Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2350 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2350 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a AVEZZANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/02/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila del 24 febbraio 2023 con la quale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Avezzano del 27 maggio 2022, riconosciute a lui le circostanze attenuanti generiche, è stato condannato alla pena di anni uno di reclusione, in ordine al reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, ai sensi dell’art. 75, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, perché, quale soggetto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Celano per la durata di anni tre, non aveva rispettato la prescrizione di non uscire dalla propria abitazione dalle 19:00 alle ore 6:30, posto che il Comandante della Stazione dei Carabinieri di Celano, AVV_NOTAIO NOME, lo aveva sorpreso fuori dalla propria abitazione alle 2230 del 9 gennaio 2020 e alle 00:25 del giorno successivo.
Il ricorrente articola due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, anche alla luce di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 24 e 25 del 2019, lamenta la mancata rivalutazione dell’attualità e della persistenza del requisito della pericolosità sociale, considerando che il provvedimento genetico della misura di prevenzione del 15 dicembre 2015 era stato integrato il 13 luglio 2017 – ma non rivalutato – anche se la misura di prevenzione era stata ripetutamente sospesa.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 522 cod. proc. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché la Corte di appello avrebbe omesso di considerare che, dopo l’adozione della misura di prevenzione, COGNOME era stato sottoposto a misura cautelare personale, circostanza che avrebbe dovuto indurre il giudicante a ritenere sospesa la misura di prevenzione sino alla rivalutazione dell’attualità della pericolosità sociale dell’interessato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i motivi sono manifestamente infondati, sicché il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Giova evidenziare che l’art. 4 legge 17 ottobre 2017 n. 161 ha introdotto nel corpo dell’art. 14 d.lgs. 159 del 2011 i commi 2-bis e 2-ter; con il comma 2-ter è stato previsto che l’esecuzione della sorveglianza speciale resta sospesa durante il tempo in cui l’interessato è sottoposto a detenzione per espiazione di pena, aggiungendo che la verifica della pericolosità avviene ad opera del Tribunale,
anche d’ufficio, solo dopo la cessazione della detenzione protrattasi per almeno due anni; la norma, pertanto, ha positivizzato il concetto di «consistente lasso di tempo» tra deliberazione della misura e sua applicazione, quantificandolo in due anni.
Il comma 2-bis prevede, anche, che l’esecuzione della sorveglianza speciale resti sospesa durante il tempo in cui l’interessato è sottoposto alla misura della custodia cautelare; è stato stabilito che il termine di durata della misura di prevenzione continua a decorrere dal giorno nel quale è cessata la misura cautelare, con redazione di verbale di sottoposizione agli obblighi. In tale caso, pertanto, non è prevista alcuna rivalutazione della pericolosità da parte del giudice della prevenzione.
A differenza di quanto evidenziato nel ricorso, pertanto, mentre la detenzione per espiazione di pena di chi sia sottoposto a misura di prevenzione personale incrementa la possibilità, favorita dal trattamento rieducativo individualizzato, che intervengano modifiche nell’atteggiamento del soggetto nei confronti di valori della convivenza civile, la sottoposizione a misura cautelare personale, sia essa detentiva o non detentiva, non consente di ritenere superata o attenuata la presunzione di attualità della pericolosità sociale emessa in sede di applicazione, ma si pone, in realtà, come indiretta conferma della valutazione stessa, avuto riguardo alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari riferibili anche alla personalità dell’indagato e al concreto rischio di commissione di gravi reati.
Il giudice di merito, pertanto, ha correttamente applicato al caso di specie il principio di diritto per il quale, in materia di misure di prevenzione personali, la concomitante sottoposizione del proposto a misura cautelare personale, detentiva o non detentiva, incompatibile con la misura di prevenzione, non consente, all’esecuzione di quest’ultima, di ritenere superata o attenuata la presunzione di attualità della pericolosità sociale (Sez. 1, n. 29475 del 01/03/2019, NOME, Rv. 276806).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/10/2023