Sorveglianza Speciale: Quando la Sospensione per Detenzione Impone una Nuova Valutazione?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14504 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di misure di prevenzione: l’efficacia della sorveglianza speciale dopo un lungo periodo di sospensione dovuto alla detenzione del soggetto. Questa pronuncia chiarisce in modo netto la differenza tra detenzione per espiazione pena e custodia cautelare, stabilendo quando è obbligatoria una nuova valutazione della pericolosità sociale dell’individuo. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con l’obbligo di non lasciare la propria abitazione in orario notturno, specificamente tra le 20:30 e le 7:00. Durante un controllo effettuato alle 3:15 del mattino, le forze dell’ordine ne accertavano l’assenza, configurando così il reato di violazione degli obblighi inerenti alla misura.
Contro la condanna, l’uomo proponeva ricorso per cassazione, basando la sua difesa su un unico, ma fondamentale, punto: a suo dire, la misura di prevenzione era divenuta inefficace. L’esecuzione della stessa, infatti, era rimasta sospesa per un periodo complessivamente superiore a due anni, a causa sia dell’espiazione di una pena detentiva sia di un periodo di custodia cautelare. Secondo la tesi difensiva, una sospensione così prolungata avrebbe imposto all’autorità giudiziaria di effettuare una nuova e specifica verifica sulla persistenza della sua pericolosità sociale prima di poter considerare la misura nuovamente operativa.
Il Principio della Rivalutazione nella Sorveglianza Speciale
La questione centrale del ricorso verteva sull’interpretazione dell’articolo 14 del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia). Questa norma disciplina proprio i casi in cui l’esecuzione di una misura di prevenzione viene sospesa. La giurisprudenza, in particolare con una pronuncia delle Sezioni Unite, ha stabilito un principio cardine: la rivalutazione della pericolosità sociale si rende necessaria quando il soggetto è stato detenuto per l’espiazione di una pena per un periodo superiore a due anni. In tale ipotesi, la nuova valutazione della pericolosità diventa una vera e propria condizione di efficacia della misura di prevenzione. Se questa verifica non viene effettuata, la misura non può considerarsi attiva e, di conseguenza, la sua violazione non può integrare un reato.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, rigettando completamente la tesi difensiva. I giudici hanno chiarito che l’argomentazione del ricorrente si poneva in palese contrasto sia con il dato normativo sia con la consolidata giurisprudenza di legittimità.
Il punto decisivo della motivazione risiede nella distinzione tra i diversi tipi di detenzione. La Corte ha ribadito che l’obbligo di rivalutare la pericolosità sociale scatta unicamente nel caso di detenzione per ‘espiazione pena’ che si protragga per un periodo ‘ultra biennale’.
Nel caso specifico, il collegio di merito aveva correttamente accertato che il periodo di sospensione dovuto all’espiazione di una pena era stato inferiore ai due anni. La Corte ha inoltre specificato, richiamando un precedente specifico, che il tempo trascorso in ‘misura cautelare custodiale’ non può essere sommato o considerato ai fini del raggiungimento della soglia dei due anni. La custodia cautelare, infatti, ha finalità diverse dall’espiazione di una pena definitiva e non rientra nell’ipotesi prevista dalla legge per far scattare l’obbligo di rivalutazione.
Di conseguenza, non essendosi verificata la condizione legale (detenzione per espiazione pena superiore a due anni), la misura di prevenzione era da considerarsi pienamente efficace al momento della violazione. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile.
Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un importante principio interpretativo: ai fini della continuità di efficacia della sorveglianza speciale, il periodo trascorso in custodia cautelare è irrilevante. Solo una sospensione dell’esecuzione dovuta all’espiazione di una pena definitiva, per una durata superiore a due anni, fa sorgere in capo al giudice l’obbligo di procedere a una nuova valutazione della pericolosità sociale del soggetto. In assenza di tale presupposto, la misura di prevenzione rimane valida e la sua violazione costituisce reato. Questa decisione offre un criterio chiaro per distinguere le situazioni che richiedono un nuovo vaglio giurisdizionale, garantendo certezza nell’applicazione di uno strumento fondamentale per la prevenzione dei reati.
Quando la sorveglianza speciale viene sospesa, è sempre necessaria una nuova valutazione della pericolosità sociale?
No, la rivalutazione della pericolosità sociale si rende necessaria solo quando la sospensione della misura è dovuta all’espiazione di una pena detentiva per un periodo superiore a due anni.
Il periodo trascorso in custodia cautelare conta ai fini del calcolo dei due anni per la rivalutazione della pericolosità?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il tempo trascorso in misura cautelare custodiale non è rilevante per il raggiungimento della soglia dei due anni, la quale si riferisce esclusivamente alla detenzione per espiazione di una pena definitiva.
Cosa succede se si viola la sorveglianza speciale dopo un lungo periodo di detenzione?
Se il periodo di detenzione per espiazione pena non ha superato i due anni, la misura di prevenzione resta pienamente efficace. Pertanto, la sua violazione integra il reato previsto dall’art. 75 del D.Lgs. 159/2011, come nel caso esaminato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14504 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14504 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
a , Herso la sentenza del 16/10/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Visti gli atti e la sentenza impugnata; letti i motivi del ricorso;
rilevato che il ricorrente è stato tratto a giudizio e condanNOME perché, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e tenuto a non lasciare l’abitazione tra le 20:30 e le 7:00, è risultato assente ad un controllo effettuato alle ore 3:15 del 13 novembre 2021;
ritenuto che, con l’unico motivo di ricorso per cassazione, COGNOME lamenta violazione degli artt. 14 e 75 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 nonché vizio di motivazione, per avere il giudice dell’esecuzione ritenuto integrato il reato ascritto in tutti i suoi elementi costitutivi nonostante l’inefficacia del provvedimento genetico di applicazione della misura di prevenzione personale, la cui esecuzione è rimasta sospesa, sia durante l’espiazione della pena detentiva sia nel corso della sottoposizione di COGNOME a misura cautelare custodiale, per un periodo complessivamente superiore ai due anni; ne consegue che l’autorità giudiziaria avrebbe dovuto disporre la necessaria verifica della persistenza della pericolosità sociale dell’interessato, non potendo tale valutazione essere sostituita da una richiesta di aggravamento della misura proveniente dall’organo inquirente;
ritenuto che tale censura è manifestamente infondata in quanto prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità, giacché, ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, la rivalutazione della pericolosità sociale dell’interessato si rende necessaria nel caso di detenzione per espiazione pena ultra biennale; è in tale ipotesi che la nuova verifica di pericolosità rappresenta una condizione di efficacia della misura di prevenzione, in difetto della quale non può configurarsi il reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, previsto dall’art. 75 d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 (Sez. U, n. 51407 del 21/06/2018, Ni., Rv. 273952);
che il collegio, in ossequio al sopraindicato principio, ha correttamente evidenziato che la misura di prevenzione personale è stata sospesa per espiazione pena per un periodo inferiore ai due anni richiesti per la rivalutazione, non assumendo rilievo, a tal fine, la concomitante sottoposizione del prevenuto a misura cautelare custodiale (Sez. 1, n. 29475 del 01/03/2019, Rv. 276806);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 febbraio 2024.