Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8629 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 8629  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
su ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 11/07/2023 della Corte di appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di appello di Milano confermava il decreto con cui il Tribunale di Milano aveva applicato a NOME COGNOME la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la
durata di un anno, con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza o di abituale dimora.
Ha presentato ricorso il proposto, per il tramite del difensore, AVV_NOTAIO, deducendo, con un unico motivo, violazione del d.lgs. 06/09/2011, n. 159 e vizio di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza della condizione di pericolosità, all’attualità del pericolo e al tipo di misura applicata.
Precisato che la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza è stata applicata sulla base dell’art. 1, lett. b) d.lgs. n. 159 del 2011 cit. e premessa la necessità di una lettura tassativizzante della disposizione legislativa, la pericolosità sociale del proposto è stata invece desunta da precedenti per delitti di minima gravità (ricettazione, furti di scarsa entità e utilizzo indebito di carte di credito) nonché risalenti nel tempo.
Essendo COGNOME, a partire dal giugno 2022, ristretto nella libertà personale, i fatti si sono concentrati nel solo 2021, ovvero in un periodo di tempo assai breve, e sono consistiti nell’incapacità di gestire il lutto per la morte del padre, evento a seguito del quale il ricorrente ha avuto problemi di droga da cui si sta però riabilitando.
Né può dirsi che COGNOME viva dei proventi dei delitti. Vero è che negli ultimi anni non ha prodotto reddito soddisfacente; tuttavia, la sopravvivenza della famiglia è garantita anche dallo stipendio della moglie, oltre che dallo svolgimento, da parte del ricorrente, di attività lavorativa in nero (come muratore).
Neppure è stato dimostrato il requisito dell’abitualità, posto che i comportamenti illeciti si sono concentrati nell’arco di sei mesi (a cavallo tra il 2021 e il 2022).
Tantomeno può ritenersi che COGNOME abbia vissuto dal 2008 fino al 2021 con i proventi dell’attività illecita, i reati commessi nell’arco del suddetto semestre attestando, piuttosto, la condizione di assoluta indigenza del proposto e il disagio causato dalla droga.
Il provvedimento è inoltre illogico perché dà atto della tipologia di reati, che consentono una prognosi di maggiore controllabilità, e del percorso riabilitativo presso un servizio multidisciplinare integrato, e però impone l’aggravamento della misura di sorveglianza con l’obbligo di soggiorno nel Comune di dimora abituale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In materia di misure di prevenzione, l’art. 10, comma 3, d.lgs. 159 del 2011 cit. consente il ricorso in Cassazione avverso il decreto della Corte d’appello soltanto per violazione di legge.
Né, nel caso di specie, è possibile invocare il principio di diritto secondo cui la violazione di legge comprende la motivazione inesistente o solo apparente del provvedimento. Tale condizione ricorre, infatti, quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, COGNOME; Rv. 260246; tra le altre, Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Mulè, Rv. 279284), e questo non è il caso di specie.
Il provvedimento impugnato, infatti, nel giustificare l’aggravamento della misura di prevenzione ad opera del primo giudice, argomenta compiutamente e in maniera non illogica, evidenziando, tra l’altro, come il proposto abbia commesso numerosi reati fino al 2022, sia stato refrattario alle ammonizioni del Questore nel 2008 e nel 2021, sia nell’impossibilità reddittuale, insieme alla moglie, di garantire il sostentamento del nucleo familiare. Né può ritenersi, come infine precisato dalla Corte d’appello, infine, che l’uso di droga costituisca titolo per attenuare le condotte criminose.
Conclusivamente, non deducendo il proposto violazione di legge e non essendo la motivazione inesistente o meramente apparente nel senso innanzi precisato, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
 Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento delle somme indicate nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24/01/2024