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Sorveglianza speciale: possesso telefono è reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per aver violato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Il soggetto era stato trovato in possesso di due telefoni cellulari, contravvenendo a una specifica prescrizione. La Corte ha ribadito che la violazione delle prescrizioni accessorie, come il divieto di possedere un telefono, integra pienamente il reato previsto dalla legge, confermando la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza speciale: il possesso del telefono è sempre reato se vietato

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione. Chi è sottoposto a sorveglianza speciale con il divieto di possedere telefoni cellulari commette reato se viola tale prescrizione, a prescindere dal fatto che l’uso del dispositivo abbia concretamente pregiudicato le esigenze di controllo. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, sottolineando come le regole imposte non siano semplici formalità, ma parte integrante del precetto penale.

Il Caso in Esame

Un soggetto, già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, veniva condannato per aver violato una delle prescrizioni impostegli. Nello specifico, il decreto di prevenzione gli vietava espressamente di possedere telefoni cellulari, ma durante un controllo veniva trovato in possesso di due apparecchi. La condanna, emessa in primo grado e confermata in appello, veniva impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Tesi Difensiva: Inidoneità della Condotta

La difesa del ricorrente si basava su un unico motivo: l’inidoneità del semplice possesso del telefono a ledere gli interessi tutelati dalla misura di prevenzione. Secondo l’imputato, la condotta non era sufficiente a pregiudicare le esigenze di tutela sociale né a eludere i controlli delle forze dell’ordine, rendendo la sanzione penale sproporzionata. In sostanza, si sosteneva che non bastasse il possesso, ma fosse necessario dimostrare un uso del telefono finalizzato a scopi illeciti.

L’Applicazione della Sorveglianza Speciale e le Prescrizioni

La sorveglianza speciale è una misura di prevenzione personale prevista dal cosiddetto Codice Antimafia (D.Lgs. n. 159/2011). Essa viene applicata a individui considerati socialmente pericolosi e comporta una serie di limiti alla libertà personale. Accanto alle prescrizioni standard, il giudice può imporre delle regole “accessorie” modellate sul profilo di pericolosità del soggetto, come appunto il divieto di utilizzare apparati di comunicazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. I giudici hanno chiarito che le prescrizioni accessorie, come il divieto di possedere un cellulare, non sono mere indicazioni di comportamento, ma hanno un’efficacia integrativa del precetto penale. Esse servono ad adattare la misura di prevenzione al caso concreto, rafforzando le esigenze di difesa sociale.
La violazione di tali prescrizioni, pertanto, integra di per sé il reato previsto dall’art. 75 del D.Lgs. n. 159/2011. La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, secondo cui non è necessario provare che la violazione abbia creato un pericolo concreto. Il reato si configura con la semplice disobbedienza alla prescrizione, poiché quest’ultima è stata imposta proprio per prevenire a monte la possibilità di contatti e attività illecite.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza conferma un approccio di massima severità nell’interpretazione delle misure di prevenzione. Le persone sottoposte a sorveglianza speciale devono attenersi scrupolosamente a tutte le prescrizioni imposte, anche quelle che potrebbero apparire meno rilevanti. La decisione chiarisce che la violazione è un reato di pericolo astratto: la legge punisce la disobbedienza in sé, senza che il giudice debba verificare se da essa sia derivato un danno o un pericolo effettivo per la sicurezza pubblica. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza del suo ricorso.

È reato possedere un telefono cellulare se si è sottoposti a sorveglianza speciale con una prescrizione che lo vieta?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che la violazione di una specifica prescrizione, come il divieto di possedere un telefono, integra pienamente il reato previsto dall’art. 75 del D.Lgs. 159/2011.

Perché la violazione di una prescrizione accessoria è considerata reato?
Perché, secondo la giurisprudenza costante, le prescrizioni accessorie hanno un’efficacia integrativa del precetto penale. Esse adattano la misura di prevenzione al caso specifico e la loro violazione è sufficiente a configurare il reato, senza necessità di dimostrare un pericolo concreto.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza?
Quando un ricorso è manifestamente infondato, la Corte lo dichiara inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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