Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3051 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3051 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ANDRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/11/2022 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME che ha concluso chiedendo udito il difensore
procedimento a trattazione scritta.
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della dott.ssa NOME COGNOME, Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 18 maggio 2021, il Tribunale di Trani, in esito a giudizio abbreviato, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata, computata la diminuente per la scelta del rito, condannava NOME COGNOME alla pena di mesi 8 di reclusione, per il reato a lui ascritto di cu all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, per aver violato le prescrizioni impostegli con la misura di prevenzione della sorveglianza speciale cui era sottoposto. In particolare, una pattuglia dei carabinieri aveva sorpreso l’imputato mentre costui, in violazione della prescrizione n. 6 del decreto applicativo della misura di prevenzione, inerente al divieto di detenzione di telefoni cellulari, era intento a parlare per mezzo di un telefono di tal genere che aveva immediatamente nascosto negli indumenti.
Con sentenza del 18 novembre 2022, la Corte di appello di Bari confermava la sentenza di primo grado.
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Avverso la sentenza di appello la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in due motivi.
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., deduce la mancanza di motivazione del provvedimento impugNOME e l’omessa valutazione degli specifici motivi di gravame.
Per la difesa, il giudice di appello non avrebbe dato risposta alla specifica doglianza con la quale si affermava come fosse anacronistico il divieto di uso del telefono cellulare, rispetto alle moderne esigenze di lavoro, personali e familiari, specialmente durante le speciali limitazioni adottate per contrastare la diffusione del Covid-19. Solo le esigenze concrete di difesa sociale, come quelle inerenti alla possibile commissione di un particolare reato, potrebbero giustificare, ad avviso della difesa, l’adozione di una tale misura. Il giudice di appello avrebbe dovuto esplicitamente motivare sulla legittimità dell’adozione della prescrizione imposta al prevenuto, tenendo conto del potenziale rischio di frustrazione della finalità di risocializzazione cui tende la misura di prevenzione, atteso, peraltro, che questa non debba ostacolare lo svolgimento del lavoro che il sorvegliato deve ricercare. Il ricorrente evidenzia, altresì, come il divieto di uso del cellulare contrasti con
principio, sancito all’art. 8 CEDU, di proporzionalità della sanzione, da correlare con il controllo di pericolosità del soggetto.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce carenza di motivazione del provvedimento impugNOME, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., con riguardo al trattamento sanzioNOMErio e alla recidiva.
La difesa contesta l’inadeguatezza della motivazione in punto di applicazione della recidiva, sulla base del generico riferimento alla “pregresse condotte penali riguardanti reati per sentenze recenti”, posto che le condotte illecite accertate si riferiscono a fatti lontani nel tempo (2014 – 2015). Il giudice di appello avrebbe dovuto motivare in modo specifico sulla possibilità di escludere la recidiva e di ridurre la pena inflitta, sulla base della tenuità del fatto, delle modalità del condotta e dell’esiguità del pericolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. La Corte costituzionale ha affermato che la qualificazione della libertà di comunicazione come inviolabile implica che il suo contenuto essenziale non può subire restrizioni, se non in ragione della necessità di soddisfare un interesse pubblico costituzionalmente rilevante, sempreché l’intervento limitativo posto in essere sia strettamente necessario alla tutela di quell’interesse, sia rispettata la duplice garanzia che la disciplina prevista risponda ai requisiti propri della riserva assoluta di legge e la misura limitativa sia disposta con atto motivato dell’autorità giudiziaria. In presenza di misure di prevenzione che comportino restrizioni rispetto a diritti fondamentali assistiti da riserva di giurisdizione, l’interve dell’autorità giudiziaria è sostanziale e non puramente formale. Il suo vaglio risulta infatti associato alla garanzia del contraddittorio, alla possibile contestazione dei presupposti applicativi della misura, della sua eccessività e sproporzione, e, in ultima analisi, consente il pieno dispiegarsi allo stesso diritto di difesa. L legittimità costituzionale delle misure di prevenzione limitative della libert protetta dall’art. 15 Cost. è necessariamente subordinata all’osservanza del principio di legalità e all’esistenza della garanzia giurisdizionale. Si tratta di d requisiti ugualmente essenziali ed intimamente connessi, perché la mancanza dell’uno vanifica l’altro, rendendolo meramente illusorio (Corte cost., n. 2 del 2023).
