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Sorveglianza speciale: quando è legittima? Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro l’applicazione della misura della sorveglianza speciale. La Corte ha ritenuto che la pericolosità sociale del soggetto fosse ancora attuale, nonostante un trasferimento e un’attività lavorativa, basandosi su precedenti penali e la refrattarietà alle regole. La Corte ha inoltre confermato la legittimità della proposta del Sostituto Procuratore e dell’imposizione d’ufficio della cauzione.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza Speciale: Lavoro e Vita Nuova Bastano a Provare la Fine della Pericolosità Sociale?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 147 del 2025, offre importanti chiarimenti sui presupposti per l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Il caso esaminato riguarda un individuo che, nonostante avesse intrapreso un’attività lavorativa e si fosse trasferito in un’altra città, si è visto confermare la misura di prevenzione. Questa decisione sottolinea come il percorso di reinserimento sociale non sia automaticamente sufficiente a cancellare un giudizio di attuale pericolosità sociale radicato in una pregressa carriera criminale.

I Fatti del Caso

Un uomo veniva sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per due anni, oltre al versamento di una cauzione. La misura era stata confermata dalla Corte d’Appello di Napoli. L’interessato decideva di ricorrere in Cassazione, contestando diversi profili della decisione. In particolare, sosteneva che la sua pericolosità sociale non fosse più attuale, in quanto aveva cessato le attività illecite da anni (dal 2020), si era trasferito e aveva trovato un impiego stabile come pizzaiolo. Contestava inoltre un vizio procedurale, relativo alla competenza del Sostituto Procuratore a formulare la richiesta, e l’imposizione di prescrizioni aggiuntive e della cauzione.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente basava la sua difesa su quattro argomenti principali:

1. Carenza di attualità della pericolosità: Sosteneva di aver cambiato vita, dimostrando con il lavoro e il trasferimento la sua volontà di reinserimento. I suoi modesti redditi da lavoro dipendente, a suo dire, non potevano essere interpretati come un indice di possibile ricaduta nel crimine.
2. Incompetenza funzionale: Eccepiva la nullità del decreto poiché la proposta di applicazione della misura proveniva da un Sostituto Procuratore e non dal Procuratore della Repubblica titolare dell’ufficio.
3. Vizio di motivazione sulle prescrizioni: Lamentava una motivazione carente riguardo al diniego di poter rientrare a casa a mezzanotte per esigenze lavorative e all’imposizione di obblighi ulteriori rispetto a quelli standard.
4. Illegittimità della cauzione: Contestava l’imposizione d’ufficio della cauzione e l’omesso esame delle sue deduzioni sulla difficoltà a versarla.

La Sorveglianza Speciale e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure. Gli Ermellini hanno stabilito che i giudici di merito avevano correttamente valutato l’attualità della pericolosità sociale. La Corte ha precisato che il ricorso per cassazione nei procedimenti di prevenzione è limitato alla sola violazione di legge, escludendo la possibilità di riesaminare nel merito la logicità della motivazione, se non nei casi in cui questa sia totalmente assente o meramente apparente.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni del ricorrente.

In primo luogo, ha affermato l’infondatezza del motivo sull’incompetenza, ribadendo il principio secondo cui l’ufficio del pubblico ministero è impersonale; pertanto, ogni sostituto è legittimato a compiere atti, essendo la ripartizione interna dei compiti un fatto privo di rilevanza esterna.

Sul punto cruciale della pericolosità sociale, la Corte ha sottolineato che la valutazione dei giudici di merito era solida e ben argomentata. Essi avevano considerato che, al momento dell’applicazione della misura, il soggetto non si era affatto affrancato da un passato di sistematica attività delittuosa (delitti contro il patrimonio, anche violenti e fraudolenti, commessi fino al 2020) e da una generale refrattarietà alle regole, testimoniata anche da un recente precedente per evasione. Il semplice trasferimento e lo svolgimento di un’attività lavorativa non sono stati ritenuti elementi sufficienti a dimostrare un definitivo superamento di tale pericolosità.

Anche il diniego dell’autorizzazione a lavorare fino a tardi è stato ritenuto legittimo, in quanto giustificato dall’inopportunità per il soggetto di frequentare fino a tarda sera un luogo (la pizzeria) il cui titolare era a sua volta un soggetto con precedenti, con il rischio di incontri pregiudizievoli.

Infine, riguardo alla cauzione, la Cassazione ha chiarito che l’articolo 31 del D.Lgs. 159/2011 la configura come un obbligo per il tribunale, che la impone d’ufficio senza necessità di una richiesta di parte, come efficace remora alla violazione delle prescrizioni.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione: la valutazione della pericolosità sociale è un giudizio complesso che i tribunali di merito compiono sulla base di una pluralità di elementi. Un’apparente normalizzazione dello stile di vita, come trovare un lavoro, non è di per sé decisiva se non si accompagna a una chiara e radicale rottura con il passato criminale. Per la Suprema Corte, la ‘dimestichezza con il crimine’ e la ‘refrattarietà alle regole’ sono indicatori di una pericolosità perdurante che giustificano l’applicazione della sorveglianza speciale, anche a fronte di un reinserimento lavorativo in corso. Questa decisione serve da monito: il percorso verso la legalità deve essere concreto, profondo e non solo di facciata per poter superare il vaglio dei giudici della prevenzione.

Avere un lavoro stabile è sufficiente per revocare la sorveglianza speciale?
No, la Cassazione ha chiarito che lo svolgimento di un’attività lavorativa o il trasferimento in un’altra città non sono, di per sé, sufficienti a superare un giudizio di attuale pericolosità sociale, specialmente se basato su una pregressa e sistematica attività criminale e una refrattarietà al rispetto delle regole.

La proposta di applicazione della sorveglianza speciale deve essere firmata dal Procuratore della Repubblica?
No, il motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha ribadito che l’ufficio della pubblica accusa deve essere considerato impersonale, sicché tutti i suoi componenti sono legittimati a svolgere attività nel procedimento, rendendo la ripartizione interna dei compiti irrilevante all’esterno.

Il giudice può imporre una cauzione senza una richiesta specifica delle parti?
Sì, la Corte ha confermato che l’imposizione della cauzione rientra tra i doveri dell’organo giudicante, come previsto dall’art. 31 del D.Lgs. n. 159 del 2011. Tale norma dispone che il tribunale, con l’applicazione della misura, imponga il versamento di una somma a titolo di cauzione, senza necessità di alcuna sollecitazione di parte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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