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Sorveglianza speciale: quando è legittima? Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la legittimità della sorveglianza speciale per un individuo ritenuto socialmente pericoloso in quanto viveva abitualmente dei proventi di reati contro il patrimonio. La sentenza chiarisce che la prova dei profitti può essere dedotta implicitamente dalla natura dei reati e dall’assenza di redditi leciti. L’appello è stato dichiarato in parte infondato e in parte inammissibile, ribadendo che la valutazione sull’adeguatezza dell’obbligo di soggiorno è di competenza dei giudici di merito e non può essere sindacata in sede di legittimità.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza Speciale: Quando i Reati Contro il Patrimonio Giustificano la Misura?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13801 del 2024, è tornata a pronunciarsi sui presupposti per l’applicazione della sorveglianza speciale, una delle più incisive misure di prevenzione previste dal nostro ordinamento. Il caso in esame riguarda un soggetto ritenuto dedito abitualmente a reati contro il patrimonio, il quale viveva, almeno in parte, dei proventi delle sue attività illecite. Questa decisione offre importanti chiarimenti su come debba essere accertata la pericolosità sociale e la provenienza illecita del reddito.

I Fatti del Caso: Vivere di Truffe Online

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva applicato a un individuo la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di due anni. La misura era stata motivata dalla ritenuta pericolosità sociale del soggetto, desunta da una pluralità di procedimenti penali a suo carico per reati contro il patrimonio (in particolare truffe) commessi tra il 2018 e il 2022. Secondo i giudici di merito, l’uomo viveva abitualmente con i proventi di tali attività delittuose, non avendo prodotto redditi leciti in quel periodo.

La Corte d’Appello di Napoli confermava il decreto, spingendo la difesa a presentare ricorso per cassazione.

Il Ricorso in Cassazione: I Motivi dell’Impugnazione

Il ricorrente basava la sua difesa su due motivi principali:

1. Violazione di legge: Si contestava la mancanza di una prova concreta dei profitti derivanti dall’attività delittuosa. Secondo la difesa, la Corte d’Appello aveva illogicamente dedotto l’esistenza di tali profitti dalla semplice commissione dei reati, senza un accertamento specifico.
2. Incongruità dell’obbligo di soggiorno: Si sosteneva che i reati, commessi tramite inserzioni pubblicitarie online e contatti telefonici, fossero privi di un effettivo collegamento con il territorio di residenza. Di conseguenza, l’obbligo di soggiorno sarebbe stato una misura sproporzionata e non coerente con le finalità preventive.

La Decisione della Cassazione sulla Sorveglianza Speciale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso in parte manifestamente infondato e in parte inammissibile, confermando integralmente la misura di prevenzione.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito in modo netto i criteri per l’applicazione della sorveglianza speciale per pericolosità generica. Richiamando la giurisprudenza costituzionale e di legittimità, ha ribadito che la misura si fonda su un triplice requisito:

1. Abitualità dei delitti: I reati devono essere commessi in un arco temporale significativo, dimostrando una tendenza consolidata.
2. Generazione di profitti: I delitti devono aver effettivamente generato un guadagno per il soggetto.
3. Fonte di reddito: Tali profitti devono costituire l’unica, o quantomeno una rilevante, fonte di sostentamento.

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente applicato questi principi. L’abitualità era provata dai numerosi procedimenti penali (incluse tre condanne definitive) in un arco di quattro anni. Il carattere “lucrogenetico” (cioè generatore di profitto) dei reati di truffa era, secondo la Corte, implicitamente deducibile dalla loro stessa natura e dall’oggettiva assenza di redditi leciti nel medesimo periodo. Quest’ultimo elemento, infatti, non solo conferma la finalità economica dell’attività illecita, ma ne dimostra anche la “fruttuosità”. La recente assunzione del ricorrente, avvenuta solo nell’agosto 2023, è stata giudicata irrilevante a fronte di un consolidato stile di vita delinquenziale.

Riguardo al secondo motivo, sull’obbligo di soggiorno, la Corte lo ha dichiarato inammissibile. Il ricorso per cassazione contro le misure di prevenzione personali è consentito solo per “violazione di legge”. La censura del ricorrente, invece, riguardava la presunta inadeguatezza della misura rispetto ai reati commessi, un profilo prettamente valutativo e di merito. La scelta di imporre l’obbligo di soggiorno per contenere la pericolosità sociale, favorendo i controlli di polizia, rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se non per vizi logici macroscopici, qui non ravvisati.

Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio in materia di misure di prevenzione: per l’applicazione della sorveglianza speciale non è richiesta una prova contabile dei profitti illeciti. L’accertamento può basarsi su un quadro indiziario solido, che includa la natura dei reati, la loro ripetizione nel tempo e la contestuale assenza di fonti di reddito legali. Viene inoltre ribadito il perimetro ristretto del giudizio di Cassazione, che non può entrare nel merito delle valutazioni discrezionali dei giudici dei gradi inferiori circa l’adeguatezza delle singole prescrizioni imposte con la misura di prevenzione.

È necessaria la prova diretta dei profitti per applicare la sorveglianza speciale a chi vive di reati?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la redditività dell’attività illecita può essere dedotta implicitamente dalla natura dei reati commessi (come le truffe) e dalla contemporanea assenza di fonti di reddito lecite, che insieme dimostrano la fruttuosità del comportamento criminale.

Una recente assunzione lavorativa può escludere la pericolosità sociale del soggetto?
No, secondo la sentenza, un’assunzione molto recente non è sufficiente a smentire un giudizio di pericolosità sociale basato su un lungo e consolidato periodo di attività delittuose che hanno rappresentato la principale fonte di sostentamento del soggetto.

È possibile contestare in Cassazione l’obbligo di soggiorno sostenendo che i reati commessi non hanno un legame con il territorio?
No, questo tipo di contestazione è stata giudicata inammissibile. La valutazione sull’idoneità e congruità dell’obbligo di soggiorno per contenere la pericolosità sociale è una questione di merito, riservata ai giudici dei primi due gradi di giudizio e non può essere oggetto di ricorso in Cassazione, a meno che non si configuri una palese violazione di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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