Sorveglianza speciale: il possesso del telefono è sempre reato se vietato
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione. Chi è sottoposto a sorveglianza speciale con il divieto di possedere telefoni cellulari commette reato se viola tale prescrizione, a prescindere dal fatto che l’uso del dispositivo abbia concretamente pregiudicato le esigenze di controllo. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, sottolineando come le regole imposte non siano semplici formalità, ma parte integrante del precetto penale.
Il Caso in Esame
Un soggetto, già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, veniva condannato per aver violato una delle prescrizioni impostegli. Nello specifico, il decreto di prevenzione gli vietava espressamente di possedere telefoni cellulari, ma durante un controllo veniva trovato in possesso di due apparecchi. La condanna, emessa in primo grado e confermata in appello, veniva impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione.
La Tesi Difensiva: Inidoneità della Condotta
La difesa del ricorrente si basava su un unico motivo: l’inidoneità del semplice possesso del telefono a ledere gli interessi tutelati dalla misura di prevenzione. Secondo l’imputato, la condotta non era sufficiente a pregiudicare le esigenze di tutela sociale né a eludere i controlli delle forze dell’ordine, rendendo la sanzione penale sproporzionata. In sostanza, si sosteneva che non bastasse il possesso, ma fosse necessario dimostrare un uso del telefono finalizzato a scopi illeciti.
L’Applicazione della Sorveglianza Speciale e le Prescrizioni
La sorveglianza speciale è una misura di prevenzione personale prevista dal cosiddetto Codice Antimafia (D.Lgs. n. 159/2011). Essa viene applicata a individui considerati socialmente pericolosi e comporta una serie di limiti alla libertà personale. Accanto alle prescrizioni standard, il giudice può imporre delle regole “accessorie” modellate sul profilo di pericolosità del soggetto, come appunto il divieto di utilizzare apparati di comunicazione.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. I giudici hanno chiarito che le prescrizioni accessorie, come il divieto di possedere un cellulare, non sono mere indicazioni di comportamento, ma hanno un’efficacia integrativa del precetto penale. Esse servono ad adattare la misura di prevenzione al caso concreto, rafforzando le esigenze di difesa sociale.
La violazione di tali prescrizioni, pertanto, integra di per sé il reato previsto dall’art. 75 del D.Lgs. n. 159/2011. La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, secondo cui non è necessario provare che la violazione abbia creato un pericolo concreto. Il reato si configura con la semplice disobbedienza alla prescrizione, poiché quest’ultima è stata imposta proprio per prevenire a monte la possibilità di contatti e attività illecite.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
L’ordinanza conferma un approccio di massima severità nell’interpretazione delle misure di prevenzione. Le persone sottoposte a sorveglianza speciale devono attenersi scrupolosamente a tutte le prescrizioni imposte, anche quelle che potrebbero apparire meno rilevanti. La decisione chiarisce che la violazione è un reato di pericolo astratto: la legge punisce la disobbedienza in sé, senza che il giudice debba verificare se da essa sia derivato un danno o un pericolo effettivo per la sicurezza pubblica. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza del suo ricorso.
È reato possedere un telefono cellulare se si è sottoposti a sorveglianza speciale con una prescrizione che lo vieta?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che la violazione di una specifica prescrizione, come il divieto di possedere un telefono, integra pienamente il reato previsto dall’art. 75 del D.Lgs. 159/2011.
Perché la violazione di una prescrizione accessoria è considerata reato?
Perché, secondo la giurisprudenza costante, le prescrizioni accessorie hanno un’efficacia integrativa del precetto penale. Esse adattano la misura di prevenzione al caso specifico e la loro violazione è sufficiente a configurare il reato, senza necessità di dimostrare un pericolo concreto.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza?
Quando un ricorso è manifestamente infondato, la Corte lo dichiara inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6657 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6657 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a BARI il 04/04/1988
avverso la sentenza del 31/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
letto il ricorso; rilevato che:
il ricorrente è stato tratto a giudizio e condannato perché, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale senza obbligo di soggiorno in virtù di decreto del 18 luglio 2017, violava la prescrizione di cui al n. 6 del decreto in quanto veniva sorpreso in possesso di due telefoni cellulari il 2 gennaio 2018;
con l’unico motivo di ricorso il ricorrente sostiene l’inidoneità del possesso del telefono cellulare a pregiudicare le esigenze di tutela sociale e ad eludere i controlli ai quali è preordinata l’applicazione della misura di prevenzione;
ritenuto che:
l’assunto difensivo è manifestamente infondato tenuto conto del condiviso orientamento della giurisprudenza di questa Corte secondo cui «in tema di sorveglianza speciale, le prescrizioni accessorie di cui all’art. 8 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, valevoli ad adattare al caso concreto le esigenze di difesa sociale proprie delle misure di prevenzione, hanno efficacia integrativa del precetto relativo ai reati di cui all’art. 75, commi 1 e 2, del decreto citato, sicché anche la loro violazione integra tali reati» (Sez. 1, n. 12889 del 26/02/2018, COGNOME, Rv. 272612; Sez. 1, n. 32575 del 21/04/2023, Rv. 285051 – entrambe in materia di possesso di telefono cellulare);
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/1/2025