Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43437 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43437 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Di NOME COGNOME nato ad Aversa il 13/05/1985
avverso il provvedimento del 16/01/2024 della Corte di appello di Napoli letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento sopra indicato, la Corte di appello di Napoli confermava il decreto del Tribunale di Napoli emesso il 5 luglio 2023, nella parte in cui era stata applicata nei confronti di NOME COGNOME la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di
residenza per la durata di anni due ai sensi dell’art. 1, lett. c), d.lgs n. 159 de 2011.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il COGNOME con atto sottoscritto dal suo difensore, deducendo:
violazione di legge, in relazione all’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., per avere l Corte distrettuale confermato il decreto di applicazione della misura di prevenzione, nonostante emesso in spregio del principio della necessaria correlazione tra il chiesto e il pronunciato nonché in violazione del diritto di difesa. Il Di COGNOME – diversamente dalla proposta del pubblico ministero che aveva ancorato il giudizio di pericolosità alla “frequentazione di pregiudicati” e alla “mancanza di una stabile occupazione lavorativa” ex art. 1 lett. a) del d.lgs n. 159 del 2011 – era stato inquadrato nella categoria dei soggetti socialmente pericolosi di cui alla lett. c) dell’art. 1 cit. d.lgs.: ciò era avvenuto non sulla b di una (consentita) differente qualificazione dei fatti, ma previa valutazione dei carichi pendenti e dei provvedimenti assunti in campo amministrativo, elementi nuovi e diversi da quelli indicati dalla pubblica accusa.
-violazione di legge, in relazione all’art. 1, lett. c), d.lgs. cit. e omessa motivazion per avere i Giudici di appello fondato il giudizio di pericolosità sulla base di due irrilevanti episodi risalenti nel tempo (i.e. due reati di lesione personale e due episodi di oltraggio, commessi tra aprile e maggio del 2021);
-violazione di legge, in relazione all’art. 10, comma 3, d.lgs. cit., per avere i Giudici del gravame confermato l’imposizione dell’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, senza enunciare le ragioni concrete della idoneità di una misura meno afflittiva alla salvaguardia della sicurezza pubblica.
Il procedimento è stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da successive modifiche legislative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato per le ragioni di seguito indicate.
L’eccezione di nullità del decreto impositivo della misura di prevenzione è stata già scrutinata nel gravato provvedimento (pagg. 1 ss.), laddove se ne rilevava la manifesta infondatezza per avere il Tribunale di Napoli diversamente
“qualificato i fatti” e ciò , in base al consolidato principio di diritto, secondo cu anche in sede di prevenzione – il Giudice può riqualificare la “tipologia” di pericolosità sociale, sì da ritenere un soggetto portatore di pericolosità “generica” a fronte di una proposta impostata su profili di pericolosità “qualificata” (v., ex multis, Sez. 1 n 25701 del 28/06/2006 , Arena, Rv 234847).
La motivazione adottata nel provvedimento gravato è esente da censure: la valutazione dei carichi pendenti, delle condanne riportate e dei provvedimenti amministrativi emessi nei confronti del De COGNOME non è affatto eccentrica rispetto al contenuto della proposta avanzata dal Pubblico ministero e ai fatti ivi allegati. E’, infatti, esplicito e netto – costituendo anzi l’incipit della stessa proposta – il riferimento da parte del Pubblico ministero alla “complessiva valutazione dei fatti delittuosi in cui il proposto risulta coinvolto”.
Pertanto, correttamente, il Tribunale – sulla scorta del ricco e variegato curriculum vitac del Di COGNOME – aveva ricondotto il predetto nella categoria dei soggetti socialmente pericolosi di cui alla lett. c) del cit. art. 1 ed altrettan correttamente i Giudici del gravame hanno escluso patologie invalidanti del provvedimento impositivo della misura di prevenzione.
Il secondo motivo è inammissibile, perché declinato per motivi non consentiti e perché aspecifico.
Il thema devoluto relativo all’an della pericolosità sociale e alla attualità della stessa è stato meticolosamente passato in rassegna dai Giudici di appello: a pagg. 4 e ss. del provvedimento gravato sono stati nel dettaglio esaminati e soppesati tutta una serie di elementi e di comportamenti del ricorrente, sintomatici ed evocativi di una personalità «violenta ed aggressiva per nulla emendata dai percorsi detentivi subiti».
Il provvedimento gravato fornisce informazioni precise e nettamente divergenti rispetto all’assunto difensivo della occasionalità ed episodici dei fatti criminosi ponendo in risalto una biografia criminale tutt’altro che povera o risibile, ma consistente ed articolata: il COGNOME aveva iniziato a delinquere sin da giovanissimo, rendendosi autore dal 2008 in poi, senza soluzione di continuità, di una serie di reati predatori e contro la persona in un incontrollabile crescendo.
L’ultimo episodio, a base violenta, risaliva al 18 giugno del 2022 allorquando il COGNOME aveva lanciato contro una donna una bottiglia di vetro e si era scagliato con violenza contro le persone intervenute a difesa della giovane.
3.1. Al cospetto di un corpo motivazionale che si presenta completo ed esaustivo, conseguenziale e privo di salti logici, non è ravvisabile la violazione di legge, unico vizio deducibile ex art. 10, comma 3, del citato d.lgs., nemmeno nella forma della motivazione mancante e/o apparente, intesa essa come violazione
dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma dell’art. 4 legge n. 1423 del 1956, (cfr., ex multis, Sez. Un. 33451 del 29/05/2014, Rv. 260246; Sez.1, n. 6636 del 07/01/2016, Rv.266365).
3.1. D’altronde le doglianze difensive in parte qua si risolvono o in una lettura alternativa e parziale degli elementi di fatto, posti a fondamento del provvedimento impugnato, senza realmente “dialogare” con l’articolato complesso motivazionale che sottende il decisum dei giudici di merito, o in aspecifiche allegazioni, come quando la difesa pare ha lamentato la mancata acquisizione di un provvedimento giurisdizionale definitivo, senza tuttavia esplicitare in che modo il contenuto di quel documento avrebbe disarticolato la intrinseca logicità e destrutturato l’iter argomentativo del provvedimento impugnato .
In ultimo, anche il terzo motivo – con cui è stata dedotta la carenza motivazionale in ordine alla proporzionalità e adeguatezza dell’obbligo di dimora sollecita una rivalutazione nel merito che non è consentita a questa Corte di legittimità.
La motivazione è esaustiva, logica e convincente, avendo i Giudici evidenziato la assoluta imprescindibilità del “confinamento” del De Martino in un determinato ambito territoriale (pag. 6 del provvedimento). Né la difesa ha introdotto specifici elementi di segno contrario, sottraendosi anzi ad ogni confronto critico con tale apparato motivazionale.
Al rigetto del ricorso segue – ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. – la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 30 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
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