Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26803 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26803 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Fondi il 20/10/1987
avverso il decreto del 26/11/2024 emessa dalla Corte di appello di Roma visti gli atti, il decreto impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il ricorrente ha impugnato il decreto con il quale la Corte di appello di Roma ne confermava la sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, per la durata di tre anni, con obbligo di sogggiorno nel Comune di residenza. (AL)
Nei confronti del ricorrente venivano ritenute le ipotesi di pericolosit generiche previste dall’art. 1, lett.b) e c), d. Igs. 6 settembre 2011, n.
Nell’interesse del ricorrente è stato formulato un unico, articolato, motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione dell’art. 1, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, sul presupposto che la Corte di appello avrebbe erroneamente desunto la pericolosità del ricorrente sulla base dei carichi pendenti e delle condanne definitive, omettendo una effettiva verifica della pericolosità.
Sottolinea la difesa come i più recenti tra i fatti valorizzati nel decret applicativo della misura risalgono al 2021, epoca in cui il prevenuto è stato sottoposto a misura cautelare in relazione al reato di cui all’art. 74, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309; non risultano, invece, condotte dimostrative della pericolosità sociale in epoca successiva al 2021.
Quanto detto comporta che i giudici di appello, uniformandosi alla valutazione compiuta dal Tribunale, avrebbero omesso di procedere ad una effettiva verifica della pericolosità e della sua attualità, essendosi limitato a dar atto dei carichi pendenti e dei precedenti penali del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Occorre premettere. che, dalla lettura congiunta del decreto di primo e secondo grado, emerge il percorso motivazionale seguito dai giudici di merito che, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa, non si sono limitati a richiamare i precedenti penali e i carichi pendenti del ricorrente, bensì hanno compiuto una valutazione critica di elementi di giudizio, nell’ottica della valutazione propria della prevenzione.
In particolare, è stata stigmatizzata la molteplicità di ruoli ricoperti da ricorrente nell’ambito dell’associazione dedita al narcotraffico, come pure si è valutata la mancanza di redditi leciti e, al contempo, l’abituale commissione di reati produttivi di lucro.
A fronte di tali valutazioni, non si ravvisa alcuna violazioni di legge, dovendosi piuttosto ritenere che il ricorrente abbia proposto doglianze che attengono al contenuto della motivazione.
2.1. Per consolidata giurisprudenza, nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, ne consegue che è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogi manifesta di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso LI caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n.33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246; sulla compatibilità
(AL)
costituzionale di tale disciplina si veda anche Sez. 2, n. 2566 del 19/12/2014,
COGNOME, Rv. 261954, che ha dichiarato manifestamente infondata la relativa questione).
Tale principio, enunciato dalle Sezioni Unite con rifermento alla disciplina previgente rispetto a quella contenuta nel d.lgs. 16 settembre 2011, n.159, è
valido anche nei procedimenti nei quali sono operanti le disposizioni introdotte dalla novella, in quanto anche l’art. 10, comma 3, d.lgs. n.169 del 2011 prevede
espressamente che il ricorso in cassazione avverso il decreto della corte di appello possa essere presentato solo per violazione di legge (così, da ultimo, Sez. 6, n.
21525 del 18/06/2020, COGNOME, rv.279284; Sez.2, n.20968 del 6/07/2020, COGNOME,
Rv. 279435).
Quanto detto comporta che nel giudizio di legittimità non possono essere dedotti meri vizi della motivazione, afferenti alla illogicità e contraddittorietà del
valutazione degli elementi dimostrativi sottoposti ai giudici di merito, potendo essere rilevanti solo quei vizi che concretizzino una motivazione del tutto assente
o apparente, intesa quest’ultima come motivazione priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero configurabile qualora le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento (così, tra le tante, Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
Per le ragioni esposte, il ricorso az= essere dichiarato inammissibile, avendo il ricorrente formalmente dedotto il vizio di violazione di legge ma, in concreto, ha contestato la motivazione del decreto impugnato.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso W/a -giugno 2025