1.2. Le doglianze difensive sull’affermazione di responsabilità non colgono nel segno, poiché il giudice di appello ha correttamente ritenuto prive di rilievo le deduzioni difensive, superando la doglianza di illegittimità della prescrizione del divieto dell’uso del cellulare, attraverso la lettura degli elementi di causa.
Occorre osservare che la Corte costituzionale, con il recente intervento in tema di misure di prevenzione e, precisamente, sulla prescrizione del divieto di utilizzo del telefono cellulare, ha superato ogni rilievo di criticità sul rapporto tr diritto costituzionalmente garantito, della libertà e segretezza della corrispondenza, e la contrapposta esigenza di tutela dell’ordine pubblico, ritenendo costituzionalmente legittimo l’intervento limitativo in parola, purché vengano osservati il principio di legalità e la riserva di giurisdizione; quindi, il giudice leggi ha ritenuto non sorretto dal secondo requisito, in ordine alla necessaria garanzia giurisdizionale, il provvedimento limitativo dell’uso del cellulare emesso da un’autorità amministrativa, perché imposto in assenza della tutela che solo il contraddittorio dinanzi all’autorità giudiziaria può garantire, attesa la rilevanz costituzionale della libertà violata. Al contrario, la Corte costituzionale h affermato la piena legittimità del divieto, ove prescritto dall’autorità giudiziaria c espressa motivazione.
Nel caso concreto ora in esame, la Corte di appello ha evidenziato come la difesa avesse apoditticamente affermato l’utilità che sarebbe derivata dall’uso del telefono cellulare per la ricerca di un lavoro, senza fornire qualsivoglia elemento che, in concreto, potesse condurre a tale constatazione. Il giudice del gravame ha sottolineato che, sebbene il cellulare sia uno strumento di uso comune, ciò non implica che l’imputato potesse detenerlo in violazione di una prescrizione giurisdizionale. La Corte di appello ha spiegato che neppure poteva invocarsi la buona fede dell’imputato: non poteva escludersi la consapevolezza di COGNOME di violare la prescrizione, atteso che costui, alla vista dei carabinieri, nascose i cellulare negli indumenti. Infine, il giudice di appello ha affermato che in tal situazione il prevenuto avrebbe dovuto chiedere la revoca della prescrizione, dimostrando la necessità di doversi servire del cellulare, piuttosto che violare la prescrizione stabilita dall’autorità giudiziaria.
2. Il secondo motivo di ricorso è fondato.
2.1. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in presenza di un atto di appello non inammissibile per carenza di specificità, il giudice di appello non può limitarsi, per rigettarlo, al mero e tralaticio rinvio alla motivazione della sentenz di primo grado, in quanto, anche laddove l’atto di appello riproponga questioni già di fatto dedotte e decise in primo grado, egli ha l’obbligo di motivare, onde non incorrere nel vizio di motivazione apparente, in modo puntuale e analitico su ogni punto a lui devoluto (Sez. 2, n. 52617 del 13/11/2018, Rv. 274719 – 02).
2.2. Nel caso concreto ora in esame, il giudice del gravame ha omesso una congrua valutazione sull’applicazione della recidiva, nonostante lo specifico motivo di appello presentato dalla difesa, che lamentava un vizio di motivazione in cui
sarebbe incorso il giudice di primo grado. In particolare, la Corte di appello ha motivato con un mero riferimento alle indicazioni nel certificato penale di pregresse condotte di rilevanza penale per le quali sono state emesse sentenze recenti, ma non ha reso specifiche e adeguate valutazioni sul punto.
Per le ragioni esposte, la sentenza impugnata deve essere annullata in riferimento alla sussistenza della recidiva, con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, a diversa sezione della Corte di appello di Bari che, in sede di giudizio rescissorio, libera nella scelta, dovrà argomentare, tenendo conto delle deduzioni sollevate dalla difesa, sull’applicazione della contestata recidiva, nonché sulle consequenziali statuizioni inerenti al trattamento sanzioNOMErio.
Per il resto, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla recidiva, con rinvio per nuovo giudizio su tale punto e sulle statuizioni consequenziali ad altra sezione della Corte di appello di Bari. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, 27 settembre 2023.