Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6259 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 6259  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Rosarno il DATA_NASCITA avverso il decreto della Corte di appello di Reggio Calabria del 19 maggio 2023 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; Letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto descritto in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale applicata in primo
grado ai danni di NOME COGNOME, ritenuto socialmente pericoloso ai sensi della lettera b) dell’art. 4 del d.lgs. n. 159 del 2011.
Impugna la difesa del proposto e lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, integralmente assente o comunque solo apparente, con riguardo alla ritenuta attualità della pericolosità ascritta al ricorrente, considerato che l’unico fatto di reato apprezzato a sostegno del relativo giudizio constatativo – l’estorsione aggravata dal metodo mafioso e dalla agevolazione della RAGIONE_SOCIALE– sarebbe risalente nel tempo (segnatamente al 2017), così che occorreva argomentare con puntualità la conseguente valutazione prognostica, nel caso inadeguatamente fondata, in termini, esclusivi sul portato delle condotte di reato cristallizzate dall’accertamento processuale inerente al detto fatto.
Né a tal fine potevano validamente apprezzarsi le frequentazioni con soggetti pregiudicati messe in evidenza dalla Corte del merito, trattandosi di più segnalazioni tuttavia riferibili ad un’unica data (il 3 ottobre 2019).
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso è inammissibile per le ragioni precisate di seguito.
 Come puntualmente messo in evidenza dal decreto gravato, il proposto annovera una condanna in primo grado per estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa. E tanto ne ha consentito la collocazione all’interno della tipologia qualificata di pericolosità tracciata dalla lettera b) dell’art. 4 del codice antimafia, in ragione della specifica riconducibilità del fatto ad uno dei reati considerati dall’art. 53, comma 3 bis, cod. proc. pen.
 Ad una siffatta conclusione i giudici del merito sono pervenuti ancorando il giudizio constatativo -inerente alla ritenuta pericolosità del ricorrente- alle puntuali emergenze (segnatamente alcune intercettazioni) tratte dal processo penale sfociato nella detta condanna legate al detto fatto.
Emergenze tali da cristallizzare – secondo i canoni di verifica probatoria propria del processo penale- contegni illeciti risalenti agli anni dal 2015 al 2017, destinati a dare conto della contiguità di NOME COGNOME rispetto ai maggiorenti della RAGIONE_SOCIALE, sostanziatesi in condotte tutt’altro che occasionali (la percezione, per più anni, nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE di un compenso incassato a titolo di guardiania), afferenti peraltro ad aspetti nevralgici delle relative dinamiche associative (l’escussione di somme destinate al mantenimento dei carcerati appartenenti alla medesima RAGIONE_SOCIALE).
4.Siffatti aspetti in fatto, oltre a supportare con evidenza il relativ accertamento constatativo, risultano vieppiù coerentemente apprezzati dal provvedimento gravato anche nell’ottica prognostica propria del giudizio di attualità del requisito soggettivo utile a fondare la misura in contestazione. All’evidenza, infatti, si mostrano sintomatici di un grado di contiguità alla detta associazione che, seppur non valorizzato in termini di appartenenza (considerato il tipo di pericolosità qualificata ritenuto), segna in termini comunque particolarmente stringenti l’intensità della pericolosità riferibile ad COGNOME, con giudizio ulteriormente supportato anche dalla frequentazione, in epoca più recente, di diversi pregiudicati anche per reati associative, a conferma di una radicata vicinanza ad ambiti di criminalità connotati da estremo allarme sociale.
Ne viene un giudizio di recessività del tema difensivo inerente alla risalenza nel tempo delle condotte illecite valorizzate a sostegno del giudizio constatativo, che non merita censure utilmente apprezzabili in questa sede, anche a prescindere dai contenuti vizi che legittimano il ricorso di legittimità in materia di prevenzione. Rilievo difensivo, questo, che del resto non appare adeguatamente supportato dalla ulteriore deduzione critica legata all’affermato travisamento della emergenza offerta dalle frequentazioni stigmatizzate dai giudici del merito ad ulteriore sostegno dell’attualità della ritenuta pericolosità qualificata: in disparte la stessa possibilità di prospettare una siffatta censura, la stessa risulta comunque addotta in termini di evidente incompletezza, giacché la circostanza addotta, quella della riconducibilità delle frequentazioni indicate ad una unica circostanza temporale, risulta solo affermata.
 Da qui la inammissibilità del ricorso alla quale seguono le pronunce di cui all’alt 616 cod. proc. pen., nella misura determinata dal dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 9/1/2024.