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Sorveglianza speciale: ricorso inammissibile

Un individuo sottoposto a sorveglianza speciale ricorre in Cassazione dopo la condanna per aver violato gli obblighi di orario e di presentazione alle autorità. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, confermando che per integrare il reato è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza di violare le prescrizioni, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza Speciale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’applicazione della misura della sorveglianza speciale comporta una serie di obblighi stringenti per il soggetto che vi è sottoposto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali che regolano la violazione di tali obblighi, chiarendo quando un ricorso contro la condanna è destinato a essere dichiarato inammissibile. Analizziamo il caso e la decisione dei giudici supremi.

I Fatti del Caso: La Violazione Sistematica delle Prescrizioni

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato dalla Corte d’Appello per aver violato in più occasioni le prescrizioni imposte dalla misura di sorveglianza speciale. Nello specifico, gli veniva contestato di:

* Non aver rispettato l’obbligo di rincasare entro le ore 21:00 e di non uscire prima delle 7:00.
* Non aver adempiuto all’obbligo di presentarsi presso la stazione dei Carabinieri nei giorni e negli orari stabiliti (mercoledì e venerdì alle 9:00).

L’imputato, invece di contestare nel merito le specifiche prove a suo carico, ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su argomentazioni ritenute dai giudici non pertinenti rispetto alla struttura della sentenza d’appello.

La Decisione della Cassazione e la sorveglianza speciale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali che meritano un’analisi approfondita.

La Questione del Dolo Generico

Il primo punto, fondamentale, riguarda l’elemento soggettivo del reato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: per la sussistenza del delitto di violazione degli obblighi della sorveglianza speciale è sufficiente il dolo generico. Questo significa che non è necessario dimostrare un fine o un motivo particolare dietro la violazione. È sufficiente che il soggetto sia consapevole degli obblighi a suo carico e scelga coscientemente di non rispettarli. Qualsiasi finalità ulteriore che possa aver motivato la condotta è irrilevante ai fini della responsabilità penale.

La Mancata Contestazione della Sentenza d’Appello

Il secondo motivo di inammissibilità risiede nel modo in cui è stato formulato il ricorso. Secondo la Cassazione, il ricorrente non si è confrontato adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva chiaramente e logicamente spiegato le ragioni della condanna, basandosi sulla documentazione dei Carabinieri che attestava le ripetute violazioni. Il ricorso, invece di individuare vizi logici o errori giuridici nel ragionamento dei giudici di secondo grado, si è limitato a riproporre argomenti generici, senza scalfire la solidità dell’impianto accusatorio confermato in appello. In pratica, il ricorso non ha attaccato le fondamenta della decisione precedente, rendendosi così manifestamente infondato.

Le Motivazioni: Perché il ricorso è stato respinto

La motivazione della Cassazione è netta: il ricorso è inammissibile perché non affronta le ragioni specifiche della condanna. La Corte d’Appello aveva accertato in modo ineccepibile che l’imputato, in più date, aveva violato sia l’obbligo di permanenza domiciliare notturna sia quello di presentazione periodica alle forze dell’ordine. Questi reati, peraltro, sono stati considerati autonomi tra loro. Di fronte a una motivazione così chiara e ben argomentata, il ricorrente avrebbe dovuto sollevare critiche puntuali, dimostrando, ad esempio, un errore nella valutazione delle prove o un’errata applicazione della legge. Non avendolo fatto, il suo ricorso si è rivelato sterile. La Suprema Corte ha concluso che non era ravvisabile alcun vizio logico o argomentativo nella decisione impugnata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza conferma che la violazione degli obblighi derivanti dalla sorveglianza speciale è un reato la cui prova si basa sulla semplice constatazione dell’inadempimento, unito alla consapevolezza di quest’ultimo. Chi intende impugnare una condanna per tale reato deve strutturare un ricorso che contesti specificamente la logicità e la correttezza giuridica della sentenza di grado inferiore, non potendosi limitare a generiche doglianze. La pronuncia ribadisce inoltre le gravi conseguenze di un ricorso inammissibile: oltre al pagamento delle spese processuali, il ricorrente è stato condannato al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver proposto un’impugnazione senza fondamento.

Cosa serve per configurare il reato di violazione degli obblighi di sorveglianza speciale?
Per configurare il reato è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza degli obblighi da adempiere e la cosciente volontà di violarli. Non sono rilevanti le finalità specifiche che hanno determinato la condotta.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non si è confrontato adeguatamente con la motivazione della sentenza d’appello, la quale aveva spiegato in modo logico e ineccepibile le ragioni della condanna basandosi sulle prove documentali delle violazioni.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, in questo caso determinata in 3.000,00 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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