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Sorveglianza speciale: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo contro la misura della sorveglianza speciale. Il ricorrente sosteneva che la sua pericolosità sociale fosse stata valutata erroneamente, basandosi su reati minori e passati, e ignorando un percorso di riabilitazione. La Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione avverso le misure di prevenzione è consentito solo per violazione di legge e non per una nuova valutazione dei fatti. Poiché la motivazione della Corte d’Appello era logica e completa, la sorveglianza speciale è stata confermata.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza speciale: i limiti del ricorso in Cassazione secondo la Sentenza 8629/2024

La misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza rappresenta uno strumento delicato, volto a prevenire la commissione di reati da parte di soggetti ritenuti socialmente pericolosi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8629 del 2024, offre importanti chiarimenti sui limiti entro cui è possibile contestare l’applicazione di tale misura davanti alla Suprema Corte, ribadendo la netta distinzione tra violazione di legge e riesame dei fatti.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal decreto con cui la Corte di appello di Milano confermava l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale per la durata di un anno, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, a un individuo. Tale provvedimento era stato inizialmente disposto dal Tribunale di Milano.

L’interessato, attraverso il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, contestando la decisione dei giudici di merito. Secondo la difesa, la valutazione sulla pericolosità sociale si basava su precedenti penali di lieve entità e risalenti nel tempo (ricettazione, furti minori), senza considerare adeguatamente il contesto personale e il percorso di cambiamento intrapreso.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente ha articolato la sua difesa su diversi punti, sostenendo che:

1. Mancanza di attualità della pericolosità: I comportamenti illeciti si erano concentrati in un breve periodo (sei mesi tra il 2021 e il 2022) e coincidevano con un momento di grave difficoltà personale, legato alla gestione del lutto per la morte del padre e a problemi di tossicodipendenza, per i quali aveva iniziato un percorso di riabilitazione.
2. Assenza di abitualità: Non era stato dimostrato che vivesse dei proventi di attività illecite. La sopravvivenza del suo nucleo familiare era garantita dallo stipendio della moglie e dal suo lavoro, seppur non regolarizzato, come muratore.
3. Illogicità del provvedimento: La Corte d’appello, pur riconoscendo l’esistenza di un percorso riabilitativo, aveva aggravato la misura, imponendo l’obbligo di soggiorno, una decisione ritenuta contraddittoria.

In sintesi, la difesa chiedeva alla Cassazione di riconsiderare i fatti e di annullare il provvedimento per vizio di motivazione e violazione di legge.

La Decisione della Cassazione sulla Sorveglianza Speciale

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del sistema delle impugnazioni in materia di misure di prevenzione. L’art. 10 del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia) consente il ricorso in Cassazione avverso i decreti della Corte d’appello soltanto per violazione di legge.

Questo significa che la Cassazione non può entrare nel merito della valutazione compiuta dai giudici dei gradi inferiori, ma può solo verificare se questi abbiano applicato correttamente le norme di legge. Il ricorso è ammesso solo in caso di motivazione mancante o meramente apparente, cioè quando il giudice omette di considerare un elemento decisivo o si limita a formule di stile senza un reale percorso argomentativo.

Le Motivazioni

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha stabilito che la motivazione della Corte di appello non era né inesistente né apparente. I giudici di merito avevano infatti giustificato in modo compiuto e logico la loro decisione, evidenziando che:

* L’individuo aveva commesso numerosi reati fino a un’epoca recente (2022).
* Era risultato refrattario a precedenti ammonimenti del Questore.
* Sussisteva un’impossibilità, per il nucleo familiare, di garantirsi il sostentamento con redditi leciti.
* L’uso di droga non poteva essere considerato una scusante per le condotte criminose.

Poiché il ricorrente, di fatto, chiedeva alla Cassazione una nuova e diversa valutazione degli elementi già esaminati dalla Corte d’appello, il suo ricorso esulava dai limiti consentiti dalla legge. Di conseguenza, è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla pericolosità sociale ai fini dell’applicazione della sorveglianza speciale è una questione di merito, di competenza esclusiva del Tribunale e della Corte d’appello. La Corte di Cassazione interviene solo come giudice di legittimità, per sanare eventuali errori nell’applicazione delle norme o in presenza di motivazioni gravemente carenti. Chi intende ricorrere contro una misura di prevenzione deve quindi concentrare le proprie argomentazioni su specifiche violazioni di legge, e non sulla speranza di ottenere una riconsiderazione dei fatti che hanno portato alla decisione.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione sulla pericolosità sociale per la sorveglianza speciale?
No, non è possibile chiedere alla Cassazione di rivalutare i fatti che hanno portato a ritenere una persona socialmente pericolosa. Il ricorso è ammesso solo per violazione di legge, non per un riesame nel merito della decisione dei giudici dei gradi precedenti.

La tossicodipendenza o un percorso riabilitativo possono escludere l’applicazione della sorveglianza speciale?
Secondo la sentenza, l’uso di droga non costituisce un motivo per attenuare le condotte criminose. Anche se un percorso riabilitativo è in atto, la misura di prevenzione può essere comunque applicata se gli altri elementi di fatto confermano la pericolosità sociale del soggetto.

Cosa significa che la motivazione di un provvedimento è “inesistente o meramente apparente”?
Significa che il giudice ha omesso completamente di affrontare un punto decisivo sollevato dalla difesa, oppure ha usato argomentazioni generiche, illogiche o stereotipate, che non costituiscono una vera giustificazione della decisione. In questo caso, la Cassazione ha ritenuto che la motivazione fosse presente e logica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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