Sorveglianza Speciale: Quando un Ricorso Generico Porta a una Condanna Certa
La sorveglianza speciale è una delle misure di prevenzione più incisive previste dal nostro ordinamento, destinata a soggetti ritenuti socialmente pericolosi. La violazione degli obblighi che ne derivano costituisce reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare cosa accade quando si tenta di contestare una condanna con argomenti deboli e non specifici, portando a conseguenze ancora più gravose.
I Fatti del Caso: La Violazione degli Obblighi
Il caso riguarda un individuo già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. Durante questo periodo, le forze dell’ordine hanno effettuato due controlli presso la sua abitazione in orari notturni, nei quali egli aveva l’obbligo di rimanere in casa. In entrambe le occasioni, l’uomo non è stato trovato, violando così le prescrizioni imposte dalla misura.
Per questa violazione, è stato condannato sia in primo grado dal Tribunale che in secondo grado dalla Corte d’Appello.
La Tesi Difensiva e il Ricorso in Cassazione
Nonostante le due sentenze conformi, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione. La sua linea difensiva si basava su un unico punto: la presunta mancanza di prova della sua effettiva sottoposizione alla misura della sorveglianza speciale. In sostanza, egli contestava che l’accusa avesse adeguatamente dimostrato l’esistenza stessa del provvedimento che avrebbe violato.
Le Motivazioni della Cassazione sulla Sorveglianza Speciale
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo “manifestamente infondato”. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse già fornito una motivazione adeguata e priva di vizi logici per confermare la condanna.
La prova della sottoposizione dell’imputato alla misura di prevenzione era stata ampiamente fornita da due elementi chiave:
1. Il certificato del casellario giudiziale: un documento ufficiale che attesta i provvedimenti a carico di un soggetto.
2. La comunicazione di notizia di reato: l’atto con cui i Carabinieri avevano informato l’autorità giudiziaria della violazione.
La Corte ha inoltre evidenziato come il ricorso presentato fosse del tutto generico. L’imputato, infatti, non si è confrontato specificamente con le argomentazioni della sentenza d’appello, ma si è limitato a riproporre una sterile doglianza sulla mancanza di prova, senza contestare la validità e l’efficacia dei documenti prodotti dall’accusa.
Le Conclusioni: Ricorso Inammissibile e Condanna alle Spese
In base a queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione ha comportato due conseguenze negative per il ricorrente:
1. La condanna al pagamento delle spese processuali, come previsto dalla legge in caso di rigetto dell’impugnazione.
2. La condanna al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ulteriore sanzione viene applicata quando il ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, come nel caso di motivi manifestamente infondati. La Corte ha ritenuto che presentare un ricorso così palesemente privo di fondamento costituisse un comportamento colposo.
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: le impugnazioni, specialmente in sede di legittimità, devono essere fondate su motivi specifici e pertinenti, confrontandosi criticamente con la decisione impugnata. Un ricorso generico non solo è destinato al fallimento, ma espone il ricorrente a sanzioni economiche significative.
Per quale motivo il ricorrente è stato condannato?
È stato condannato per aver violato gli obblighi della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, in quanto non è stato trovato in casa durante due controlli delle forze di polizia effettuati in orari in cui non poteva uscire.
Come è stata provata la sottoposizione alla misura della sorveglianza speciale?
La sottoposizione dell’imputato alla misura è stata provata attraverso due documenti: il certificato del casellario giudiziale e la comunicazione di notizia di reato redatta dai Carabinieri.
Qual è stata la conseguenza della presentazione di un ricorso generico e infondato?
La conseguenza è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte della Corte di Cassazione, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’ulteriore somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5455 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5455 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARLETTA il 27/06/1977
avverso la sentenza del 15/02/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Premesso che egli lamenta vizio di motivazione con riferimento alla sentenza della Corte di appello di Bari che ha confermato, nei suoi confronti, il giudizio di pena responsabilità di cui alla sentenza del Tribunale di Trani pronunciata il 5 marzo 2021 (per avere violato gli obblighi inerenti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, non essendo stato trovato in casa in occasione di due controlli delle forze di polizia effettuati, nei giorni 19 e 20 novembre 2018, in orari in cui egli poteva uscirne), in ordine al reato di cui all’art.75, comma 2, d.lgs. 159/2011 contestando la prova della sua sottoposizione alla citata misura;
Considerato, infatti, che la Corte di appello – con motivazione adeguata ed esente da vizi logici – ha evidenziato che la sottoposizione dell’imputato alla sorveglianza special risultava provata dal certificato del casellario e dalla comunicazione di notizia di reato d Carabinieri di Barletta;
Rilevato che il ricorrente non si confronta con tale compiuto ragionamento svolto dalla Corte territoriale limitandosi a dedurre, in modo del tutto generico, la mancanza di prova di tale sottoposizione;
Ritenuto che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2025.