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Sorveglianza speciale: i limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una misura di sorveglianza speciale. La sentenza ribadisce che il ricorso per cassazione in materia di prevenzione è consentito solo per violazione di legge e non per contestare la valutazione dei fatti del giudice di merito, a meno che la motivazione non sia del tutto assente o meramente apparente. Nel caso specifico, i motivi relativi alla presunta violazione del contraddittorio e alla valutazione della pericolosità sociale sono stati ritenuti infondati, confermando la legittimità del provvedimento impugnato.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza Speciale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato i rigidi paletti entro cui è possibile contestare l’applicazione di una misura di sorveglianza speciale. Questa pronuncia è fondamentale per comprendere che il giudizio di legittimità non rappresenta una terza istanza di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione del diritto. Il caso analizzato riguarda un individuo a cui era stata applicata la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, misura confermata dalla Corte di Appello e successivamente impugnata in Cassazione.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un decreto del Tribunale di Catanzaro, confermato dalla Corte di appello, che applicava a un soggetto una misura di prevenzione personale. Nello specifico, si trattava della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con l’aggiunta dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza per una durata di due anni. La misura era stata motivata sulla base della ritenuta pericolosità sociale del soggetto, desunta da una lunga serie di precedenti penali e dalla mancanza di un’attività lavorativa lecita documentata.

I Motivi del Ricorso: Le Doglianze del Ricorrente

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro principali motivi di contestazione:

1. Violazione del contraddittorio: Si lamentava che la Corte d’appello avesse basato la sua decisione su “recenti ordinanze cautelari” non presenti formalmente negli atti, peggiorando la posizione del ricorrente senza dargli modo di difendersi su tali nuovi elementi.
2. Motivazione apparente sulla condizione economica: La difesa sosteneva che la Corte avesse affermato in modo apodittico che il sostentamento del soggetto derivasse da attività illecite, senza condurre adeguate indagini patrimoniali.
3. Violazione del principio di proporzionalità: Si contestava l’imposizione dell’obbligo di soggiorno, ritenuta sproporzionata rispetto all’esiguo numero di reati commessi fuori dal comune di residenza.
4. Motivazione apparente sull’indigenza: Infine, si criticava la mancata considerazione della condizione di indigenza del ricorrente, che era detenuto.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla sorveglianza speciale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure sollevate. La decisione si fonda su un principio consolidato in materia di misure di prevenzione: il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge. Ciò significa che non è possibile chiedere alla Cassazione di rivalutare i fatti o la logicità della motivazione del giudice di merito, a meno che questa non sia totalmente assente o puramente apparente.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, fornendo importanti chiarimenti.

Sul primo motivo (contraddittorio): La Cassazione ha stabilito che gli elementi considerati dalla Corte d’appello (risultanze del casellario e provvedimenti cautelari) non erano “prove sopravvenute” e ignote, ma atti ben noti alle parti. Pertanto, il loro utilizzo non ha violato il diritto di difesa.

Sul secondo motivo (condizione economica): I giudici hanno ritenuto la motivazione della Corte d’appello né assente né apparente. La valutazione sulla pericolosità sociale era logicamente fondata sulla lunga sequenza di reati a scopo di lucro (dal 1990 al 2023) e sull’assenza di un’attività lavorativa lecita documentata, elementi sufficienti a sostenere la decisione.

Sul terzo motivo (proporzionalità): La critica all’obbligo di soggiorno è stata giudicata inammissibile perché si risolveva in un “mero dissenso valutativo”. In altre parole, la difesa chiedeva alla Cassazione una nuova valutazione dei fatti, compito che non le spetta, a fronte di una motivazione logica e congrua del giudice di merito.

Sul quarto motivo (indigenza): Anche questa censura è stata ritenuta infondata. La Corte d’appello aveva considerato le dichiarazioni del ricorrente, ma le aveva motivatamente ritenute non sufficienti a escludere l’imposizione di una cauzione, fornendo una motivazione effettiva e non apparente.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce con forza un principio cardine del nostro sistema processuale: il sindacato della Corte di Cassazione sui provvedimenti in materia di prevenzione è strettamente limitato alla violazione di legge. Le valutazioni sulla pericolosità sociale, sulla proporzionalità delle misure e sulle condizioni economiche del soggetto rientrano nella discrezionalità del giudice di merito. Tali valutazioni possono essere censurate in sede di legittimità solo se la motivazione è inesistente, palesemente illogica o contraddittoria, al punto da equivalere a una sua totale assenza. In tutti gli altri casi, il dissenso sulle conclusioni del giudice di merito non costituisce un valido motivo di ricorso.

Quali sono i limiti per impugnare in Cassazione una misura di sorveglianza speciale?
Secondo la Corte, il ricorso in Cassazione avverso un provvedimento di prevenzione è ammesso soltanto per violazione di legge. Non è possibile contestare l’analisi dei fatti o la logicità della motivazione, a meno che questa non sia completamente assente o meramente apparente.

Può un giudice d’appello utilizzare atti come precedenti penali o ordinanze cautelari per motivare la pericolosità sociale senza violare il diritto di difesa?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che le risultanze del casellario e i provvedimenti cautelari emessi nei confronti dell’interessato sono elementi già noti alle parti. Il loro utilizzo non costituisce l’introduzione di “prove nuove” e, pertanto, non viola il principio del contraddittorio.

Come viene valutata la fonte di reddito di una persona ai fini dell’applicazione della sorveglianza speciale?
La valutazione si basa su elementi oggettivi. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto logico e sufficientemente motivato desumere che il sostentamento derivasse da attività illecite sulla base di due fattori: una lunga e documentata serie di precedenti penali per reati a scopo di lucro e la contemporanea assenza di qualsiasi attività lavorativa lecita documentata in un ampio arco temporale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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