Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26191 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26191 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOMECOGNOME nato a Bari il 19/8/1978 Spagna NOMECOGNOME nato a Moncalieri il 19/3/1991
avverso il decreto del 09/01/2025 emesso dalla Corte di appello di Torino visti gli atti, il decreto impugnato e i ricorsi; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato decreto, la Corte di appello di Torino confermava il decreto con il quale NOME COGNOME e NOME COGNOME erano sottopostq; alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, rispettivamente per la durata di quattro anni il primo e tre anni il secondo, entrambi con l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza.
Nell’interesse di NOME COGNOME sono stati formulati due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt.1, lett.b) e c) e 6, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, avendo la Corte di appello acriticamente richiamato i precedenti penali, in gran parte di molto risalenti e per i quali il proposto aveva ottenuto l’acceso ad istituti premiali (affidamento in prova), mentre per altri era intervenuta la prescrizione. L’unico condotta, potenzialmente sintomatica di pericolosità, era la ritenuta partecipazione ad associazione dedita al narcotraffico, che si sarebbe esaurita in un brevissimo arco temporale (da agosto a ottobre 2020).
In relazione a tale contestazione, peraltro, la Corte aveva erroneamente ritenuto irrilevante il fatto che NOME fosse stato sottoposto agli arresti domiciliari, espiando anche la pena inflitta in regime di detenzione domiciliare, quando invece tali modalità denotavano un giustizio di attenuata pericolosità, compiuto nell’ambito del procedimento penale in cui i fatti era stati accertati e rispetto ai quali il giudice della prevenzione non avrebbe potuto immotivatamente discostarsi.
2.2.Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’omessa indicazione delle ragioni sottese alla determinazione della durata della misura, prossima al massimo previsto per legge, come pure non sarebbero state specificate le ragioni idonee a giustificare l’applicazione dell’obbligo di soggiorno, né la quantificazione della cauzione.
Nell’interesse di COGNOME Spagna è stato formulato un unico motivo di ricorso, per violazione di legge, con il quale si censura la sussistenza della pericolosità qualificata e generica, ritenuta incompatibile con il breve arco temporale (dal settembre 2020 al giugno 2021) entro il quale il proposto avrebbe concorso nell’attività di traffico di stupefacente organizzata da COGNOME.
La Corte di appello, valorizzando appunti riferibili a COGNOME e aventi ad oggetto il traffico di stupefacenti, avrebbe immotivatamente ritenuto che la collaborazione con il ricorrente fosse riferibile ad un periodo ben più ampio rispetto a quello oggetto di contestazione del procedimento penale. Gli elementi sui quali si fondata tale affermazione, tuttavia, si presterebbero a letture alternative.
L’abitualità della condotta volta a procurarsi il sostentamento mediante la commissione di reati non sarebbe adeguatamente dimostrata, posto che il periodo di tempo valorizzato dalla Corte non sarebbe di per sé apprezzabile e risulterebbe compatibile con un’episodica commissione di reati.
In tale contesto, anche il riferimento alla condotta – qualificata in termini di appropriazione indebita o, in alternativa, quale infedeltà patrimoniale – tenuta da Spagna con riferimento ai fondi prelevati dalle casse della cooperativa RAGIONE_SOCIALE,
sarebbe inidoneo a fondare il requisito della pericolosità generica, sia perché tale condotta non è stata oggetto di accertamento giudiziale, sia perché l’accertamento incidentale compiuto in sede di prevenzione risulterebbe affetto da un salto logico, nella misura in cui non sarebbe stata accertata l’illegittimità della presunta appropriazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da COGNOME è parzialmente fondato.
Occorre premettere che entrambi i ricorsi, pur evocando il vizio di violazione di legge, in concreto prospettdgvizi motivazionali.
Per consolidata giurisprudenza, nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge: ne consegue che è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifest di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n.33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246; sulla compatibilità costituzionale di tale disciplina si veda anche Sez. 2, n. 2566 del 19/12/2014, COGNOME, Rv. 261954, che ha dichiarato manifestamente infondata la relativa questione).
Tale principio, enunciato dalle Sezioni Unite con rifermento alla disciplina previgente rispetto a quella contenuta nel d.lgs. 16 settembre 2011, n.159, è valido anche nei procedimenti nei quali sono operanti le disposizioni introdotte dalla novella, in quanto anche l’art. 10, comma 3, d.lgs. n.169 del 2011 prevede espressamente che il ricorso in cassazione avverso il decreto della corte di appello possa essere presentato solo per violazione di legge (così, da ultimo, Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Mulè, rv.279284; Sez.2, n.20968 del 6/07/2020, COGNOME, Rv. 279435).
