Sorveglianza Speciale: Quando le Mappe Online Non Bastano in Cassazione
L’obbligo di soggiorno imposto dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale è una limitazione severa della libertà personale, la cui violazione comporta conseguenze penali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in sede di legittimità, chiarendo che non è possibile utilizzare questo strumento per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, neanche con l’ausilio di prove apparentemente oggettive come le mappe online.
I Fatti del Caso: La Violazione dell’Obbligo di Soggiorno
Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel proprio comune di residenza. La persona veniva fermata e controllata presso un distributore di benzina che, secondo le forze dell’ordine e i giudici di primo e secondo grado, si trovava in un comune diverso da quello autorizzato.
Di conseguenza, l’individuo veniva condannato per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del D.Lgs. 159/2011, che punisce proprio la violazione delle prescrizioni imposte con la misura di prevenzione. La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado, ritenendo provato l’allontanamento dal comune di residenza sulla base delle prove raccolte, in particolare la testimonianza di un agente.
L’Argomentazione della Difesa e il Ricorso in Cassazione
Contro la sentenza di secondo grado, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo un’erronea applicazione della legge e un vizio di motivazione. L’argomento centrale della difesa era che il distributore di benzina, luogo del controllo, ricadeva in realtà nel territorio del comune di residenza. A sostegno di questa tesi, il ricorrente aveva allegato all’atto di gravame le coordinate geografiche estrapolate da un noto servizio di mappe online.
L’obiettivo era chiaro: dimostrare che i giudici di merito avevano commesso un errore di fatto nel localizzare il luogo del presunto reato, e che quindi non vi era stata alcuna violazione della sorveglianza speciale.
La Decisione della Cassazione: I Limiti del Giudizio di Legittimità sulla Sorveglianza Speciale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito.
Il Divieto di Riesame dei Fatti
I giudici supremi hanno sottolineato che l’argomento difensivo, basato sulle coordinate geografiche, non mirava a contestare la logicità o la coerenza della motivazione della sentenza d’appello, ma a contrapporre una diversa ricostruzione dei fatti. In altre parole, la difesa chiedeva alla Cassazione di riesaminare le prove (la testimonianza dell’agente contro le mappe online) per giungere a una conclusione diversa. Questo tipo di valutazione è precluso alla Corte di Cassazione, il cui compito è solo quello di verificare che il giudice di merito abbia applicato correttamente la legge e abbia motivato la sua decisione in modo logico e non contraddittorio.
Le motivazioni
La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta “ineccepibile” perché fondata su elementi probatori precisi, come la deposizione testimoniale dell’operante che aveva effettuato il controllo. Il tentativo del ricorrente di introdurre nuove prove fattuali in sede di legittimità è stato giudicato come un confronto diretto con le prove già valutate, e non come una censura alla struttura logica della motivazione. Inoltre, la Corte ha specificato che, per contestare un presunto errore di percezione di una prova da parte del giudice, la difesa avrebbe dovuto denunciare specificamente un “vizio di travisamento della prova”, cosa che non è avvenuta validamente nel caso di specie. L’inammissibilità del ricorso ha quindi comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove poter ridiscutere l’intera vicenda. Le prove e i fatti vengono cristallizzati nei primi due gradi di giudizio. In sede di legittimità, si può contestare solo il “come” il giudice ha ragionato e applicato la legge, non il “cosa” ha accertato. Anche prove apparentemente inconfutabili come i dati di un GPS o di una mappa online non possono essere introdotte per la prima volta in Cassazione per ottenere una nuova valutazione dei fatti. La strategia difensiva deve essere impostata correttamente sin dall’inizio, concentrando le argomentazioni fattuali nei gradi di merito.
È possibile contestare una condanna per violazione della sorveglianza speciale presentando in Cassazione prove fattuali come le coordinate di una mappa online?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che presentare prove fattuali, come le coordinate estrapolate da mappe online, costituisce un tentativo di riesaminare il merito della questione, operazione non consentita in sede di legittimità. Tale argomento si confronta con le prove già valutate dai giudici, non con la logicità della motivazione della sentenza.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base al provvedimento, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle Ammende.
Qual è il motivo principale per cui la Corte ha ritenuto corretta la motivazione della Corte d’Appello?
La Corte di Cassazione ha ritenuto “ineccepibile” la motivazione della Corte d’Appello perché si basava su prove legittimamente acquisite, in particolare la deposizione testimoniale di un agente, la quale confermava che il luogo del controllo si trovava in un comune diverso da quello di residenza obbligatoria del soggetto sottoposto a sorveglianza speciale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33890 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33890 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CATANZARO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/02/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la condanna, resa dal Tribunale in sede, nei confronti di NOME COGNOME, in data 8 aprile 2019, alla pena di mesi otto di reclusione, in relazione ai reati di cui agli artt. 75, comma 2, d. Igs. n. 159 del 2011, perché, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per anni due, contravveniva agli obblighi allontanandosi da detto comune, in quanto sottoposto a controllo in Tiriolo.
Considerato che i motivi proposti dalla difesa, AVV_NOTAIO (erronea applicazione dell’art. 75, comma 2, d. Igs. n. 159 del 2011 e vizio di motivazione) sono manifestamente infondati e, comunque, inammissibili in sede di legittimità.
Ritenuto, invero, che ineccepibile risulta la motivazione in ordine alla qualificazione della condotta, tenuto conto dell’esito della deposizione testimoniale dell’operante COGNOME (cfr. p. 3 della sentenza di secondo grado) di cui rende conto la pronuncia, secondo la quale il distributore di benzina presso il quale il ricorrente era stato controllato, si trova in comune (Tiriolo) diverso da quello ove il sorvegliato speciale aveva l’obbligo di trattenersi, giustificazione attinta da censura versata in fatto e per asserito vizio di motivazione che non si riscontra dalla lettura del provvedimento impugNOME.
Rilevato, infatti, che il ricorrente evidenzia di aver dimostrato con allegazione all’atto di gravame (coordinate estrapolate da google maps), che il distributore in questione ricade nel comune di Catanzaro, argomento che si confronta con le prove piuttosto che con la motivazione del provvedimento censurato, in assenza di vizio di travisamento denunciato validamente nella presente sede.
Ritenuto che segue l’inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali, nonché (cfr. Corte Cost. n. 186 del 13 giugno 2000), valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo, considerati i motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso, in data 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente