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Sorveglianza speciale: quando si commette reato?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per violazione della sorveglianza speciale. L’uomo era stato trovato fuori dal comune di soggiorno obbligato. La Corte ha stabilito che, per configurare questo reato, è sufficiente un singolo allontanamento abusivo, non essendo necessaria una condotta reiterata. Le giustificazioni addotte dall’imputato sono state ritenute infondate alla luce delle circostanze del suo ritrovamento.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza Speciale: Basta un Solo Allontanamento per il Reato

La misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dello Stato per prevenire la commissione di reati da parte di soggetti ritenuti socialmente pericolosi. Questa misura impone severe restrizioni alla libertà personale, tra cui l’obbligo di risiedere in un comune specifico e di non allontanarsene senza autorizzazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4136/2024) ha fornito un importante chiarimento su quando si possa considerare consumato il reato di violazione di tale obbligo, stabilendo che un singolo episodio è sufficiente.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, con l’obbligo di non allontanarsi dal suo comune di soggiorno designato. Nonostante il divieto, l’uomo veniva trovato in un’altra città, in un appartamento in compagnia di una donna e in possesso di sostanze stupefacenti.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello lo avevano condannato alla pena di un anno, quattro mesi e venti giorni di reclusione per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del D.Lgs. 159/2011, che punisce proprio la violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando due principali obiezioni:
1. Erronea applicazione della legge penale: Secondo la difesa, per configurare il reato non sarebbe sufficiente un singolo allontanamento, ma sarebbe necessaria una condotta abituale o reiterata.
2. Vizio di motivazione: La difesa lamentava una motivazione carente riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche e al riconoscimento della recidiva.

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni. I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati fossero in realtà ‘doglianze in fatto’, ovvero tentativi di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. Inoltre, le censure erano una mera riproposizione di argomenti già correttamente valutati e respinti dai giudici di merito.

La violazione della sorveglianza speciale: Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella chiara interpretazione della norma. La Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: ai fini della consumazione del reato di violazione dell’obbligo di soggiorno, è sufficiente che si verifichi un singolo e abusivo allontanamento dal territorio del comune designato.

La Corte ha spiegato che l’argomento della difesa, che invocava la necessità di una ‘reiterazione delle condotte’, è errato perché si riferisce a una diversa prescrizione. Esiste, infatti, un altro obbligo per il sorvegliato speciale, quello di ‘non associarsi abitualmente a persone che hanno subito condanne’. In quel caso, la legge richiede esplicitamente l’abitualità del comportamento per far scattare il reato. Per la violazione dell’obbligo di soggiorno, invece, la norma non richiede tale abitualità: il singolo atto di trasgressione è di per sé sufficiente a integrare la fattispecie criminosa. Le giustificazioni fornite dall’imputato, come un presunto appuntamento di lavoro, sono state giudicate smentite dalle circostanze concrete del suo ritrovamento.

Conclusioni

Questa pronuncia rafforza la natura e lo scopo della misura della sorveglianza speciale. L’obbligo di soggiorno è una prescrizione rigida, la cui violazione, anche una sola volta, costituisce reato. La decisione sottolinea che le giustificazioni fornite per l’allontanamento devono essere credibili e provate, altrimenti non possono scalfire la realtà dei fatti accertati. Per i soggetti sottoposti a questa misura, l’ordinanza serve come un monito chiaro: ogni allontanamento non autorizzato dal comune di soggiorno comporta immediate conseguenze penali, senza necessità che la violazione diventi un’abitudine.

Per commettere il reato di violazione dell’obbligo di soggiorno è necessario allontanarsi più volte?
No. Secondo la Corte di Cassazione, per la consumazione del reato di cui all’art. 75 del d.lgs. n. 159 del 2011, è sufficiente un singolo e abusivo allontanamento dal territorio del Comune di soggiorno obbligato.

La necessità di una condotta abituale si applica a qualche obbligo della sorveglianza speciale?
Sì, ma non all’obbligo di soggiorno. La legge richiede l’abitualità o la serialità dei comportamenti per la violazione della prescrizione che impone di ‘non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza’.

Cosa significa quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che la Corte non entra nel merito della questione perché il ricorso presenta vizi, come la proposizione di critiche sulla ricostruzione dei fatti (doglianze in fatto) o la semplice riproposizione di motivi già respinti nei gradi precedenti senza una critica specifica alla sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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