Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27384 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27384 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Vibo Valentia il DATA_NASCITA avverso il decreto della Corte di Appello di Catanzaro del 10/1/2024 ; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con decreto in data 10/1/2024, la Corte di appello di Catanzaro giudicando in sede di rinvio a seguito di sentenza di annullamento emessa dalla Corte di cassazione in data 3/4/2023, confermava il decreto applicativo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale adottato dal Tribunale di Catanzaro in data 14//72022, nei confronti di COGNOME NOME.
1.1. Avverso tale provvedimento propone ricorso per cassazione COGNOME per violazione di legge proponendo un unico articolato motivo.
La Corte di appello sarebbe incorsa nelle medesime carenze motivazionali censurate dal giudice di legittimità per ciò che concerne l’indicazione di specifici elementi dai quali trarre il convincimento che COGNOME abbia sostenuto il proprio tenore di vita grazie a proventi delittuosi. La Corte di appello non avrebbe spiegato le ragioni per le quali il reddito prodotto dal ricorrente quantomeno negli dal 2019 in poi, sarebbe incompatibile con le spese sostenute.
Quanto poi al requisito della abitualità a delinquere, la Corte di appello si sarebbe limitata a richiamare le denunce sporte contro il ricorrente ed un risalente precedente.
In via ancor più AVV_NOTAIO il ricorrente lamenta l’omessa valutazione del requisito dell’attualità della pericolosità tenuto conto del tempo trascorso dalla richiesta della misura di prevenzione ad oggi. In data 29/4/2024 il difensore AVV_NOTAIO, ha fatto pervenire in cancelleria produzione documentale (provvedimento del Tribunale di Vibo Valentia in data 29/10/2015) ritenuto parte integrante del ricorso, rappresentando che copia dello stesso era stata rilasciata solo il 29/4/2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile per essere il motivo proposto manifestamente infondato.
Preliminarmente va evidenziato che, in tema procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575; ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n.1423 del 56, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente.
1.1. Con riferimento, poi, alla produzione documentale inviata dalla difesa via pec il 29/4/2024, la stessa è tardiva. Deve infatti ribadirsi che “nel procedimento trattato, in sede di legittimità, con il cd. “rito Covid”, i documenti nuovi o, comunque, non presenti in atti che la difesa intende
produrre per chiederne la formale acquisizione in funzione dell’utilizzazione a fini decisori devono essere trasmessi alla cancelleria della Corte di cassazione, a mezzo posta elettronica certificata, improrogabilmente “entro il quinto giorno antecedente l’udienza”, in quanto tale termine, previsto, per il deposito delle conclusioni, ex art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, “in parte qua” senza modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (e più favorevole di quello di “quindici giorni prima dell’udienza” previsto, per il deposito di motivi nuovi e memorie, dall’art. 611 cod. proc. pen., nel testo vigente prima dell’entrata in vigore della novella di cui al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) ha natura AVV_NOTAIO, in assenza di una specifica disciplina riguardante le produzioni documentali. (Fattispecie relativa alla produzione, da parte del difensore, di documenti di varia natura, non presenti in atti, avvenuta con due separati inoltri a mezzo EMAIL, rispettivamente due giorni prima e un giorno prima dell’udienza di trattazione orale) ( Sez. 2, n. 7140 del 19/01/2024, Rv. 285994).
2. In ordine al primo profilo di censura va rimarcato che il ricorrente è stato inquadrato nella categoria dei soggetti a pericolosità generica di cui all’art. 4 lett. c) D.Igs. 159/2011 in relazione all’art. 1 lett. D.Igs. 159/2011, e cioè “coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose”.
Al riguardo non si rileva la denunciata carenza di motivazione avendo la Corte di appello pertinentemente richiamato a sostegno del proprio convincimento, i molteplici procedimenti pendenti a carico del ricorrente per delitti commessi tra i 2016 ed il 2020 e cioè in un arco temporale significativo ( una serie di truffe reiterate a breve distanza di tempo , produttive di profitto risolvendosi la maggior parte di esse nell’ordine d merce pagata con assegni provento di delitto) che seppure non cristallizzate in condanne definitive, hanno costituito fondamento del giudizio di abitualità rilevante ai fini della pericolosità generica ( Sez. 2, n. 4191 del 11/01/2022, Rv. 282655 ; Sez. 6, n. 53003 del 21/09/2017, Rv. 272268).
A ciò si aggiunga che la Corte di appello, seguendo il dictum della sentenza rescindente, ha svolto un’attenta verifica delle fonti di reddito lecite del COGNOME evidenziando come questi seppure titolare di un’impresa edile, solo nel 2016 avesse prodotto reddito pari a 20.000,00, mentre nel 2017 il reddito era negativo e successivamente si attestava sui duemila euro
annui, importo evidentemente insufficiente a garantire il sostentamento del proprio nucleo familiare, composta da quattro persone, se non ritenendo che egli tragga le fonti di sostentamento da reddito di natura delittuosa.
Quanto infine al giudizio di attualità della pericolosità sociale, il motivo è inammissibile perché esorbita dal perimetro decisorio delineato dalla Corte di legittimità con la sentenza rescindente.
Sul punto vale la pena rimarcare che il precedente richiamato nel ricorso non si attaglia al caso di specie posto che qui il giudizio di appello si è svolto ad una distanza temporale (anni due) dalla consumazione dell’ultimo delitto (del 2020), affatto anomala. Il giudice di appello, sul punto, si è conformato al principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, il requisito della attualità della pericolosità deve essere accertato nel giudizio di impugnazione non in relazione al momento in cui questo ha luogo, ma a quello originario in cui è stata applicata la misura di sicurezza, potendo l’eventuale sopravvenienza di nuovi elementi di valutazione consentire all’interessato unicamente di proporre istanza di revoca o modifica, e non già legittimare un nuovo apprezzamento del giudice dell’impugnazione nei gradi successivi del procedimento (Sez. 6, n. 33706 del 20/06/2017, Rv. 271028).
Per quanto complessivamente esposto deve dichiararsi inammissibilità del ricorso cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/4/2024