Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1830 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1830 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a CATANZARO il 16/01/1990
avverso la sentenza del 23/05/2024 della Corte d’appello di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona dell’Avvocato generale, NOME COGNOME
che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la condanna, resa in data 25 maggio 2022, dal Tribunale di Lamezia Terme, nei confronti di NOME COGNOME alla pena di anni uno e mesi uno di reclusione, in relazione al reato di cui all’art 75, comma 2, d. Igs. n. 159 del 2011, per aver violato il regime della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza (Catanzaro), notificatole in data 18 aprile 2017, violando la prescrizione inerente alla predetta sorveglianza speciale, in quanto sorpresa nel territorio di Lamezia Terme in data 14 settembre 2017.
Avverso la sentenza indicata l’imputata ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, avv. NOME COGNOME denunciando, attraverso i motivi di seguito riassunti, nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. proc. pen., tre vizi.
2.1. Con il primo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 75 d. Igs. n. 159 del 2011 e carenza ed illogicità della motivazione.
Nell’atto di appello non era stata posta in discussione l’insussistenza della consapevolezza delle prescrizioni contenute nel provvedimento impositivo della sorveglianza speciale, ma si deduceva un vizio di valutazione delle ragioni per le quali l’imputata si era trovata al di fuori del Comune nel quale era obbligata a soggiornare e, anzi, la sussistenza di una causa di forza maggiore che la costringeva a spostarsi per usufruire di un servizio al quale non avrebbe potuto fare accesso in caso di permanenza nel Comune di residenza.
Si richiama giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, in relazione alla qualità del dolo richiesto per la configurabilità del reato di trasgressione dell prescrizioni inerenti alla misura della sorveglianza speciale; si sostiene che ove sussista il ragionevole dubbio che la violazione delle prescrizioni sia avvenuta con lo specifico intento di realizzarla con le finalità a cui le prescrizioni sono rivolte deve accedere all’assoluzione.
Nel caso di specie, si rimarca che con l’atto di appello si erano segnalate carenze probatorie per vuoti di memoria del teste escusso, in ordine alle giustificazioni addotte dall’imputata al momento del controllo.
1.2. Con il secondo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., carenza e illogicità della motivazione.
Per considerare la condotta abituale si deve fare riferimento non in via generica, ai precedenti, ma a condotte analoghe a quella oggetto del procedimento, ragionamento che non si rinviene, a parere della ricorrente, nella sentenza impugnata. !
Né viene operata un’espressa considerazione dell’offensività della condotta e della circostanza che l’imputata si trovasse in stato di bisogno.
Inoltre, si deduce che nulla viene esposto in relazione ai comportamenti tenuti successivamente ai fatti, omettendo ogni valutazione necessaria per una completa disamina delle questioni inerenti alla particolare tenuità del fatto, cui il giudice di merito è tenuto ove sia devoluta la questione dell’operatività dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen.
1.3. Con il terzo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 99 cod. pen e carenza e illogicità della motivazione.
L’aumento per la recidiva deriva automaticamente dal mero riscontro formale di una precedente condanna e dall’essere il nuovo reato compreso nell’elenco di cui all’art. 407, comma 2, lett a) cod. proc. pen. Invece, occorre che sia accertato in concreto se in rapporto ai precedenti, il nuovo delitto sia indicativo di una più accentuata consapevolezza o maggiore pericolosità dell’agente. Sicché non ci può essere un mero automatismo sanzionatorio perché questo sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 27 cost.
Quindi, va valorizzato, nella motivazione di merito, il dato criminologico ossia se ed in quale misura la pregressa condotta delittuosa dimostri un’inclinazione a delinquere e in che modo questa abbia influenzato la condotta oggi giudicata.
Tale operazione andrebbe effettuata comparando le pregresse condotte con quella sub iudice, valutando una sintesi tra i parametri di cui all’art. 133 cod. pen. onde verificare se l’imputato sia effettivamente un soggetto specializzato nella commissione di reati cui la misura di prevenzione a lei imposta mirava di prevenire.
2.L’Avvocato generale di questa Corte, P. Gaeta, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso, ai sensi degli ar 614, 611 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 11, commi 2, lettere a), b), c) e 3 del d.l. 29 giugno 2024, n. 89, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 120, in assenza di richiesta di trattazione in pubblica udienza nel termine di legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
1.1. Il primo motivo è inammissibile.
Si tratta di motivo generico che non consente l’effettiva valutazione della sua specificità, quanto alle pretese carenze probatorie circa lo stato di necessità o la forza maggiore in cui l’imputata si sarebbe trovata al momento del controllo.
La censura opera un mero rinvio per relationem a quanto dedotto con l’atto di appello che non viene illustrato.
Invero, la sostanziale riproposizione dei motivi di appello conduce all’aspecificità del ricorso: tale situazione va valutata e ritenuta non solo per l sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel succitato vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., all’inammissibilità della impugnazione (tra le altre, Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, COGNOME, Rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, COGNOME, Rv. 230634).
