Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34763 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34763 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Lecce il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Lecce del 04/12/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria rassegnata ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 611, comma 1, cod. proc. pen. dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Lecce, in riforma di quella pronunciata dal Tribunale di Lecce in data 25 maggio 2021 oggetto di gravame da parte del Pubblico ministero, dichiarava NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. 159/2011 (commesso in San Cesario di Lecce il 23 luglio 2015) e, per l’effetto, lo condannava alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione.
1.1. L’imputazione a suo carico, nello specifico, era relativa al delitto di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. 159/2011 perché, quale sottoposto alla misura di prevenzione RAGIONE_SOCIALEa sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di San Cesario di Lecce per la durata di anni tre, così come disposto dal Tribunale di Lecce con decreto n.24/14, emesso in data 7 novembre 2014, e verbale di sottoposizione del 17 gennaio 2015, autorizzato con provvedimento del 10 luglio 2015 a rientrare la sera presso la propria abitazione entro le ore 21:00, violava la suddetta prescrizione, facendosi trovare fuori casa alle ore 21:55, seduto all’esterno del ‘RAGIONE_SOCIALE‘, sito in San Cesario di Lecce, alla INDIRIZZO. In San Cesario di Lecce il 23 luglio 2015. Con la recidiva reiterata i nfraq u inquen na le.
1.2. La Corte territoriale, investita RAGIONE_SOCIALE‘appello proposto dalla pubblica accusa e dopo avere rinnovato l’istruttoria dibattimentale, riteneva dimostrata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘imputato sulla base RAGIONE_SOCIALEa testimonianza del maresciallo RAGIONE_SOCIALE‘Arma dei Carabinieri COGNOME, il quale aveva ribadito di avere visto, mentre si trovava alla guida RAGIONE_SOCIALEa propria autovettura, la sera del 23 luglio 2015 alle ore 21:55 (quindi in orario nel quale all’imputato non era consentito uscire dalla sua abitazione), NOME COGNOME seduto in un bar di San Cesareo di Lecce. Lo stesso testimone aveva precisato di ben conoscere l’imputato per ragioni di ufficio e di essere certo di averlo riconosciuto nella occasione sopra indicata.
Avverso la sopra indicata sentenza NOME AVV_NOTAIO, per mezzo RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, di seguito indicati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. insistendo per il suo annullamento.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 75, comma 2, d.lgs. 159/2011 ed il vizio di motivazione illogica; al riguardo osserva che la Corte distrettuale ha ritenuto dimostrata la colpevolezza nonostante il maresciallo COGNOME, la sera del 23 luglio 2015, non aveva provveduto alla immediata contestazione ed alla identificazione RAGIONE_SOCIALE‘imputato sul posto, di talché – considerato anche l’orario notturno – vi sono dubbi sulla effettiva identificazione del COGNOME, il quale in sede di esame aveva comunque negato l’addebito. Per tali ragioni, quindi, doveva essere pronunciata sentenza di assoluzione, quanto meno ai sensi del secondo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 530 del codice di rito.
2.2. Con il secondo motivo NOME COGNOME deduce, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 62-bis, 99 e 133 cod. pen. e la illogicità RAGIONE_SOCIALEa motivazione rispetto al trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa concreta gravità del fatto in contestazione. L’imputato, in particolare, censura la mancata concessione RAGIONE_SOCIALEe attenuanti generiche in suo favore, quantomeno in misura equivalente rispetto alla contestata recidiva, al fine di determinare la sanzione in modo proporzionato rispetto alla oggettiva offensività del reato.
Il AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta con la quale ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
Il procedimento si è svolto in modalità cartolare non essendo stata avanzata, nei termini di legge, richiesta di trattazione in presenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Quanto al primo motivo si osserva che la sentenza impugnata non è incorsa nei vizi lamentati dal ricorrente poiché, con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, ha ritenuto dimostrata la penale responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘imputato poiché egli era stato riconosciuto dal maresciallo COGNOME (nuovamente esaminato dalla Corte territoriale), il quale lo aveva visto seduto presso un bar di San Cesario di Lecce in un orario nel quale non gli era consentito
di uscire; lo stesso teste aveva riferito di conoscere bene l’odierno ricorrente per ragioni di servizio e di non avere, quindi, dubbi sulla sua identificazione.
2.1. Deve poi ricordarsi che, quanto all’elemento soggettivo, in tema di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, per integrare il delitto di cui all’art. 75, comma secondo, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice RAGIONE_SOCIALEe leggi antimafia e RAGIONE_SOCIALEe misure di prevenzione) è sufficiente il dolo generico, e cioè la consapevolezza degli obblighi di adempiere per effetto RAGIONE_SOCIALEa condizione di sorvegliato speciale e la cosciente volontà di inadempimento di detti obblighi, a nulla rilevando le finalità che abbiano specificamente ispirato la condotta del sorvegliato speciale (Sez. 1, n. 21284 del 19/07/2016, dep. 2017, Rv. 270262 01). A quanto sopra va aggiunto che nel corso RAGIONE_SOCIALE‘esame svolto in primo grado, l’odierno ricorrente si era limitato a sostenere in modo del tutto generico di non avere mai violato le prescrizioni RAGIONE_SOCIALEa misura di prevenzione senza, però, dedurre nulla in modo specifico con riferimento al giorno in cui era avvenuto il fatto oggetto di imputazione.
2.2. Ne consegue che l’imputato, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, non si confronta in modo specifico con il ragionamento svolto dalla Corte territoriale e suggerisce, in modo non consentito in questa sede di legittimità, una lettura alternativa degli elementi processuali rispetto a quella coerentemente svolta dalla Corte di appello per pervenire ad un giudizio di penale responsabilità nei suoi confronti.
Con riferimento al secondo motivo si rileva che le relative censure obliterano il principio, secondo cui, in tema di determinazione RAGIONE_SOCIALEa misura RAGIONE_SOCIALEa pena, il giudice del merito esercita la discrezionalità che al riguardo la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, RAGIONE_SOCIALEa eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, COGNOME, Rv. 239754). Una valutazione siffatta è insindacabile in sede di legittimità, purché sia argomentata e non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142). Nel caso poi venga irrogata, come nella specie, una pena al di sotto RAGIONE_SOCIALEa media edittale, non è necessaria un’argomentazione specifica e dettagliata da parte del giudice e il parametro
valutativo può essere desunto dal testo RAGIONE_SOCIALEa sentenza nel suo complesso motivazionale e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione RAGIONE_SOCIALEa pena stessa (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese, Rv. 267949).
3.1. Con riferimento alle attenuanti generiche, va poi ricordato che il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è parimenti insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini RAGIONE_SOCIALEa concessione o RAGIONE_SOCIALE‘esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899). La sentenza impugnata, richiamando elementi di sicuro rilievo ai fini RAGIONE_SOCIALE‘art. 133 cod. pen., quali la personalità RAGIONE_SOCIALE‘imputato gravato da numerosi precedenti penali, palesemente adempie l’obbligo di motivazione richiesto nel caso specifico.
3.2. Deve poi aggiungersi che il ricorso non indica in modo specifico le ragioni per le quali la Corte territoriale avrebbe dovuto concedere le attenuanti innominate ed escludere la recidiva (i cui presupposti non vengono nemmeno specificamente contestati dall’imputato).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 616 del codice di rito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali. Così deciso in Roma il 3 ottobre 2025.