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Sorveglianza speciale: limiti alla modifica della durata

La Corte di Cassazione ha stabilito che, nel procedimento per valutare la pericolosità sociale di un soggetto dopo la detenzione, il giudice non può ridurre la durata della sorveglianza speciale, ma solo decidere se applicarla o revocarla. Un singolo contatto con un esponente di un clan è stato ritenuto sufficiente a confermare la pericolosità, rendendo il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza Speciale: Quando la Durata non si Può Modificare

La sorveglianza speciale di pubblica sicurezza è uno degli strumenti più incisivi del nostro ordinamento per prevenire la commissione di reati da parte di soggetti ritenuti socialmente pericolosi. Ma cosa accade quando una persona, già sottoposta a questa misura, sconta un periodo di detenzione per altri reati? È possibile, in sede di valutazione sulla persistente pericolosità, chiedere una riduzione della durata della misura? Con la sentenza n. 30689/2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, tracciando un confine netto tra i poteri del giudice in questa specifica fase procedurale.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda una persona, già condannata in via definitiva per partecipazione a un’associazione di stampo mafioso con un ruolo direttivo, alla quale era stata applicata la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di tre anni. A seguito di un periodo di detenzione, si era aperto il procedimento per valutare la sua attuale pericolosità sociale e decidere se dare esecuzione alla misura di prevenzione. La difesa, ritenendo che il tempo trascorso, la buona condotta in carcere (che aveva portato alla liberazione anticipata) e l’età avanzata del suo assistito avessero attenuato la pericolosità, chiedeva una riduzione della durata della sorveglianza.

La Corte d’Appello rigettava la richiesta, confermando l’esecuzione della misura. Secondo i giudici, un incontro avvenuto dopo la scarcerazione con un noto esponente dello stesso clan era un elemento sufficiente a dimostrare la persistenza dei legami criminali e, di conseguenza, della pericolosità sociale. Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Sorveglianza Speciale

Il ricorso si basava su due argomenti principali:

1. Errata valutazione della pericolosità: La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse dato un peso sproporzionato a un singolo e occasionale contatto, ignorando elementi importanti come il percorso di risocializzazione e la rescissione dei legami con l’associazione criminale, già valutati positivamente in sede di sorveglianza per la concessione della liberazione anticipata.
2. Omessa motivazione sulla durata: Si lamentava che i giudici non avessero risposto alla specifica richiesta di ridurre la durata della misura, non tenendo conto dei fattori mitiganti proposti.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo motivazioni precise su entrambi i punti, che delineano importanti principi di diritto in materia di misure di prevenzione.

In primo luogo, riguardo alla valutazione della pericolosità, la Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione in materia di prevenzione è consentito solo per violazione di legge. Non è possibile contestare l’illogicità della motivazione del giudice di merito, a meno che essa non sia totalmente assente o meramente apparente. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente considerato l’incontro con l’esponente del clan come una “sopravvenienza” idonea a rimettere in discussione le precedenti valutazioni positive e a confermare la presunzione di persistente appartenenza al sodalizio.

Il punto centrale e più innovativo della sentenza riguarda, però, la richiesta di modifica della durata. La Cassazione ha chiarito che il procedimento previsto dall’art. 14, comma 2-ter, del D.Lgs. 159/2011 (il cosiddetto Codice Antimafia) ha un ambito di applicazione molto limitato. Questa procedura serve esclusivamente a verificare l’attuale pericolosità del soggetto dopo un periodo di detenzione di almeno due anni. All’esito di questa verifica, il tribunale ha solo due possibilità: dare esecuzione alla misura di prevenzione così come era stata originariamente disposta, oppure revocarla. Non ha il potere di modificarla parzialmente, ad esempio riducendone la durata. Tale modifica, specifica la Corte, può essere richiesta solo durante la fase esecutiva della misura, attraverso il diverso procedimento previsto dall’art. 11, comma 2, dello stesso decreto.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio procedurale di grande importanza pratica. Chi è sottoposto a sorveglianza speciale e si trova a dover affrontare la valutazione sulla sua attuale pericolosità dopo un periodo di detenzione, non può utilizzare quella sede per negoziare una riduzione della durata della misura. Il giudizio è binario: o la misura viene interamente revocata perché la pericolosità è venuta meno, oppure viene eseguita per intero. Qualsiasi richiesta di modifica dovrà essere presentata in un momento successivo, una volta che l’esecuzione della misura è iniziata. Questa decisione rafforza la specificità dei percorsi procedurali in materia di prevenzione, impedendo che diverse istanze vengano sovrapposte in sedi non appropriate e garantendo una chiara distinzione tra la fase di accertamento della pericolosità e quella di esecuzione della misura.

È possibile chiedere la riduzione della durata della sorveglianza speciale nel procedimento che ne valuta l’applicazione dopo un periodo di detenzione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, quel procedimento è limitato alla scelta tra dare esecuzione alla misura per come è stata originariamente disposta oppure revocarla. Non consente modifiche parziali come la riduzione della durata.

Un singolo contatto con un pregiudicato è sufficiente a dimostrare la persistenza della pericolosità sociale?
Sì. La sentenza chiarisce che un incontro con un noto esponente del proprio clan, avvenuto dopo la scarcerazione, può essere considerato un elemento sopravvenuto sufficiente a confermare la pericolosità e a superare precedenti valutazioni positive (come quelle per la liberazione anticipata).

Qual è la via corretta per chiedere una modifica della durata della sorveglianza speciale?
La modifica della durata o delle prescrizioni della misura può essere richiesta solo durante la sua fase esecutiva, attraverso il procedimento specifico previsto dall’art. 11, comma 2, del D.Lgs. 159/2011.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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