Quanto detto comporta che nel giudizio di legittimità non possono essere dedotti meri vizi della motivazione, afferenti alla illogicità e contraddittorietà dell valutazione degli elementi dimostrativi sottoposti ai giudici di merito, potendo essere rilevanti solo quei vizi che concretizzino una motivazione del tutto assente o apparente, intesa quest’ultima come motivazione priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero configurabile qualora le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento (così, tra le tante, Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
Applicando tale principio al ricorso proposto da COGNOME emerge chiaramente come la Corte di appello abbia indicato elementi concretamente idonei a fondare il giudizio di pericolosità che, tuttavia, vengono censurati dal ricorrente in punto di fatto e in relazione alla loro capacità dimostrativa.
Si tratta di una censura che attiene alla motivazione, non potendosi sindacare, in punto di merito, la valautazione degli elementi ritenuti indicativi di pericolosità sociale, costituiti non solo da fatti risalenti, ma anche dalla commissione, in epoca recente, di gravi condotte in ordine alla partecipazione di COGNOME all’associazione finalizzata al traffico di stupefacente capeggiata da COGNOME.
3.1. Il motivo in ordine all’omessa motivazione circa la durata della misura di prevenzione è fondato.
La Corte di appello, a fronte di uno specifico motivo di impugnazione sul punto, si è limitata ad affermare che la durata della misura è congrua rispetto alla pericolosità del ricorrente.
Si tratta, a ben vedere, di una mera formula di stile / del tutto priva di effettivo contenuto motivazionale, tanto più che la durata della misura – fissata in quattro anni – era tale da richiedere una specifica indicazione delle ragioni per cui si è ritenuta congrua una durata apprezzabilmente superiore al minimo previsto per legge dall’art. 8 d. igs. 6 settembre 2011, n. 1.59 .
3.2. Sono infondate, invece, le doglianze relative all’omessa motivazione della necessità di disporre l’obbligo di dimora, nonché della quantificazione della cauzione.
La Corte di appello, sia pur con motivazione sintetica, ha dato conto delle ragioni per cui la misura della sorveglianza speciale dovesse essere accompagnata dall’obbligo di dimora, sottolineando la necessità di evitare che il proposto riallacci contatti utili alla reiterazione delle condotte illecite.
Parimenti, in merito alla cauzione, è stata valutata la capacità patrimoniale del ricorrente e ritenuta proporzionata alla stessa l’entità della cauzione imposta.
Il ricorso proposto nell’interesse di Spagna è manifestamente infondato posto che, per le ragioni esposte in via generale, deve ritenersi che le censure attingano esclusivamente la motivazione del decreto.
A ben vedere, il ricorrente censura il percorso motivazionale sulla cui base la Corte è giunta a valorizzare non solo il periodo oggetto di condanna in relazione al reato associativo, ma anche la più ampia estensione dei rapporti intercorsi con COGNOME, nonché la disponibilità di armi e il concorso nell’illecita detenzione di apprezzabili quantitativi di droga (così pg. 13 dell’ordinanza impugnata).
Non potendosi sindacare la manifesta illogicità o contraddittorietà del
motivazione, non può che prendersi atto di come il decreto risulti sicuramente motivato e, quindi, non sia configurabile la violazione di legge derivante
dall’omessa motivazione.
5. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso proposto nell’interesse di Spagna deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della
Cassa delle ammende.
Il ricorso di COGNOME, invece, deve essere accolto limitatamente alla determinazione della durata della misura di prevenzione, con conseguente
annullamento con rinvio per nuovo giudizio sul punto.
La natura di decreto del provvedimento annullato non impone il rinvio a diversa sezione, a mente del disposto di cui all’art.623, comma 1, lett. a), cod.
proc. pen.; per contro, la natura decisoria dell’atto richiede che il collegio chiamato alla nuova valutazione sia composto diversamente, stante l’incompatibilità dei
componenti che hanno partecipato alla decisione oggetto di impugnazione (Sez. 5, n. 42371 del 27/09/2004, COGNOME Rv. 231015).
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Annulla nei confronti di COGNOME Alessandro il decreto impugnato limitatamente alla durata della misura di prevenzione della sorveglianza speciale e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Torino.
Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME Alessandro.
Così deciso il 16 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente