Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18147 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18147 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 12/08/1993
avverso la sentenza del 23/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
NOME COGNOME,
che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza emessa il 21 giugno 2018 dal Tribunale di Bari in composizione GLYPH monocratica, GLYPH che GLYPH dichiarava COGNOME NOME COGNOME Solitario responsabile del reato di cui all’art. 75, comma 2, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, per avere violato le prescrizioni imposte con la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di Bari e in particolare per essersi associato con il pregiudicato NOME COGNOME e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata e ritenuta recidiva infraquinquennale, lo condannava alla pena di mesi 8 di reclusione.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, Solitario, deducendo vizio di motivazione e violazione degli artt. 75 d. Igs. 6 settembre 2011, n.159, 417, lett. b) e 521 cod. proc. pen., nonché dell’art. 6, comma 3, lett. a) Cedu.
Il ricorrente lamenta di essere stato condannato, nonostante l’insussistenza del reato contestato, considerata l’unicità della violazione della prescrizione di non frequentare pregiudicati oggetto di contestazione e in particolare quella del 20 febbraio 2018 e, quindi, l’insussistenza dell’abitualità di frequentazione che integra il reato in oggetto.
Rileva, invero, che gli episodi di incontro con Cirulli del 21 e del 28 dicembre 2017 non sono oggetto di concreta contestazione; inoltre, che non si conosce alcun dato di merito utile per ritenere l’abitualità di cui sopra; infine, che la Corte territoriale, confermando la condanna per ritenere contestati anche gli episodi in ultimo menzionati, finisce per reiterare la dedotta violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
Conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del d. I. n. 137 del 2020, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME insiste, con requisitoria scritta, per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato, reiterativo e aspecifico.
Invero, la Corte di appello di Bari ha già affrontato la questione riproposta in questa sede.
In particolare, a fronte del rilievo difensivo secondo cui l’imputazione, nell’indicare un’unica data di commissione del reato, debba intendersi riferita Soltanto all’ultimo incontro del 20 febbraio 2018 e, pertanto, contesti a Solitario una condotta in sé insufficiente ad integrare il reato, lo ritiene infondato.
A tale riguardo osserva che nell’imputazione sono espressamente indicate le date dei tre incontri tra COGNOME e il pregiudicato COGNOME così consentendo all’imputato l’adeguato esercizio del suo diritto di difesa rispetto ad ognuno di essi (laddove si dice “già denunciato in data 21.12.2017 e 28.12.2017 per le violazioni di cui al punto 5 del prefato decreto”), e che l’indicazione della data dell’ultimo incontro come data di commissione del reato trova agevole spiegazione nel fatto che proprio e solo in tale occasione la condotta dell’imputato è progredita al punto da integrare i requisiti di abitualità richiesti dalla giurisprudenza, per cui non è revocabile in dubbio che la contestazione coinvolga anche i precedenti due episodi di incontro.
Tali essendo le argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici della sentenza impugnata (e in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il reato di cui all’art. 75 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che punisce la violazione della prescrizione che impone alla persona sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale “di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza”, prevista dall’art. 8, comma 4, del medesimo d.lgs., implica un’abitualità o serialità di comportamenti, essendo, conseguentemente, configurabile soltanto nel caso di plurimi e stabili contatti e frequentazioni con pregiudicati: si veda per tutte Sez. 1, n. 14149 del 20/02/2020, COGNOME, Rv. 278942), sia sulla completezza dell’imputazione, sia sul mancato pregiudizio del diritto di difesa cui è funzionale il principio della correlazione tra imputazione e sentenza, è evidente che le censure difensive, che tornano su doglianze2
già svolte e ampiamente e logicamente valutate dai Giudici di merito, incorrono nell’aspecificità oltre che nella manifesta infondatezza.
2. All’inammissibilità consegue la condanna di NOME al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a favore della Cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in
favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025.