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Sorveglianza speciale: quando le frequentazioni sono reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto in sorveglianza speciale, condannato per aver frequentato persone con precedenti. La Corte ha confermato che quattro incontri con otto persone diverse in sei mesi integrano il requisito dell’abitualità, rendendo irrilevanti i legami di parentela e configurando il reato di violazione della sorveglianza speciale.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza Speciale: Quando Frequentare Pregiudicati Diventa Reato

La misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza impone severe restrizioni, tra cui il divieto di associarsi abitualmente a persone con precedenti penali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i contorni del requisito di ‘abitualità’, chiarendo come anche un numero limitato di incontri in un breve arco temporale possa configurare il reato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: La Violazione della Misura di Prevenzione

Il caso esaminato riguarda un individuo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Tra le prescrizioni imposte, vi era il divieto di frequentare soggetti pregiudicati. Tuttavia, nell’arco di meno di sei mesi, l’uomo è stato sorpreso in quattro diverse occasioni in compagnia di otto persone, tutte con condanne a loro carico.

A seguito di questi episodi, è stato tratto a giudizio e condannato per la violazione delle prescrizioni. La difesa ha presentato ricorso, sostenendo che tali frequentazioni non possedessero i caratteri della stabilità e dell’abitualità richiesti dalla norma per integrare il reato.

Il Requisito dell’Abitualità nella Violazione della Sorveglianza Speciale

Il fulcro del dibattito legale si è concentrato sulla definizione di ‘abitualità’. Secondo la difesa del ricorrente, gli incontri erano sporadici e non dimostravano un legame stabile e continuativo. La Corte d’Appello, però, aveva già respinto questa tesi, evidenziando come diversi elementi concorressero a dimostrare il contrario:

* La reiterazione degli incontri: Quattro episodi in un periodo di tempo ristretto (meno di sei mesi).
* Il numero di persone coinvolte: Otto diversi soggetti con precedenti penali.
* L’assenza di giustificazioni: Mancanza di motivi plausibili che potessero spiegare la necessità di tali frequentazioni.
* La disinvoltura: L’atteggiamento del sorvegliato nel violare il divieto.

La Corte d’Appello aveva inoltre specificato che il legame di parentela con uno dei pregiudicati non costituiva una scusante, ma anzi confermava una tendenza alla familiarità associativa con ambienti criminali.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno richiamato la loro giurisprudenza consolidata, secondo cui il reato di violazione della sorveglianza speciale implica una ‘abitualità o serialità di comportamenti’.

La Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello ha correttamente interpretato questo requisito. La combinazione della ripetizione degli incontri in un breve lasso di tempo, il numero elevato di soggetti coinvolti e l’assenza di giustificazioni sono elementi sufficienti per integrare l’abitualità. Non è necessario dimostrare un’associazione quotidiana o un legame indissolubile; è la serialità dei contatti a rilevare. Inoltre, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il rapporto di parentela con un pregiudicato è irrilevante ai fini della configurabilità del reato. Se un sorvegliato speciale ha la necessità, per motivi leciti, di incontrare un familiare con precedenti, deve formulare un’apposita istanza all’autorità giudiziaria per essere autorizzato.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di misure di prevenzione. La decisione chiarisce che il concetto di ‘abitualità’ non va inteso in senso restrittivo, ma deve essere valutato caso per caso, tenendo conto di un insieme di indici fattuali come la frequenza, il numero di persone e il contesto. Per chi è sottoposto a sorveglianza speciale, il messaggio è chiaro: qualsiasi contatto non autorizzato con persone pregiudicate, se ripetuto, può portare a una condanna penale, indipendentemente dalla natura dei rapporti personali, inclusi quelli familiari. La sentenza sottolinea l’importanza di rispettare scrupolosamente le prescrizioni e di utilizzare gli strumenti legali, come le richieste di autorizzazione, per gestire situazioni particolari.

Quanti incontri sono necessari per configurare l’abitualità nella violazione della sorveglianza speciale?
La sentenza non stabilisce un numero preciso, ma chiarisce che quattro incontri con otto persone diverse in meno di sei mesi sono sufficienti a integrare il requisito dell’abitualità, soprattutto in assenza di valide giustificazioni.

Il legame di parentela con una persona pregiudicata giustifica l’incontro per chi è in sorveglianza speciale?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che il rapporto di parentela è irrilevante. La persona sorvegliata, qualora abbia la necessità di incontrare un familiare per motivi leciti, deve richiedere una specifica autorizzazione all’autorità competente.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte della Cassazione?
Comporta la conferma della condanna decisa nei gradi di giudizio precedenti. Il ricorrente viene inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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