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Sorveglianza speciale: quando c’è associazione abituale

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per la violazione della sorveglianza speciale. L’ordinanza conferma che, per integrare il reato di associazione con pregiudicati, i contatti devono essere abituali e non meramente occasionali. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente motivato l’abitualità degli incontri e ha confermato il diniego delle attenuanti generiche in base ai precedenti penali dell’imputato.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza Speciale e Divieto di Associazione: La Cassazione sull’Abitualità dei Contatti

La sorveglianza speciale è una delle misure di prevenzione più incisive del nostro ordinamento, finalizzata a controllare soggetti ritenuti socialmente pericolosi. Tra le prescrizioni imposte, una delle più significative è il divieto di associarsi a persone con precedenti penali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale per determinare quando tale divieto sia effettivamente violato: il concetto di ‘abitualità’. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i confini di questo reato.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, condannato sia in primo grado che in appello per aver violato le prescrizioni imposte. Nello specifico, gli era stato contestato di essersi associato a persone pregiudicate in un arco temporale di circa quattro mesi. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due motivi: primo, che gli incontri fossero stati meramente occasionali e non abituali, facendo quindi mancare l’elemento oggettivo del reato; secondo, che la Corte d’Appello avesse erroneamente negato la concessione delle attenuanti generiche.

La Decisione della Corte di Cassazione e la violazione della sorveglianza speciale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la condanna. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei principi giuridici che regolano la violazione delle misure di prevenzione, in particolare per quanto riguarda la prova dell’abitualità dei contatti e la valutazione delle circostanze attenuanti.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha articolato le sue motivazioni su due punti centrali, corrispondenti ai motivi del ricorso.

Il Concetto di Abitualità nella Violazione della Sorveglianza Speciale

Il cuore della decisione riguarda l’interpretazione del reato previsto dall’art. 75 del D.Lgs. 159/2011. La norma punisce chi, sottoposto a sorveglianza speciale, viola la prescrizione di ‘non associarsi abitualmente’ a persone condannate o sottoposte a misure di prevenzione.

La Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato: per integrare il reato, non è sufficiente un singolo o sporadico incontro. È necessaria una ‘abitualità o serialità di comportamenti’, che si traduce in ‘plurimi e stabili contatti e frequentazioni’. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano adeguatamente motivato la sussistenza di tale abitualità, illustrando il numero degli incontri, la loro frequenza e le circostanze specifiche. Secondo la Corte, le argomentazioni del ricorrente sulla presunta occasionalità dei contatti erano meramente ripetitive e non in grado di scalfire la logicità della motivazione delle sentenze precedenti.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche sul secondo motivo, la Corte ha ritenuto il ricorso infondato. I giudici di merito avevano negato le attenuanti generiche valorizzando i precedenti penali dell’imputato e l’assenza di elementi positivi da valutare a suo favore. La Cassazione ha ricordato un principio importante: ai fini della concessione o del diniego delle attenuanti generiche, il giudice può basare la sua decisione anche su un solo elemento tra quelli indicati dall’art. 133 del codice penale (come la personalità del colpevole), se ritenuto prevalente e decisivo. Pertanto, la valutazione negativa basata sui precedenti penali è stata considerata legittima e sufficientemente motivata.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un’interpretazione rigorosa delle prescrizioni legate alla sorveglianza speciale. Emerge chiaramente che, sebbene un incontro isolato non sia penalmente rilevante, una serie di contatti ripetuti nel tempo può integrare il requisito dell’abitualità e portare a una condanna. La decisione sottolinea inoltre l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel valutare la personalità dell’imputato ai fini della concessione delle attenuanti generiche, confermando che un profilo criminale negativo può essere un ostacolo insormontabile per ottenere un trattamento sanzionatorio più mite.

Un singolo incontro con un pregiudicato è sufficiente per violare la sorveglianza speciale?
No, secondo la giurisprudenza costante richiamata dalla Corte, il reato richiede ‘abitualità o serialità’ dei comportamenti, il che implica contatti plurimi e stabili, non un singolo episodio occasionale.

Come dimostra un giudice che i contatti sono ‘abituali’ e non occasionali?
Il giudice valuta un insieme di elementi, tra cui il numero degli incontri, la loro frequenza in un determinato arco temporale e le circostanze specifiche in cui avvengono, per ricostruire un quadro complessivo che dimostri una consuetudine e non una semplice casualità.

Perché al ricorrente non sono state concesse le attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche sono state negate perché i giudici hanno ritenuto prevalenti gli elementi negativi a carico dell’imputato, in particolare i suoi precedenti penali e l’assenza di elementi positivi da valutare. La Corte ha confermato che anche un solo elemento negativo può essere sufficiente a giustificare tale diniego.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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