Sorveglianza Speciale: Ricorso Inammissibile per Motivazioni Generiche
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i limiti del sindacato di legittimità e le conseguenze di un ricorso basato su censure generiche, specialmente in materia di violazione della sorveglianza speciale. Questa pronuncia offre spunti importanti sulla corretta formulazione dei motivi di ricorso e sulla non possibilità di ottenere una nuova valutazione dei fatti in sede di Cassazione.
I Fatti del Caso: La Violazione degli Obblighi
Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, che includeva l’obbligo di non rincasare dopo le ore 20:00 e di non uscire dalla propria abitazione prima delle ore 07:00. Durante un controllo effettuato alle ore 03:10, le forze dell’ordine non lo hanno trovato presso il suo domicilio.
Per questa violazione, l’uomo era stato condannato sia in primo grado dal Tribunale sia in appello dalla Corte territoriale. Egli ha quindi proposto ricorso per Cassazione, sostenendo di non aver mai lasciato lo stabile, ma di essersi semplicemente recato nell’abitazione della madre, situata nelle immediate vicinanze. A suo dire, questa circostanza avrebbe dovuto escludere la sua responsabilità penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo gli Ermellini, le argomentazioni del ricorrente non erano idonee a scalfire la logicità e coerenza della motivazione della sentenza impugnata. Il ricorso, infatti, si limitava a proporre una diversa interpretazione dei fatti, senza evidenziare un reale vizio di legge o di motivazione.
Le Motivazioni della Sentenza sulla Sorveglianza Speciale
La Corte ha sottolineato che le censure del ricorrente erano “assolutamente generiche”. Invece di confrontarsi specificamente con il ragionamento della Corte d’Appello, l’imputato ha tentato di ottenere una nuova e diversa valutazione del merito della vicenda. Questo, però, è un compito precluso alla Corte di Cassazione, che ha il ruolo di giudice di legittimità e non di terzo grado di merito.
Il nucleo della decisione risiede nel principio secondo cui non è sufficiente presentare una ricostruzione alternativa dei fatti per ottenere l’annullamento di una sentenza. È necessario, invece, dimostrare che la motivazione del giudice di merito sia stata manifestamente illogica, contraddittoria o carente su punti decisivi, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. La Corte territoriale aveva coerentemente esaminato gli elementi a disposizione e confermato la sussistenza del reato e la responsabilità penale dell’imputato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato non solo la definitività della condanna, ma anche un’ulteriore conseguenza economica per il ricorrente. In applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, la Corte lo ha condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione viene inflitta quando si ravvisa un profilo di colpa nella presentazione di un ricorso palesemente infondato, come deterrente contro l’abuso dello strumento processuale. La sentenza ribadisce quindi un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su vizi specifici della sentenza impugnata e non può essere utilizzato come un tentativo di ottenere un riesame completo del processo.
Cosa succede se si viola l’obbligo di permanenza notturna previsto dalla sorveglianza speciale?
Si commette il reato previsto dall’art. 75, comma 1, del D.Lgs. 159/2011, andando incontro a una condanna penale per la violazione degli obblighi inerenti alla misura di prevenzione.
È una giustificazione valida affermare di essersi recati in un altro appartamento nello stesso stabile durante l’orario di permanenza obbligatoria?
No. Secondo la decisione analizzata, questa giustificazione è stata ritenuta generica e inidonea a contrastare la condanna, in quanto l’obbligo impone di rimanere presso la propria abitazione, non semplicemente all’interno dell’edificio.
Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione giudicato inammissibile perché manifestamente infondato?
Oltre alla conferma della sentenza impugnata, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende (nel caso specifico, 3.000 euro) a causa della colpa nella presentazione del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32698 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32698 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTELVETRANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/03/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che il ricorso è manifestamente infondato;
Premesso che NOME COGNOME lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riguardo alla sentenza della Corte di appello di Palermo che ha confermato, nei suoi confronti, il giudizio di penale responsabilità pronunciato dal Tribunale di Marsala con sentenza dell’8 luglio 2024 in ordine al reato di cui all’art. 75, comma 1, d.lgs. 159/201 (per avere violato gli obblighi inerenti alla misura di prevenzione della sorveglianz speciale con obbligo di non rincasare dopo le ore 20:00 e di non uscire dopo le ore 07:00, non essendo stato trovato presso la propria abitazione alle ore 03:10 del giorno 6 febbraio 2022);
Considerato, che le censure del ricorrente, riguardanti il fatto che non sarebbe uscito dallo stabile essendosi recato presso l’abitazione della madre posta nelle vicinanza della sua, risultano assolutamente generiche non confrontandosi con il ragionamento svolto nella sentenza impugnata e che egli, comunque, vorrebbe pervenire ad una diversa (ed inammissibile) valutazione degli elementi di merito coerentemente esaminati dalla Corte territoriale per confermare la sussistenza del reato e la sua penale responsabilità;
Ritenuto che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 1’11 settembre 2025.