Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26988 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26988 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DESTRO PASTIZZARO NOME NOME a PATTI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE APPELLO di MESS:NA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata.
Rilevato che entrambi i motivi dedotti da NOME COGNOME a sostegno dell’impugnazione non superano il vaglio di ammissibilità.
1- Il primo motivo, con cui si contesta l’elemento costitutivo della stabilità e dell’abitualità delle frequentazioni, non è consentito.
1.1. La giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere, in proposito, che «il reato di cui all’art. 75 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che punisce la violazione della prescrizione che impone alla persona sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale “di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza”, prevista dall’art. 8, comma 4, del medesimo d.lgs., implica un’abitualità o serialità di comportamenti, essendo, conseguentemente, configurabile soltanto nel caso di plurimi e stabili contatti e frequentazioni con pregiudicati» (Sez. 1, n. 14149 del 20/02/2020, COGNOME, Rv. 278942 – 01; Sez. 1, n. 53403 del 10/10/2017, COGNOME, Rv. 271902 – 01; Sez. 1, n. 27049 del 09/05/2017, COGNOME, Rv. 270635 – 01), con l’avvertenza che «ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 75, d.l 6 settembre 2011, n. 159, in relazione all’art. 8, comma 4, del medesimo d.lgs., con riferimento alla violazione, da parte del sorvegliato speciale, della prescrizione di non associarsi abitualmente a persone che abbiano subito condanne o siano sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza, è irrilevante il suo rapporto di parentela o affinità con tali persone, potendo egli in ogni tempo, qualora ne abbia necessità per motivi leciti, formulare apposita istanza volta ad ottenere di essere autorizzato ad incontrare i familiari, ancorché versino nelle predette situazioni» (Sez. 1, n. 5396 del 01/12/2020, dep. 2021, Lanza, Rv. 280974 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2. Nel caso in esame, la Corte di appello ha spiegato — in termini che si sottraggono al sindacato di legittimità in quanto non dist:onici rispetto alle indicazioni ermeneutiche sopra riportate – che la reiterazione degli incontri in un periodo di tempo complessivamente ristretto, la loro estensione ad un numero elevato di diversi soggetti gravati da pregiudizi anche di rilevante gravità, l’assenza di plausibili giustificazioni concorrono ad integrare il prescritto requisito abitualità, non apparendo decisivo, in senso contrario, il legame di parentela con uno dei pregiudicati. Il suocero non convivente, incontrati e risultando, piuttosto, confermata la tendenziale familiarità associativa del prevenuto.
Il secondo motivo, relativo alla recidiva, è manifestamente infondato.
La Corte distrettuale, con motivazione sintetica ma esente da vizi logicogiuridici, non si è limitata a indicare i precedenti penali ma, in sintonia con i princi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, ha desunto dalla loro omogeneità, gravità, epoca recente di consumazione, ripetizione a breve distanza una peculiare pericolosità sociale correlata al rapporto tra il fatto per cui si procede e l precedenti condanne ed in quest’ottica ha apprezzato la pregressa condotta criminosa come indicativa di una perdurante inclinazione al delitto di tale considerata tale da influire, in concreto, quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”., (ex multis, Sez. 3, n. 33299 del 16.11.2016, Rv. 270419; Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè, Rv. 247838 – 01);
Rilevato che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 6 giugno 2024.