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Sorveglianza speciale: obbligo di motivazione

La Corte di Cassazione ha esaminato i ricorsi di due soggetti sottoposti a sorveglianza speciale. Per il primo, ha annullato la decisione limitatamente alla durata della misura (quattro anni), ritenendo insufficiente la motivazione della Corte d’Appello, che si era limitata a una formula di stile. La Corte ha ribadito che la durata di una misura così afflittiva deve essere specificamente giustificata. Il ricorso del secondo soggetto è stato invece dichiarato inammissibile perché mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità per le misure di prevenzione.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza Speciale: Quando la Motivazione sulla Durata è Insufficiente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26191/2025, torna a pronunciarsi sui requisiti di legittimità delle misure di prevenzione, delineando con precisione i confini del sindacato in sede di legittimità e l’importanza di una motivazione adeguata. Il caso in esame riguarda l’applicazione della sorveglianza speciale a due individui, ma le conclusioni della Corte hanno una portata generale, in particolare sull’obbligo del giudice di giustificare in modo specifico la durata della misura imposta.

I Fatti del Caso

La Corte di Appello di Torino aveva confermato un decreto che applicava la misura di prevenzione della sorveglianza speciale a due soggetti. Al primo soggetto era stata imposta una durata di quattro anni, mentre al secondo una durata di tre anni, entrambi con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza. La decisione si fondava su una valutazione complessiva della pericolosità sociale dei due, derivante da precedenti penali e dal loro coinvolgimento in un’associazione dedita al narcotraffico.

Entrambi i soggetti hanno proposto ricorso per cassazione. Il primo ha lamentato sia una valutazione acritica dei suoi precedenti, sia l’assenza di una motivazione specifica sulla durata della misura, ritenuta prossima al massimo edittale. Il secondo ha contestato la sussistenza stessa della sua pericolosità, ritenendo che gli elementi a suo carico non dimostrassero un’abitualità nel commettere reati.

La Decisione della Corte e la Motivazione sulla Sorveglianza Speciale

La Suprema Corte ha adottato una decisione differenziata per i due ricorrenti, offrendo importanti chiarimenti sui motivi di ricorso ammissibili in materia di misure di prevenzione.

L’Annullamento parziale per il primo ricorrente

Per quanto riguarda il primo soggetto, la Cassazione ha ritenuto il ricorso parzialmente fondato. Se da un lato ha respinto le censure sulla valutazione della pericolosità sociale, considerandole critiche di merito non ammissibili in sede di legittimità, dall’altro ha accolto il motivo relativo all’omessa motivazione sulla durata della misura.

La Corte ha osservato che la Corte d’Appello si era limitata ad affermare che la durata di quattro anni fosse “congrua” rispetto alla pericolosità del soggetto. Questa, secondo i giudici di legittimità, è una “mera formula di stile”, priva di un effettivo contenuto motivazionale. Una durata così significativa, apprezzabilmente superiore al minimo previsto dalla legge, richiedeva una spiegazione dettagliata delle ragioni che la giustificavano. Per questo motivo, la sentenza è stata annullata su questo punto, con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio che dovrà fornire una motivazione specifica e concreta.

L’inammissibilità del ricorso del secondo soggetto

Il ricorso del secondo soggetto è stato, invece, dichiarato manifestamente infondato. Le sue doglianze, infatti, miravano a contestare il percorso logico-argomentativo seguito dai giudici di merito nella valutazione della sua pericolosità. Come ribadito dalla Corte, nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di legge, non per vizi di motivazione come l’illogicità manifesta, a meno che questa non si traduca in una motivazione del tutto assente o meramente apparente.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della pronuncia risiede nel principio, consolidato dalle Sezioni Unite, secondo cui il sindacato della Cassazione sulle misure di prevenzione è limitato alla “violazione di legge”. Ciò significa che non è possibile contestare la logicità o la coerenza della valutazione degli elementi probatori effettuata dal giudice di merito. L’unico vizio motivazionale che può essere denunciato è quello che si traduce in una motivazione inesistente o “meramente apparente”, ovvero talmente scoordinata e priva di coerenza da non rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice.

Applicando questo principio, la Corte ha stabilito che la valutazione della pericolosità sociale, basata su elementi concreti, è insindacabile. Al contrario, l’omessa giustificazione della durata della sorveglianza speciale non è un semplice vizio logico, ma una vera e propria mancanza di motivazione, che equivale a una violazione dell’obbligo di legge di motivare i provvedimenti giurisdizionali.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale a tutela dei diritti individuali: le misure di prevenzione, che incidono profondamente sulla libertà personale, devono essere supportate da una motivazione non solo presente, ma anche specifica e sostanziale. Non è sufficiente che un giudice affermi genericamente la “congruità” di una misura; è necessario che spieghi perché quella specifica durata è stata ritenuta adeguata al grado di pericolosità del soggetto. Questa decisione serve da monito per i giudici di merito, richiamandoli a un maggiore rigore argomentativo, specialmente quando applicano misure particolarmente afflittive e di lunga durata.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione della pericolosità sociale in una misura di prevenzione?
No, il ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione è ammesso solo per “violazione di legge”. Pertanto, non si possono contestare i vizi della motivazione, come l’illogicità, a meno che la motivazione sia totalmente assente o meramente apparente, il che la rende equiparabile a una violazione di legge.

La Corte d’appello deve motivare specificamente la durata della sorveglianza speciale?
Sì. La sentenza chiarisce che una semplice affermazione di “congruità” costituisce una mera formula di stile ed è insufficiente. La durata della misura, soprattutto quando è significativamente superiore al minimo legale, richiede una specifica indicazione delle ragioni che la giustificano in relazione al concreto livello di pericolosità del soggetto.

Cosa si intende per motivazione “meramente apparente”?
Secondo la giurisprudenza citata nella sentenza, è una motivazione che, pur essendo formalmente presente, è priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, risultando così inidonea a rendere comprensibile il percorso logico seguito dal giudice per giungere alla sua decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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