Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13801 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13801 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Lione (Francia) il DATA_NASCITA;
avverso il decreto del 12 settembre 2023 della Corte d’appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è il decreto con il quale la Corte di appello di Napoli ha confermato l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, per la durata di anni due, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, disposta dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere a carico di NOME COGNOME, in quanto ritenuto soggetto dedito alla commissione di reati contro il patrimonio, che vive, almeno in parte, dei proventi delle sue attività delittuose.
Il ricorso, proposto nell’interesse del prevenuto, si articola in due motivi d’impugnazione.
2.1. Il primo deduce la violazione dell’art. 1, lett. b), d. Igs. n. 159 2011, nella parte in cui, da un canto, non sarebbe emersa prova dell’esistenza di profitti generati dall’attività delittuosa (illogicamente dedotti dalla me commissione di reati contro il patrimonio), dall’altro, non si sarebbe tenuto conto delle plurime censure offerte dalla difesa quanto alla ritenuta appartenenza del NOME alla categoria di cui all’art. 1, lett. b), ipotizzata nel provvediment impugnato.
Il secondo motivo censura, invece, la sola applicazione dell’obbligo di soggiorno, sotto il profilo della congruità dell’imposizione rispetto alle finali preventive svolte dalla misura e dell’effettivo adempimento del relativo onere motivazionale, in quanto, deduce la difesa, i reati ascritti al proposto, commessi tramite inserzioni pubblicitarie e contatti telefonici, sarebbero tutti privi di effettivo collegamento con il territorio, per cui sarebbe stato onere della Corte territoriale dare conto di tale dato e della connessa coerenza dell’imposizione dell’obbligo di soggiorno con le finalità proprie dell’istituto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Va premesso che al NOME è stata applicata la misura di prevenzione in quanto ritenuto persona che vive abitualmente con i proventi di attività delittuose (art. 1, comma 1, lett. b, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159).
Le “categorie di delitto” legittimanti l’applicazione di una misura fondata sul giudizio di c.d. pericolosità generica, ai sensi dell’art. 1, comma1, lett. b), del d.l n. 159 del 2011, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019, devono presentare il triplice requisito – da ancorare a precisi elementi di fatto, di cui il giudice di merito deve rendere adeguatamente conto in motivazione: deve trattarsi di delitti commessi abitualmente (ossia in un significativo arco temporale), che abbiano effettivamente generato profitti in capo al proposto e che costituiscano, o abbiano costituito in una determinata epoca, l’unica, o quantomeno una rilevante, fonte di reddito per il medesimo (Sez. 5, n. 182 del 30/11/2020, dep. 2021, Zangrillo, Rv. 280145).
Ebbene, la Corte territoriale, in applicazione di tali principi ha dato conto, sotto il primo profilo, dell’esistenza di una pluralità di procedimenti penali (alcuni gi definiti con sentenza irrevocabile, altri ancora pendenti) per reati contro i patrimonio commessi lungo un periodo temporale che va dal 2018 al 2022 (in particolare, tre condanne irrevocabili per reati di truffa commessi tra il maggio
2018 ed il settembre 2019, nonché ripetute denunce per analoghi reati ancora pendenti presso diversi Uffici giudiziari); sotto il secondo profilo, dell’assenza, durante tale periodo, di redditi leciti
Ebbene, il carattere lucrogenetico dei reati posti in essere dal ricorrente è implicitamente deducibile (in assenza di contrarie deduzioni) dalla oggettiva conformazione dei reati contestati; l’attualità della ritenuta pericolosità desumibile dalla protrazione di tali condotte sino al 2022 (e la Corte ha dato conto anche dell’irrilevanza della recente assunzione del ricorrente, intervenuta solo nell’agosto del 2023); l’assenza di redditi leciti, in tale periodo, conferma non solo la finalità economica dell’attività delittuosa, ma anche la sua fruttuosità.
Da ciò la manifesta infondatezza della prima censura sollevata.
Quanto secondo profilo (afferente alle plurime censure, in ipotesi non valutate dalla Corte territoriale), la doglianza è evidentemente generica, poiché difetta della specifica illustrazione delle circostanze, dedotte con l’appello e non valutate dal giudice di secondo grado, e della esplicita indicazione della relativa decisività.
2. Il secondo motivo è inammissibile.
Deve essere premesso che, ai sensi dell’art. 10 d. Igs. n. 159 del 2011, il ricorso per cassazione avverso provvedimenti applicativi di misure di prevenzione personali è ammesso solo per violazione di legge.
Le censure sollevate, invece, pur formalmente prospettando una violazione di legge, deducono, in realtà, asseriti difetti di motivazione afferenti alla sussistenza dei presupposti per l’imposizione dell’obbligo di soggiorno. Obbligo che la Corte territoriale ha ritenuto di confermare alla luce della ritenuta idoneità a contenere la pericolosità sociale del proposto, favorendo i controlli di polizia. Ebbene, il ricorrente deduce l’insussistenza di un legame territoriale delle condotte poste in essere idoneo a giustificare la funzione propria della misura. Ma tanto inerisce ad un profilo valutativo, che, per come si è detto, è insuscettibile di sindacato in sede di legittimità.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 gennaio 2024.