Del resto, la motivazione circa la forza maggiore viene svolta dalla Corte territoriale (cfr. p. 3) in modo ineccepibile e non risulta contestata, in modo specifico e puntuale, con il motivo di ricorso che, per tale parte, si appalesa generico.
Quanto al dolo richiesto per la configurabilità del reato, è sufficiente osservare che, in tema di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, per integrare il delitto di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 de 2011 è sufficiente il dolo generico, cioè la consapevolezza degli obblighi di adempiere per effetto della condizione di sorvegliato speciale e la cosciente volontà di inadempimento di detti obblighi, a nulla rilevando le finalità che abbiano specificamente ispirato la condotta del sorvegliato speciale (tra le altre, Sez. 1, n. 21284 del 19/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270262).
In linea con tale indirizzo interpretativo, la sentenza tratta dell’elemento soggettivo del reato contestato sottolineando fondatamente l’irrilevanza della finalità a cui è stata coordinata la violazione, una volta che risulti acclarata l consapevolezza e la volontà della condotta incriminata.
1.2. Il secondo motivo è infondato.
Va GLYPH richiamata GLYPH la GLYPH giurisprudenza GLYPH di GLYPH questa GLYPH Corte (Sez. 1, n. 9858 del 24/01/2024, S., Rv. 286154 – 01) secondo la quale, in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l’autore abbia commesso altri reati della stessa indole, per tali intendendosi quelli che, anche se incriminati da norme diverse, presentino caratteri fondamentali comuni, per le circostanze oggettive e le condizioni ambientali nelle quali le azioni sono state compiute, o per i motivi che li hanno determinati (nel precedente richiamato, si è ritenuta abituale la condotta di chi, condannato per il delitto di cui all’art. 75, comma 2, d.l
settembre 2011, n. 159, annoverava plurimi precedenti per il delitto di evasione).
Ancora, come segnalato dall’Avvocato generale nella requisitoria scritta, deve riprendersi il contenuto della motivazione di Sez. U, ricorrente COGNOME Rv. 283064 secondo la quale il giudice, nel vagliare le condizioni ostative all’applicazione della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bi cod. pen., deve procedere a una valutazione complessiva della fattispecie che tenga conto della natura e della gravità degli illeciti, della tipologia dei be giuridici protetti, dell’entità delle disposizioni di legge violate, delle finalità condotta, del contesto in cui si collocano i fatti.
A questo canone interpretativo si attiene la sentenza di merito che valorizza la circostanza che l’imputata si è portata in diverso Comune da quello di soggiorno obbligato, per commettere furti.
Si tratta di circostanza che non consente di valutare la singola gravità della condotta di cui all’art. 75 cit., ma impone di porre tale condotta in correlazione con le motivazioni e le conseguenze da questa condotta derivate.
Invero, valorizzare, come ha fatto la Corte di appello, con ragionamento immune da illogicità manifesta, la circostanza che l’imputata si sia spostata dal Comune di residenza di Catanzaro a quello di Lamezia Terme per effettuare furti, è circostanza concreta che esclude un indice di offensività della condotta esiguo, onde a divenire all’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cit.
In ogni caso, anche sotto tale profilo, la critica della difesa non è specifica ma si presenta non a fuoco rispetto al contenuto della motivazione svolta dal giudice di merito.
1.3. Il terzo motivo è infondato.
Le convergenti sentenze di merito (nel senso che i convergenti provvedimenti di merito, nel caso di cosiddetta doppia conforme affermazione di responsabilità, si integrano per confluire in un unico percorso giustificativo, Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, COGNOME, Rv. 259929; Sez. 2, n. 30838 del 19/03/2013, COGNOME, 257056; Sez. 5, n. 3751 del 15/02/2000, Re Carlo, Rv. 215722), consentono di rilevare che, a carico dell’imputata, vi sono numerosi precedenti penali, indicati come sintomatici di maggiore pericolosità sociale, trattandosi di precedenti specifici.
Sicché, lungi dall’avere applicato la recidiva come incremento di pena automatico, in ragione dei diversi precedenti penali, i giudici di merito hanno verificato l’incidenza di tali precedenti sulla condotta sub iudice (cfr. p. 4 della sentenza di primo grado ove si evidenzia che il certificato penale restituisce l’immagine di una personalità incline alla delinquenza, con implicazioni in punto di valutazione della personalità e dell’intensità della colpevolezza; per il primo
giudice, i fatti accertati e il complesso dei precedenti penali, inducono a ritenere il contegno della Voci connotato da profili di offensività e riprovevolezza, espressione di spiccata pericolosità sociale e significativa inclinazione a delinquere).
Si tratta di motivazione assolutamente conforme all’indirizzo delle Sezioni Unite di questa Corte, ricorrente COGNOME in tema di onere motivazionale da parte del giudice di merito, in tema di recidiva.
Deriva da quanto sin qui esposto, il rigetto del ricorso e la condanna alle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
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Il President