Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10203 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10203 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Limbadi il 10/09/1961
avverso la sentenza del 27/06/2024 della Corte di appello di Catanzaro dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME letta la memoria fatta pervenire, a mezzo p.e.c. in data 8 gennaio 2025, dalla difesa, avv. F. COGNOME
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la condanna, resa dal Tribunale di Vibo Valentia, in data 17 giugno 2021, nei confronti di NOME COGNOME alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione, per i reati di cui agli artt. 81 cod. pen., 9 legge n. 1423 del 1956, ritenuta la continuazione e la contestata recidiva reiterata e infraquinquennale, con assoluzione soltanto dalle condotte accertate il 22 dicembre 2011 e il 28 maggio 2012.
Considerato che i motivi proposti dalla difesa, avv. NOME COGNOME (inosservanza ed erronea applicazione di legge penale in relazione agli artt. 9 legge n. 1423 del 1956 e 75 comma 2 d. Igs. n. 159 del 2011, vizio di motivazione – primo motivo; vizio di motivazione in relazione all’art. 157 cod. pen. – secondo motivo), pur alla luce delle ulteriori argomentazioni svolte nella memoria depositata in data 8 gennaio 2025, devolvono doglianze manifestamente infondate, perché in contrasto con pacifici enunciati ermeneutici e con il dato normativo.
Ritenuto, infatti, quanto alla prospettata, automatica nuova sottoposizione a misura dopo il lungo periodo di carcerazione subito da COGNOME senza il riesame della pericolosità previsto a seguito dell’intervento della Corte costituzionale n. 291 del 2013, che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha affermato, in materia di sorveglianza speciale, che la valutazione della sussistenza dei presupposti del reato di cui all’art. 9, comma 1, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, non può essere effettuata alla luce dell’integrazione del quadro normativo risultante dall’intervento di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 291 del 2013 (che ha introdotto la necessità di rivalutazione della pericolosità sociale del sottoposto nell’ipotesi di sospensione della misura causata dallo stato detentivo del medesimo) qualora – come nel caso al vaglio – l’esecuzione della misura stessa sia cessata in epoca antecedente alla suddetta pronuncia o, comunque, se la risottoposizione alla misura di prevenzione e la violazione contestata siano avvenute prima dell’intervento della pronuncia di incostituzionalità (Sez. 1, n. 42703 del 13/09/2019, Terlizzi, Rv. 277230 – 01; Sez. 1, n. 36583 del 28/03/2017, COGNOME, Rv. 271400)
Rilevato, infatti, che nel caso di specie, l’indicata pronuncia del Giudice delle leggi, per la sua “valenza direttamente procedimentale”, non può esplicare effetti immediati e diretti sulla vicenda posto che per Mancuso gli obblighi scaturenti dalla misura della sorveglianza speciale devono essere individuati in relazione allo statuto normativo vigente al tempo della sottoposizione effettiva alla misura stessa, tenuto conto che il decreto originario risale al 10 gennaio 2005, con esecuzione sospesa e risottoposizione avvenuta il 22 gennaio 2011, quindi in epoca precedente alla pronuncia di incostituzionalità citata.
Reputato, quanto al divieto di associarsi a pregiudicati, che questo è stato ritenuto violato, con ragionamento ineccepibile, in quanto è stato accertato sia un numero apprezzabile di contatti (tre nella specie), sia la circostanza che detti incontri riguardano sempre lo stesso pregiudicato e che i due, in una occasione, erano stati sopresi mentre uscivano dall’abitazione dell’imputato e, in un’altra circostanza, mentre sopraggiungevano e si allontanavano, sempre assieme, da un distributore di benzina, a dimostrazione dell’abituale, prolungata e non occasionale frequentazione.
Ritenuto, quindi, il ragionamento svolto in linea con la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1,n. 14149 del 20/02/2020, Rv. 278942 – 01Sez. 1, n. 53403 del 10/10/2017, Iurlaro, Rv. 271902 – 01) immune da illogicità manifesta e non censurabile, quindi, nella presente sede.
Considerato, GLYPH infine, GLYPH manifestamente infondato il GLYPH motivo relativo all’intervenuta prescrizione dei reati, tenuto conto della data della prima violazione, risalente al giorno 11 aprile 2011, della data della sentenza di secondo grado e di quella di primo grado, dovendosi considerare l’incidenza della recidiva reiterata e specifica (riconosciuta dal primo giudice) non soltanto per la determinazione del termine ordinario di prescrizione (così aumentando detto termine ad anni dodici e mesi sei, tenuto conto del massimo della pena edittale di anni sette e mesi sei prevista per il reato contestato), ma anche in relazione al termine massimo, da calcolare ex artt. 157 e 161 cod. pen., per essere intervenuta, entro il termine ordinario, una causa interruttiva del corso della prescrizione (sentenza di primo grado del 17 giugno 2021), con aumento di ulteriori due terzi della pena base; sicché tale termine massimo non era decorso alla data di emissione della sentenza di secondo grado.
Ritenuto che segue l’inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali, nonché, tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,l’onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo, considerati i motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 30 gennaio 2025 Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente