aver violato le prescrizioni imposte. Nello specifico, non aveva rispettato gli orari di rientro al proprio domicilio, fissati dalle 20:00 alle 8:00. L’imputato si era giustificato sostenendo di non avere un domicilio vero e proprio e di essersi recato in un pub invece di rimanere nell’area della stazione ferroviaria, luogo da lui indicato come punto di reperibilità.
Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Le sue censure, tuttavia, sono state ritenute generiche e non idonee a scalfire la logicità della decisione impugnata.
L’inammissibilità del ricorso per violazione della sorveglianza speciale
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno osservato che le doglianze del ricorrente non introducevano nuovi elementi di diritto, ma si limitavano a sollecitare una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.
I giudici di merito avevano già ampiamente analizzato e considerato tutti gli aspetti della vicenda, inclusa la questione della mancanza di un domicilio stabile e la consapevolezza dell’imputato di non potersi allontanare dall’area della stazione ferroviaria durante le ore notturne. La scelta di recarsi in un pub, anziché rendersi reperibile nel luogo indicato, è stata interpretata come una chiara violazione degli obblighi imposti.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha evidenziato come il ricorso fosse privo di censure specifiche sulla ricostruzione giuridica della fattispecie di reato. Le argomentazioni presentate erano una mera ripetizione di quelle già disattese nei precedenti gradi di giudizio. La motivazione della sentenza d’appello è stata giudicata logica, coerente e priva di contraddizioni.
Di conseguenza, in assenza di vizi rilevabili, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile. Questa decisione ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che potessero escludere la colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Non è possibile, in questa sede, chiedere ai giudici di rivalutare le prove o di fornire una diversa interpretazione dei fatti. Il ricorso deve basarsi su specifiche violazioni di legge o su vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. In caso contrario, come avvenuto in questa vicenda relativa alla sorveglianza speciale, l’esito è l’inammissibilità, con ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente.
Cosa succede se si violano gli obblighi della sorveglianza speciale?
Si commette il reato previsto dall’art. 75 del d.lgs. 159/2011, che comporta una condanna penale, come avvenuto nel caso di specie per il mancato rispetto degli orari di rientro al domicilio.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché le censure erano generiche, si limitavano a chiedere una nuova valutazione dei fatti già esaminati dai giudici di merito e non indicavano specifiche violazioni di legge o vizi logici nella motivazione della sentenza d’appello.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver adito la Corte senza fondati motivi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46897 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46897 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il 13/01/1978
avverso la sentenza del 06/02/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata con la quale la Corte di appello di Catanzaro ha confermato quella di primo grado con la quale NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 75 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 per avere contravvenuto agli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale con l’obbligo di soggiorno non rispettando gli orari di rientro al proprio domicilio;
letti i motivi del ricorso con i quali sono stati eccepiti, con unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione;
rilevato che:
le censure, genericamente articolate, si risolvono nell’istanza di rivalutazione di profili fattuali adeguatamente esaminati dai giudici di merito che hanno già preso in considerazione l’aspetto dell’assenza di un domicilio vero e proprio e della consapevolezza dell’imputato di non potersi allontanare dall’area della stazione ferroviaria dalle 20.00 alle 8.00;
alcun profilo di contraddittorietà è dato rinvenire nella motivazione della sentenza censurata sulla base di considerazioni che reiterano argomentazioni disattese anche con riguardo alle ragioni che hanno determinato l’imputato a recarsi in un pub, piuttosto che a rendersi reperibile nel luogo da egli stesso indicato;
peraltro, il ricorso non contiene alcuna censura su aspetti più strettamente riguardanti la ricostruzione, in diritto, della fattispecie di reato ritenut sussistente dalle convergenti sentenze di merito;
considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14/11/2024